27 agosto 2017, Dario Franceschini presente allo stadio Paolo Mazza per celebrare il ritorno della Spal in serie A, viene sonoramente fischiato dai tifosi. 3 febbraio 2018, castello Estense, il ministro alla Cultura Franceschini, sottobraccio a Vittorio Sgarbi gigioneggia,
Secondo alcuni, niente, o molto poco, è rimasto oggi della Bologna che abbiamo conosciuto e vissuto dalla fine degli anni Settanta. Al di là del folclore, in realtà alcuni nodi problematici si rinnovano ciclicamente. E certi caratteri la città sembra non volerseli togliere di dosso.
Quando si viaggia nel Lazio lo si fa quasi sempre per «passarci attraverso». Di certo per la sua posizione di mezzo, ma non è solo questo. Anche nel senso comune, il suo consistere «intermedio» assume un tono polisemico che la dimensione geografica copre solo in parte.
Parma è una città europea? Per capire la «città ducale» che ci troviamo di fronte oggi si può partire dalla sua storia. Basterebbe ricordare il ruolo giocato sia dai Farnese sia da Maria Luigia (Maria Luigia d’Asburgo Lorena, «imperatrice dei Francesi e regina d’Italia, poi duchessa di Parma, Piacenza e Guastalla») per avere la prova della vocazione europea di Parma.
Parafrasando il titolo di un recente volume di Anna Giunta e Salvatore Rossi (Che cosa sa fare l'Italia, Laterza, 2017), la domanda da porsi è: che cosa sa fare il Friuli?
Il modello di sviluppo che ha consentito agli abitanti di questa terra di affrancarsi da una lunga storia di «sotàns» (termine friulano che sta per sottomessi, subalterni) ha vari ingredienti. In parte il Friuli è una propaggine del «mitico Nord Est»,