Il 1° luglio 2020 Napoli si sveglia presto, con quel fermento tipico delle grandi occasioni. Già da qualche giorno la stampa di tutto il mondo è in città, i corrispondenti si spostano con frenesia dal centro alla periferia Nord, verso Scampia, per un evento che segnerà il passo non solo di un percorso importante di rigenerazione urbana e sociale, ma di un intero impianto politico fortemente orientato alla Costituzione e al concetto di circolarità dei diritti fondamentali. Alle 11 e 10 di quel giorno la “pinza” della Superlong 80 demolition, la gru da 130 tonnellate venuta da lontano, dà l’ultimo morso alla Vela Verde (la Vela A) fino a sgretolarla completamente. Si abbatte così anche quello stereotipo che ha connotato Scampia come la piazza di spaccio più grande d’Europa negli anni Ottanta e Novanta e come il simbolo del degrado sociale e urbano delle periferie delle grandi città.
Il passato è fatto di esistenze ai bordi e diritti ignorati; il presente è costruito su un lavoro di ricucitura delle relazioni umane e istituzionali: si chiama Restart Scampia, ed è un progetto che rientra nel Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie delle città metropolitane e dei Comuni capoluogo di provincia, approvato con decreto del presidente del Consiglio dei ministri il 25 maggio 2016. Come si legge dallo studio di fattibilità tecnica, “è stata individuata l'area delle Vele di Scampia quale elemento di cerniera con i Comuni limitrofi dove localizzare alcune funzioni privilegiate, a carattere metropolitano e territoriale, in grado di dare una nuova articolazione alla composizione sociale del quartiere”.
L’intervento progettuale si fonda sull’abbattimento delle Vele A, C e D e sulla riqualificazione della Vela B (nel complesso, il cosiddetto Lotto M), oltre alla sistemazione degli spazi aperti pertinenziali. Ed è proprio nello studio di fattibilità che emergono con forza sia l’urgenza e la necessità non solo di abbattere quelli che il popolo di Scampia identifica come i mostri di cemento, sia la necessità di rafforzare le relazioni tra cittadini e Pubblica amministrazione e di migliorare la coesione sociale, attraverso modi diversi di governare un processo complicato che è in sé una vera e propria sfida.
L’intervento si inserisce in un piano complessivo che prevede la dotazione di servizi urbani integrati, di attrezzature collettive e di servizi alla persona. In particolare, la realizzazione di nidi, scuole dell’infanzia e scuole superiori; il potenziamento dei servizi sociali per le donne e per le famiglie; la realizzazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica; la realizzazione di strutture commerciali, culturali, per il tempo libero e lo spettacolo e per la produzione di beni e servizi (laboratori artigianali, piccole botteghe); l'elaborazione di un Piano urbanistico attuativo relativo al lotto M (area delle “Vele”); la realizzazione della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università “Federico II”; la riqualificazione del Parco di Scampia con nuove connessioni con l’intorno urbano; la riqualificazione dell’area antistante alla Stazione Scampia della Linea 1 della metropolitana e dell’asse di collegamento tra questa e il Parco.
Una parte degli interventi descritti saranno realizzati con il concorso di tre differenti fonti di finanziamento per una cifra complessiva di poco inferiore ai sessanta milioni di euro (56.970.171): il Programma straordinario per la sicurezza delle periferie (17.970.171 euro); il Programma operativo Città Metropolitane (Pon Metro 2014-2020, 9 mila euro); il Patto per lo sviluppo della città di Napoli per (per 30 mila euro). Le prime due fonti finanziano l’abbattimento delle tre “Vele” e la riqualificazione della quarta. Il Patto per Napoli avvia la rigenerazione del Lotto M e delle aree circostanti e cofinanzia la realizzazione della Facoltà di Medicina e chirurgia. Su questa sfida si fonda l’intero Restart Scampia, che prevede un lavoro sartoriale, paziente e meticoloso, di rammendo di un rapporto tra cittadini ed ente locale, rapporto distrutto negli anni da disillusioni, passerelle elettorali, dannosi individualismi e ritardi dovuti alla burocrazia inefficiente.
