Editoriale
Questo primo fascicolo del 2021 si presenta con una nuova veste grafica, arricchita da un’illustrazione ispirata dall’assalto del Campidoglio avvenuto all’inizio dell’anno. L’immagine che si riflette nel vetro in frantumi esprime efficacemente la scoperta di una vulnerabilità che non riguarda soltanto la democrazia statunitense. Tale consapevolezza è maturata negli ultimi due decenni, quando ci è toccato assistere allo sgretolarsi di buona parte delle certezze economiche e politiche che ci avevano accompagnato dalla fine della Guerra fredda all’inizio del nuovo secolo. Se il liberalismo è in crisi, se le democrazie appaiono fragili e instabili come non lo erano da decenni, occorre darsi da fare per individuare i punti deboli, scovare le crepe che ancora non si sono allargate, per predisporre i rimedi. Questo è il tema intorno al quale ruotano buona parte degli interventi di questo fascicolo: guarire le nostre democrazie.
Con questo numero festeggiamo settanta anni dalla fondazione della rivista: ci è sembrato che il modo migliore per ringraziare le diverse generazioni di lettori che ci hanno sostenuto, e quelli che ancora oggi lo fanno, molti dei quali si sono avvicinati alla rivista solo di recente, fosse di non fermarci, e di proporre una rivista completamente rinnovata. In un momento difficile per le cose a cui teniamo di più ci siamo detti che non potevamo cedere alla rassegnazione o alla paura, e che fosse arrivato il momento di dare un nuovo slancio al nostro impegno civile.
L’osservazione di Dahrendorf secondo cui i referendum popolari non sono strumenti adatti a risolvere le crisi di identità delle nazioni, ha trovato conferma in questi mesi in cui abbiamo visto il processo della Brexit andare avanti, fino a raggiungere il suo punto di svolta, aggravando le diverse crisi che ormai minacciano la sopravvivenza stessa del Regno Unito e della sua monarchia. La mossa disperata degli antieuropeisti, inseguire una indipendenza illusoria per guadagnare qualche piccolo beneficio economico,