La città di Parma ha subìto, negli ultimi vent'anni, notevoli cambiamenti dal punto delle dinamiche demografiche e socio-economiche. Un tessuto urbano, politico e sociale che, da realtà media (in termini di dimensione e abitanti) ricca di aziende produttive anche grandi, di enti del terzo settore e con un Pil pro capite elevato, è stato attraversato da profondi cambiamenti.
La città ha visto un incremento di circa 20 mila residenti negli ultimi due decenni, superando i 200 mila abitanti nel 2020. Nello stesso periodo la popolazione straniera residente è più che raddoppiata, passando dal 7 al 18%. In termini di qualità della vita, secondo i dati del «Sole-24 Ore», fra il 1990 e il 2019 la città si è spesso distinta fra quelle emiliane nelle prime posizioni. Nel 2021 Parma si piazzava dodicesima nella stessa classifica, mostrando un indice di criminalità molto elevato (seconda in classifica).
Storicamente allineata con la politica regionale emiliana almeno fino agli anni Novanta, ragion per cui il territorio comunale veniva annoverato nel perimetro della cosiddetta «zona rossa», iniziò a discostarsi da tali dinamiche da quando il sindaco venne eletto direttamente dai cittadini, in seguito alla riforma del 1993. Dalla metà degli anni Novanta, Parma ha intrapreso un percorso distinto, anticipando alcune stagioni del sistema politico italiano post-Tangentopoli come il «civismo», il «grillismo» e il «post-grillismo». La città ducale è stata infatti considerata come un laboratorio politico da guardare con grande attenzione.
Se le elezioni amministrative del 1994 videro l’affermazione del candidato del Pds, Stefano Lavagetto, in assoluta assonanza con il quadro regionale, la situazione mutò rapidamente nel 1998 con l’affermazione di «Civiltà parmigiana», lista civica moderata dell’ex-democristiano Elvio Ubaldi, che governò la città per due mandati. Le giunte Ubaldi inaugurarono un percorso politico-amministrativo peculiare e sui generis, che vide Parma sperimentare alcune innovazioni organizzative nella gestione dei servizi e del patrimonio pubblico. Fu la stagione delle società partecipate e delle prime partnership tra pubblico e privato che i governi nazionali sponsorizzarono come nuovi strumenti per il governo della città. È importante ricordare questo dato poiché risulta rilevante ancora oggi per comprendere alcune sfaccettature delle elezioni amministrative del 2022.
Le due giunte Ubaldi inaugurarono un percorso politico-amministrativo peculiare. Fu la stagione delle società partecipate e delle prime partnership tra pubblico e privato
A Ubaldi succedette il suo assessore all’Ambiente e alla Mobilità, Pietro Vignali, costretto però a dimettersi nel 2011 sotto la spinta del «movimento degli indignati», di cui si ricordano le rumorose proteste sotto i portici del Grano, e a causa delle inchieste della magistratura che avevano fatto emergere una situazione finanziaria prossima al default (un buco di bilancio di oltre 800 milioni di euro).
Dopo la parentesi del commissariamento, la città è stata letteralmente travolta, nel 2012, dallo «tsunami» dei 5 Stelle, il cui candidato Federico Pizzarotti si affermò, a sorpresa, al ballottaggio contro l’allora presidente di centrosinistra della provincia di Parma, Vincenzo Bernazzoli. Cruciale fu la convergenza su Pizzarotti di vari gruppi di opposizione sociale all’accensione dell’inceneritore situato alle porte della città. I 5 Stelle furono abili nell’accoppiare la protesta anti-inceneritore al programma di Pizzarotti, che non presentava alcuna proposta realizzabile dal punto di vista dei procedimenti amministrativi in merito allo spegnimento del termovalorizzatore. Quest’ultimo, infatti, ha sempre continuato a funzionare ai medesimi ritmi.
Parma diventò quindi il primo capoluogo italiano amministrato dai 5 Stelle. Tuttavia, dopo molteplici frizioni con Grillo e Casaleggio, Pizzarotti e la sua maggioranza abbandonarono nel 2016 il Movimento, dando vita al gruppo consiliare «Effetto Parma», il cui nome voleva rivendicare i risultati raggiunti durante il suo mandato. Pizzarotti riuscì poi a consolidare il proprio seguito dando vita a un percorso orientato a una proiezione politica fuori dai confini cittadini, con il movimento di sindaci «Italia in comune».
Similmente a quanto avvenuto con Vignali, nella recente tornata elettorale è ancora un giovane assessore della giunta Pizzarotti a raccogliere il testimone dal primo cittadino e a presentare la sua candidatura: il quarantenne Michele Guerra, assessore uscente alla Cultura e professore universitario di Storia e critica del cinema. In vista delle elezioni 2022, l’offerta politica appare particolarmente frammentata: sono 10 i candidati sindaco; le uniche due 2 candidate donne (rispettivamente l’ex sindaca di Colorno transfuga del Pd e l’ex consigliera comunale alla sinistra del Pd) vengono escluse dal Tar per irregolarità formali nella raccolta delle firme. Il grande assente fra le liste in competizione è il Movimento 5 Stelle, che rinuncia a una propria candidatura dopo che nelle precedenti elezioni il suo candidato sindaco aveva raccolto poco più del 3% dei voti.
