Con la Rivoluzione, la musica popolare cubana conosce un periodo di crisi: seguendo i datori di lavoro (la mafia statunitense che controlla i casinò) i grandi direttori d’orchestra espatriano e all’Avana vengono chiusi quei locali frequentati dai turisti statunitensi (tra cui il Buena Vista Social Club) ricchi di musica e di donne facilmente accessibili. I proprietari sono fuggiti a Miami e sono molti i musicisti a restare disoccupati.
Gli antichi fasti sono terminati: dopo un decennio di grande vigore, in tutto il mondo declina la stella del folk (ne ha beneficiato anche Cuba con la diffusione di Guantanamera a opera di Pete Seeger) e passano di moda le big band e, insieme allo swing, vanno in crisi anche i balli caraibici. I più famosi tentano inutilmente rilanci: Pérez Prado va in Messico dove incontra qualche problema, Bebo Valdéz fa il pianista in un hotel di Stoccolma, Arsenio Rodríguez muore a Los Angeles nel più completo anonimato, mentre Xavier Cugat se ne torna nella natia Catalogna. Restano invece in patria el bárbaro del ritmo Benny Moré, cui la cirrosi epatica lascerà solo tre anni di vita, e la Orquesta Aragón che, paradossalmente, troverà la sua epoca d’oro proprio nel decennio successivo.
Tre mesi dopo la presa del potere da parte di Fidel Castro, viene fondato l’Icaic, l’Istituto cubano di arte e industria cinematografica, che promuove l’arte nazionale attirando da tutto il mondo l’interesse di molti intellettuali. Al fine di creare musica per le produzioni cinematografiche, soprattutto i documentari, nel 1969 viene fondato il Grupo de Experimentación Sonora del Icaic. Sotto la direzione di Leo Brouwer, compositore sinfonico, chitarrista e direttore d’orchestra, si studia ogni tipo di musica: da Bach a John Coltrane, da Sindo Garay a Frank Zappa, dai Beatles a Xenakis e nel gruppo emergeranno eccellenti personaggi come Pablo Milanés, Silvio Rodríguez, Noel Nicola, Eduardo Ramos. Scrivono jazz, rock, musica cubana da ballo e non compongono solo musica, ma anche i testi delle loro canzoni. Le varie produzioni hanno dato vita a nove Lp e nel volume 4 è già presente Yolanda, il brano più celebre di Pablo Milanés.
Sull’onda di ciò che il Sessantotto ha generato nel mondo, al repertorio del gruppo vengono appiccicati diversi appellativi: si tratta di una canzone sociale, politica, contestataria, impegnata, di protesta, di testimonianza… Ma, poiché unisce due concetti molto chiari come sperimentazione e tradizione, alla fine si opta per Nueva Trova. E, come significativo segno dei tempi, queste canzoni non incontrano l’interesse dei burocrati, ma soltanto il favore delle giovani generazioni.
A differenza di tutti i Paesi socialisti, a Cuba non è mai stata istituita un’ideologia culturale, non sono mai esistiti i dettami ideologici e stilistici di uno Ždanov locale e gli artisti non hanno mai avuto un realismo socialista come riferimento. Fidel Castro è stato molto esplicito, in proposito: “All’interno della rivoluzione si può dire ciò che si vuole, contro di essa nulla”.
Questi giovani cantautori, cresciuti all’insegna del castrismo e quindi allineati con lo spirito della rivoluzione (poi qualcuno, come Mike Pourcel, finirà in Florida tra gli esiliati) sono alla ricerca di una nuova espressività. Questi sono anni propizi per la creatività e anche per la polemica e Silvio Rodríguez, il più giovane del gruppo, arruolato a diciassette anni nel servizio militare obbligatorio sul peschereccio Playa Girón, si interroga su quali debbano essere i meccanismi di un nuovo linguaggio artistico che sia l’espressione dell’avvenuta rivoluzione.
Compagni poeti, / tenendo conto degli ultimi avvenimenti / nella poesia, vorrei chiedervi, mi preme, / quale tipo di aggettivo bisogna usare / per fare una poesia su una barca / senza cadere nelle sviolinate, nei facili manierismi, / ma essendo sempre d’avanguardia [Silvio Rodríguez, Playa Girón]
Per Pablo Milanés che è il più anziano (in realtà ha solo tre anni più degli altri, essendo nato nel 1943) le parole più adatte a manifestare l’impulso della Rivoluzione, sono quelle dei poeti che rappresentano l’orgoglio nazionale: innanzitutto l’eroe dell’indipendenza José Martí, morto nel 1895 nello scontro di Dos Ríos contro gli spagnoli e la cui icona, seconda solo a quelle di Fidel e del Che, popola i murales dell’isola. Il primo disco come solista del 1973 è Versos de José Martí. Due anni dopo presenta Canta a Nicolas Guillén, l’emblema poetico della rivoluzione castrista. Sono presenti l’orgogliosa Tengo, che verrà tradotta e incisa in italiano da Gino Paoli per il disco del Club Tenco Omaggio, e Canción, conosciuta anche come De que callada manera, che Pablo inciderà anche con la venezuelana Lilia Vera, la spagnola Ana Belén e il brasiliano Chico Buarque de Hollanda. Esistono molte altre incisioni, tra cui quelle di Soledad Bravo nonché le versioni salsa dei portoricani Así Somos e della Sonora Ponceña e dell’orchestra dominicana di Anibal Bravo. Nell’interpretazione di Son y la Rumba, il brano è stato inserito nella colonna sonora di Puerto Escondido di Gabriele Salvatores.