Occorre ricordare a questo punto che nel febbraio del 2022 il Comune di Napoli ha presentato un nuovo progetto da 70 milioni di euro per completare la riqualificazione di Scampia (e non solo), finanziato con i fondi del Pnrr, nell'ambito della misura Piani urbani integrati. Lo scorso 2 agosto, però, il governo ha annunciato una revisione della programmazione del Pnrr, escludendo di fatto progetti importanti proprio come quello relativo alla rigenerazione urbana e sociale delle periferie Nord ed Est di Napoli. Aspettiamo di conoscere l’esito definitivo delle decisioni per capirne fino in fondo la matrice e le eventuali proposte compensative.
A valle dell’approvazione del progetto Restart, avvenuta con la delibera della Giunta comunale 520/2016, si è dovuto comunque attendere il 20 febbraio 2020 per il primo morso alla Vela Verde, che tuona come un monito: è possibile uscire dalla marginalità e dall’esclusione, è possibile creare nuove esistenze? Sì, è possibile ed è stato dimostrato, a patto che i progetti non siano orientati esclusivamente alla rifunzionalizzazione delle strutture e alla costruzione di nuovi alloggi popolari, ma che si guardi all’interezza della circolarità dei diritti, ossia ai bisogni delle persone. Dal diritto al lavoro al diritto all’abitare, dal diritto all’istruzione ai trasporti, alla salute: di questo è necessario farsi carico nei processi di rigenerazione urbana, se si intende mantenere la coesione sociale, guardare allo sviluppo locale, considerare la dignità delle persone.
Diritto al lavoro, all’abitare, all’istruzione ai trasporti, alla salute: di questo è necessario farsi carico nei processi di rigenerazione urbana, se si intende mantenere la coesione sociale
Un percorso corretto è quello disegnato dal Comitato Vele di Scampia e dall’Amministrazione comunale di Napoli negli anni che vanno dal 2013 al 2020 e che si fonda sulla battaglia che il Comitato ha iniziato quarant’anni fa, quando un uomo solo, Vittorio Passeggio, urlava con un megafono agli abitanti delle Vele la necessità di svegliare le coscienze dal torpore del degrado e della mortificazione di vite passate tra paura e violenze. È intorno a quell’uomo che si avvia la trasformazione dalla personale determinazione a un vero e proprio movimento di lotta per il diritto alla casa e al lavoro e per i diritti diffusi. Quello del Comitato Vele di Scampia è stato un lungo percorso segnato dalla lotta contro la distanza delle istituzioni, quelle istituzioni che non essendo più in grado di mantenere e fortificare il loro doveroso ruolo di collante si sono allontanate sempre di più dai reali bisogni delle persone.
Ma che cosa è avvenuto, dunque, nell'ambito di Restart Scampia intorno a quei morsi alla Vela Verde e a quel rumore di vite fiduciose, pronte a ingaggiare nuove provocazioni positive, in particolare rispetto al governo centrale? Non è facile dare un nome alle emozioni del 9 gennaio 2019, quando sono stati assegnati 70 nuovi alloggi popolari ad altrettante famiglie che li aspettavano da almeno due generazioni, che avevano cresciuto i figli nell’insalubrità dell’amianto. Difficile descrivere gli sguardi dei lavoratori assunti dall’impresa appaltatrice dei lavori di abbattimento: quasi increduli, di persone avvezze alle delusioni, eppure consapevoli che in quel momento era proprio a loro che spettava il compito di scrivere la storia.