Mentre Pd, Effetto Parma e Sinistra coraggiosa (Art. 1 e Sinistra italiana) convergono sul nome di Guerra, Forza Italia e Lega operano una scelta rischiosa, ma volutamente indirizzata a richiamare stagioni politiche passate e di successo per il centrodestra, ricandidando l’ex sindaco Vignali. Fratelli d’Italia rompe l’unità della coalizione proponendo come candidato alternativo uno storico volto della destra parmigiana, Priamo Bocchi. Una delle novità di queste elezioni è rappresentata dalla candidatura civica di Dario Costi, architetto e professore ordinario di Progettazione architettonica che aveva già corso, senza successo, alle primarie del Pd nelle precedenti elezioni comunali. Costi riesce a coagulare intorno a sé un movimento civico cui si aggiunge la rinata lista Civiltà parmigiana capeggiata dalla figlia di Ubaldi, Federica, e il sostegno di Azione di Carlo Calenda. Al primo turno supera il 13% dei voti, risultando il terzo candidato più votato dietro a Vignali (21%) e Guerra (44%).
L’esito del ballottaggio appare scontato: l’assessore alla Cultura è eletto sindaco col 66% dei voti. Secondo un’analisi dei flussi dell’Istituto Cattaneo, i voti del terzo candidato più votato si sono equamente ripartiti fra Vignali e l’astensione (31%), confluendo, in misura lievemente superiore (38%), verso Guerra. In linea con il trend nazionale, la partecipazione al primo turno delle elezioni comunali è deludente, superando di poco il 50% degli aventi diritto, con una lieve flessione rispetto alle precedenti elezioni.
Fra i temi al centro delle alleanze per la campagna elettorale, piuttosto dibattuto è stato il ruolo del governatore Bonaccini che avrebbe spinto fortemente il Pd a un accordo, secondo alcuni contro natura, con Pizzarotti dopo 10 anni di opposizione alla sua giunta. Dal punto di vista sostanziale, anche in queste elezioni (come in quelle vinte da Pizzarotti nel 2012), sono stati al centro della campagna il tema delle infrastrutture e quello del degrado della città. Per quanto riguarda le infrastrutture, l’attenzione si è concentrata – in modo simile a quanto accadde nel 2012 per il forno inceneritore – sulla riqualificazione dello storico stadio Tardini e sull’ampliamento, soprattutto per voli cargo, dell’aeroporto Giuseppe Verdi.
Il focus su queste issues di policy, che hanno dominato l’intera campagna elettorale, denota una tendenza comune che caratterizza la politica locale contemporanea: si tratta di temi che hanno valenza altamente simbolica e sono capaci di mobilitare un numero consistente di cittadini già organizzati in comitati e associazioni, ma che sono spesso a uno stadio già avanzato del processo decisionale e amministrativo e che lasciano quindi un limitato margine d’azione a chi subentra nell’amministrazione cittadina.
I temi delle infrastrutture e del degrado della città hanno dominato la campagna elettorale in quanto altamente simbolici e capaci di mobilitare un numero consistente di cittadini
Il tema che sembra aver scaldato maggiormente gli animi dei parmigiani ha riguardato l’ipotesi di trasformazione del piccolo aeroporto Giuseppe Verdi da scalo passeggeri a hub regionale per il trasporto delle merci mediante l’allungamento della pista. Nonostante il progetto fosse sostenuto dalla Regione Emilia-Romagna e dal sindaco uscente, tutti i candidati – Guerra compreso – hanno dichiarato la loro opposizione. Anche su questo tema le soluzioni proposte dai candidati tenevano conto in misura molto approssimativa dei vincoli amministrativi e decisionali di processi di policy già intrapresi e a uno stadio avanzato. La questione del degrado, soprattutto di alcune zone del centro storico, è stata al centro della discussione, oscillando fra ricette più tradizionalmente iscrivibili nel catalogo «legge e ordine» e ricette più orientate all’occupazione degli spazi pubblici e all’integrazione multiculturale.
Se dunque queste elezioni hanno visto un ritorno del centrosinistra al governo della città dopo più di venti anni, il front man della coalizione è un candidato che non proviene dai ranghi del centrosinistra e la cui esperienza politica precedente è strettamente legata alla seconda giunta Pizzarotti. L’ex sindaco è stato volutamente in secondo piano durante la campagna per non pregiudicare l’esito elettorale. Infatti, secondo alcuni sondaggi, la città appariva divisa nei confronti dell’amministrazione uscente.
Il sindaco Guerra può contare su una solida maggioranza: 20 dei 32 consiglieri fanno riferimento alle sue liste. Tuttavia, 12 consiglieri sono stati eletti dal Pd, 1 da Sinistra coraggiosa e solo 7 sono espressione di Effetto Parma o del listino personale del neosindaco. Di conseguenza, l’esperienza di governo potrebbe essere accompagnata da alcune fibrillazioni fra i soci di maggioranza dell’esecutivo comunale. Da questo punto di vista l’individuazione degli assessori potrebbe risentire significativamente della pressione del Pd, notevolmente rafforzato rispetto alle stagioni passate. I 12 consiglieri di opposizione fanno riferimento a gruppi politici diversi (6 in quota Vignali, 3 in quota Costi, 2 a Fratelli d’Italia, 1 a Europa verde) e potrebbero quindi presentarsi scenari di convergenza su tematiche specifiche tra alcuni rappresentanti della maggioranza e della minoranza.
Relativamente alla parabola cittadina del Movimento 5 Stelle, va ribadita non solo l’incapacità di proporre un proprio candidato ma anche la convergenza dei transfughi del Movimento con i partiti di centrosinistra sulla scorta di quanto già avvenuto a livello nazionale. Inoltre, è importante evidenziare le tendenze centrifughe che hanno interessato i democratici, con un candidato come Costi che ha raggiunto un risultato a due cifre.
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