Dal 1951, anno di nascita della rivista, sono stati pubblicati
oltre 500 fascicoli. È possibile consultare tutti gli indici completi
e, a partire dal 1997, acquistare i singoli articoli.
Chi ha, chi non ha. Chi ha moltissimo, chi quasi nulla. La pandemia ha aperto ancora di più la forbice dei divari, ma i provvedimenti messi in campo si sono rivelati in molti casi palliativi. Per combattere le diseguaglianze e dare senso compiuto alla nostra democrazia, urgono invece politiche strutturali.
Non c'è ormai attività della nostra vita quotidiana che non sia legata in qualche modo alla pervasività delle macchine e delle piattaforme. Dal risveglio al momento in cui la giornata si chiude, la nostra vita digitale non conosce soste. Con tanti vantaggi, non pochi rischi e ancora molte incognite.
Tra pesanti incertezze sulla scena politica interna e crisi internazionale, l'Italia si trova a dover affrontare un periodo tra i più delicati della sua storia recente. La fine della legislatura "tecnica" si accompagnerà a un contesto tutt'altro che lineare. Come saprà cavarsela il nostro Paese nella bufera?
Abbiamo ancora bisogno di intellettuali? Proprio mentre la distinzione fra esperti, sapienti e vocianti si fa sempre più sfumata, è necessario cogliere il ruolo che chi ha conoscenze utili al dibattito pubblico per la crescita di una società potrebbe dare. A poco serve rimpiangere gli intellettuali engagé del passato, se noi stessi non crediamo utile il ritorno sulla scena pubblica di una nuova figura di pensatore non autoreferenziale. A una condizione, naturalmente: che l’accademia sappia ripensare il proprio ruolo rimuovendo gli ostacoli alla formazione di una nuova classe di docenti, con uno sguardo meno ristretto ai propri saperi specialistici e più aperto ai problemi del mondo reale.
Ricostruire: dopo una guerra, dopo una carestia, dopo un disastro naturale come un terremoto o un'alluvione. E, naturalmente, dopo una pandemia. Rimettere in moto processi virtuosi per ridare luce a un futuro per le nostre comunità, per una società più equa e un'economia più sostenibile.
Che cosa si sta muovendo nello schieramento politico che solitamente chiamiamo «destra»? Mentre va a chiudersi la lunga e rilevante parentesi berlusconiana, c’è chi tenta di imporsi come nuovo leader, sia all’opposizione sia all’interno della compagine governativa. Nel complesso, emerge ancora una volta la difficoltà che si riscontra in Italia di mettere insieme un’area di conservatorismo simile a quella presente altrove. Nel frattempo, le forze politiche della destra italiana presenti in Parlamento sembrano restare ancora legate a formazioni che faticano a rimanere nei confini di una democrazia.
L’osservazione di Dahrendorf secondo cui i referendum popolari
non sono strumenti adatti a risolvere le crisi di identità delle
nazioni, ha trovato conferma in questi mesi in cui abbiamo visto il
processo della Brexit andare avanti, fino a raggiungere il suo
punto di svolta, aggravando le diverse crisi che ormai minacciano
la sopravvivenza stessa del Regno Unito e della sua monarchia. La
mossa disperata degli antieuropeisti, inseguire una indipendenza
illusoria per guadagnare qualche piccolo beneficio
economico,
Questo primo fascicolo del 2021 si presenta con una nuova veste
grafica, arricchita da un’illustrazione ispirata dall’assalto del
Campidoglio avvenuto all’inizio dell’anno. L’immagine che si
riflette nel vetro in frantumi esprime efficacemente la scoperta di
una vulnerabilità che non riguarda soltanto la democrazia
statunitense. Tale consapevolezza è maturata negli ultimi due
decenni, quando ci è toccato assistere allo sgretolarsi di buona
parte delle certezze economiche e politiche che ci avevano
accompagnato dalla fine della Guerra fredda all’inizio del nuovo
secolo.
Tra i tanti effetti delle nuove
costrizioni cui la pandemia ci ha costretti c'è anche la riscoperta
della possibilità di vivere fuori dai grandi centri urbani senza
per questo dover rinunciare al proprio lavoro.
Il 3 ottobre 1990 la riunificazione
delle due Germanie, divise per quasi trent'anni dal Muro di
Berlino, veniva ufficializzata. Trent'anni dopo si impone una
riflessione sul significato di quella cesura storica e sulle sue
conseguenze, attese e disattese.
“E adesso?”, ci siamo domandati nel
numero monografico del Mulino dedicato al dopo-pandemia. Una
domanda che, nella situazione attuale, resta ancora senza risposte
precise.