Nel terzo disco, del 1976, Pablo è anche autore dei testi. Emergono subito le sue tipiche tematiche: le vicende politiche del continente latino-americano (A Salvador Allende en su combate por la vida, Yo pisaré la calle nuevamente, Canción por la unidad latinoamericana), la canzone d’amore (Para vivir), le considerazioni sul tempo che fugge (El tiempo el implacable el que pasó) e le questioni esistenziali con una reciproca compenetrazione tra dimensione sociale e personale (La vida no vale nada). Se Silvio Rodríguez è alla ricerca di un linguaggio poetico sempre più originale, simbolista e a volte ermetico, Pablo Milanés opta per un racconto semplice, ma al contempo efficace, che mira soprattutto all’introspezione psicologica dei personaggi (Mírame bien, En el breve espacio en que no estás).
Se Silvio Rodríguez è alla ricerca di un linguaggio poetico sempre più originale, simbolista e a volte ermetico, Pablo Milanés opta per un racconto semplice, ma al contempo efficace
Con l’operazione Buena Vista Social Club del 1999, Ry Cooder e Wim Wenders hanno sicuramente il merito di avere diffuso in tutto il mondo la canzone tradizionale cubana, ma nella loro operazione si avanza esplicitamente la tesi che quella musica sia stata emarginata dalla politica culturale del regime insieme ai suoi musicisti. A parte il fatto che proprio alla musica tradizionale appartiene il cronista del castrismo Carlos Puebla (sua la celeberrima Hasta siempre dedicata al Che) si può invece dire che siano stati i due a impossessarsi del folk revival che da qualche anno serpeggiava nell’isola: è infatti del 1980 il primo disco di Eliades Ochoa (dopo la sua apparizione al festival di Varadero) ed è del 1989 Chanchaneando con Compay Segundo, mentre nel 1994 è stata fondata la Vieja Trova Santiaguera.
Soprattutto è l’attività discografica di Pablo Milanés a dimostrare quanto il repertorio tradizionale sia stato recuperato molto prima, a partire dal 1980, con i tre album Años in cui partecipano vecchie glorie: Luis Peña, Adriano Rodríguez, Cotán, Lorenzo Hierrezuelo, alias Compay Primero, e Francisco Repilado alias Compay Segundo (in queste incisioni è già presente Chan Chan che farà le fortune di Buena Vista). Inoltre, ben cinque sono i cd dedicati al Filin, il genere di musica sentimentale sorto all’Avana negli anni Quaranta, e due quelli in cui Pablo canta il bolero tradizionale, sia cubano sia messicano.
Al di là della sua partecipazione con Silvio Rodríguez al concerto di Pete Seeger al palazzetto semideserto di Novara nel 1977, la presenza italiana di Pablo è legata al Club Tenco che non solo lo ha premiato nel 1994, ma ha anche organizzato un omaggio discografico (intitolato appunto Omaggio, come l’omonima canzone di Pablo) a cui hanno partecipato Cristiano De André, Roberto Vecchioni, Eugenio Finardi, Yo-Yo Mundi, Pierangelo Bertoli, Enzo Gragnaniello, Mimmo Locasciulli, Edoardo Bennato, Gino Paoli, Mau Mau, Rossana Casale, Grazia Di Michele e Tosca. In seguito hanno cantato sue canzoni anche Alessandro Haber (Nel breve spazio in cui non c’è) e Lu Colombo (Una canzone per la Maddalena scritta con Joaquín Sabina).
È morto in Spagna, dove divideva il domicilio tra la casa di Vigo e quella di Madrid, lasciando nel testamento la disposizione di non essere sepolto a Cuba
Da oltre quarant’anni si è parlato di un Pablo Milanés seriamente malato, ma solo nel 2012 si è avuta un’esplicita conferma con l’annullamento della tournée spagnola. Due anni dopo ha subito un trapianto di rene e infine, dopo un lungo trattamento di cure, una mielodisplasia, l’ha portato via il 22 novembre a Madrid. È morto in Spagna, dove divideva il domicilio tra la casa di Vigo e quella di Madrid, lasciando nel testamento la disposizione di non essere sepolto a Cuba. Da una dozzina d’anni aveva rotto le relazioni con i vecchi compagni (Silvio in primis), criticando il regime.
Ha lasciato, oltre alle numerose canzoni che ha scritto, 43 album, cinque mogli, sette figli e nove nipoti, uno dei quali è nipote anche di Che Guevara, dal momento che è frutto della relazione della figlia Suylén, cantante e produttrice, con Camilo Guevara, il primo figlio del guerrigliero (anche Suylén e Camilo sono morti nel 2022). Tra i figli c’è Haydée (in omaggio ad Haydée Santamaria, guerrigliera e politica, direttrice di Casa de las Américas, organizzazione culturale in cui la Nueva Trova è cresciuta), compositrice, arrangiatrice e cantante che spesso si è esibita col padre.
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