L’arte e il potere, più strettamente la musica e il regime: fiumi di pianti e passioni, montagne di parole e prepotenze hanno sempre imposto al mondo il problema, forse insolubile, del rapporto fra i due elementi e le mille questioni annesse.
Non so se facesse la sua passeggiata quotidiana anche prima; prima che gli venisse un infarto e che il medico gli vietasse di andare a Parigi, come faceva regolarmente ogni due mesi. La passeggiata lungo via Caracciolo doveva farla perché il cuore ne traeva giovamento, ma forse era anche un modo per mimare il suo allontanamento da casa
Sulla vita e sull’opera di Susan Sontag (1933-2004) molto è stato scritto e detto, tanto da rendere estremamente facile – o, al contrario, molto difficile, poiché la disponibilità di fonti implica sempre il dovere del riscontro e la verifica dell’attendibilità – una ricognizione cronologica del suo cammino intellettuale.
Fine dell’utopia: è questo il felice titolo che Robert Maggiori, su «Libération», riserva al ricordo di Miguel Abensour, morto il 22 aprile scorso in una Parigi troppo distratta e assorbita dal primo turno delle elezioni presidenziali.
In un’epoca che ha consegnato la figura dell’intellettuale organico al dimenticatoio, appare chiaro come proprio alcune figure considerate strutturalmente «disorganiche» abbiano svolto una funzione centrale di orientamento critico