E adesso? È questa, inevitabilmente,
la domanda del dopo-pandemia. Ora nei diversi settori le misure di
intervento dovranno essere rimodulate al di là dell’emergenza. Ma
riusciremo a ripensare la scuola e i nostri sistemi educativi
tenendo sempre presenti le forti diseguaglianze che li segnano?
Non è certo un caso se questo numero
è aperto da un ampio saggio di Carlo Trigilia dedicato allo stato
di fragilità e incertezza in cui si trova il sistema politico
italiano. Un saggio importante, che fa séguito ai due precedenti
pubblicati sul numero 2 del 2018 e sul numero 2 del 2019.
Aperto dall'articolo di Claus Offe
sull'eredità dell'Ottantanove, questo fascicolo, che inaugura
la sessantanovesima annata della rivista, si segnala per gli
interventi che commentano le due elezioni regionali di gennaio.
Il dialogo con Ivan Krastev
pubblicato in questo numero ci aiuta a mettere a fuoco aspetti a
lungo trascurati del 1989, così importanti per comprendere gli
sviluppi inattesi che la caduta del Muro ha avuto anche sulle
democrazie liberali.
Il 1989 è l'anno in cui la Storia non
finisce, come aveva ipotizzato il politologo Francis Fukuyama
riferendosi alla fine del XX secolo, ma rimette in discussione sé
stessa.
La crescita della risposta elettorale
alle sirene dei vari nazionalismi, più o meno venate di becero
populismo, ha riportato all'attenzione degli osservatori una
questione centrale per chi voglia comprendere le trasformazioni
della democrazia contemporanea.
L'Italia appare sempre più marginale
nel contesto europeo e mondiale. Il ruolo svolto per favorire il
processo di integrazione europea, pure tra molte difficoltà e
contraddizioni, rischia di entrare rapidamente nel cassetto dei
ricordi.
Che succede a Roma? Quanti e quali
sono i mali di una città bellissima eppure eccezionalmente
problematica? Alla capitale d’Italia è dedicata la sezione
monografica di questo numero del «Mulino», che ospita gli
interventi di chi conosce da vicino la città eterna e per essa ha
lavorato, studiandola e attivandosi per migliorarla.
La nostra Europa non può essere una
riedizione del “mondo di ieri”. Essa deve essere un’utopia
ragionevole, un ideale raggiungibile attraverso un percorso
progettato senza nascondere le difficoltà.
Non è solo la tanto citata «fuga dei cervelli» che viene analizzata in questo volume. Ma più in generale il fenomeno di una nuova emigrazione (spesso non caratterizzata da lavori altamente qualificati). In particolare, si parla di coloro che, in ragione della loro età, dovrebbero costituire l’architrave del Paese in cui sono nati. Quanti sono? Da dove vengono e dove vanno? Che cosa li ha spinti a lasciare l’Italia? Come vedono la loro esperienza di vita? Suddivisi per area geografica – dai principali Paesi che oggi accolgono l’emigrazione italiana in Europa alle aree meno scontate dell’Est europeo, al continente americano, all’Oceania, all’Africa, al Giappone – quaranta italiani che hanno scelto di vivere all’estero si raccontano in altrettante storie autobiografiche. Qualcuno torna. Ma per quasi tutti la vita prende una strada che li allontana progressivamente. È anche questo il segno di un declino che, per essere arrestato, richiede all’Italia una visione che possa ridare la fiducia nel futuro che in tanti hanno scelto di cercare altrove. I racconti autobiografici sono preceduti da alcuni saggi di inquadramento sulle caratteristiche qualitative e quantitative dell’emigrazione italiana contemporanea e sono accompagnati da tre contributi dedicati rispettivamente alle forme di rappresentazione dell’emigrazione durante la grande epopea migratoria del secolo scorso, all’autonarrazione all’epoca dei social network, alla rappresentazione cinematografica.
Esiste - come si chiede Massimo Livi
Bacci - una “questione demografica” nel nostro Paese? Una
situazione di fatto, di natura strutturale, che rappresenta un
ostacolo al buon funzionamento della società?
La spaccatura dell’Europa era
evidente da molto tempo. Ma se sinora sembrava possibile una
qualche forma di ricomposizione, almeno all’interno del cosiddetto
fronte anti-sovranista, i cambi di governo che hanno alterato gli
equilibri politici continentali, a cominciare da quello italiano,
modificano profondamente lo scenario.
La crisi politica che blocca l’Italia
richiede analisi di lungo periodo, più che pezzi di colore. Per
quanto la politica italiana ci abbia abituato, in particolare
nell’ultimo quarto di secolo, a non poco colore.
Il 2018 apre un nuovo triennio del
«Mulino». Con un nuovo direttore, un comitato di direzione
rinnovato, una nuova redazione. E una nuova copertina, disegnata e
colorata quanto basta per mettere in evidenza il filo conduttore
del fascicolo.