Eppure, non è stata una cosa così complicata. È bastato innovare il modo di pensare gli atti amministrativi, plasmandoli all’indirizzo politico e amministrativo e lasciando che le norme potessero adeguarvisi: applicare l’articolo 3 comma 1 lettera qqq) del Codice degli appalti all’epoca vigente e prevedere nel capitolato tecnico della gara una premialità per l’inserimento di lavoratori particolarmente svantaggiati. Al pari della delibera della Giunta comunale n. 21 del 22 gennaio 2018 che segna il passo dell’intero percorso di Restart Scampia, individuando soluzioni idonee e necessarie al trasferimento degli abitanti della Vela Verde. Un capolavoro di indirizzo politico, tutela della comunità, giustizia sociale e tecnicismo amministrativo.
Anche per l’inserimento in Anagrafe comunale delle famiglie occupanti abusive delle Vele il consueto coraggio amministrativo, abbinato a una profonda conoscenza della materia, ha consentito che si trovasse un modo semplice per il riconoscimento della residenza di prossimità, consentendo a decine di famiglie di godere di diritti fondamentali quali la salute e l’istruzione. Il percorso compiuto (e per certi versi ancora incompleto) dal Comitato Vele di Scampia durante gli ultimi quarant’anni dimostra e relativizza un concetto fondamentale: se gli obiettivi e i cambiamenti sono gestiti e condivisi con la Pubblica amministrazione (nel caso specifico l’Amministrazione comunale di Napoli), oltre a rendere più rapidi i tempi di attuazione degli interventi, si crea e si rafforza il rapporto governante/governato, amministratore/amministrato.
Scampia è il luogo dove il crocevia è senz’altro l’edilizia popolare, a cui va riconosciuta una funzione aggregante e socializzante, ma che è anche il luogo dove le parole “lotta” e “resistenza” sono entrate nel gergo comune, nella coscienza di tutti, e hanno consentito un lento e graduale passaggio dallo stereotipo di “Gomorra” a un luogo di rigenerazione. La lotta per il diritto all’abitare lentamente diventa lotta di tutti intorno a una coscienza di classe di cui noi tutti abbiamo bisogno e che sembra dispersa intorno a logiche diverse che tutto tengono, tranne che l’interesse reale di un territorio degradato.
Dal 2003, anno in cui sono state abbattute due delle tre Vele, fino al 2020 non si è più mosso nulla. Solo il lento risveglio del popolo di Scampia consentirà di trasformare le macerie di una delle tre, la Vela Rossa, nella sede del Dipartimento di Scienze infermieristiche dell’Università “Federico II” di Napoli. Una scommessa vinta sulla doppiezza becera di chi non la credeva più realizzabile, quasi sperando che non avvenisse per dimostrare che le periferie non potranno mai assumere forme centriche. Eppure, l’Università c’è; il sogno è realizzato: da ottobre 2022 studenti, docenti, personale amministrativo “abitano” Scampia, dimostrando che è possibile una nuova periferia, una nuova forma di governo del territorio, che parte dall’ascolto di chi ci vive e arriva ai tavoli di chi decide.
Gli ultimi anni sono stati anni in cui si è dimostrato il valore sociale dell’edilizia popolare, in cui è stata portata all’attenzione civica la differenza fondamentale tra gli aggettivi popolare e populista
Gli ultimi anni, fino al 2021 (di cui posso portare testimonianza diretta), sono stati anni in cui si è dimostrato il valore sociale dell’edilizia popolare, in cui è stata gestita la sincronia tra potere amministrativo e potere popolare, portando all’attenzione civica la differenza fondamentale tra gli aggettivi popolare e populista. Sono stati anni in cui il conflitto sarebbe potuto sfociare nell’indifferenza politica e nella violenza e invece si è trasformato gradualmente in una percezione della reciproca soddisfazione attraverso obiettivi comuni, in questo caso l’abbattimento della Vela Verde, l’assegnazione degli alloggi, il corretto impegno delle risorse economiche, l’applicazione della clausola sociale, la realizzazione dell’Università, di nuovi asili, di centri di aggregazione sempre più numerosi, di una presenza delle forze dell’ordine sempre meno invasiva e soprattutto meno necessaria.
In questo processo è cresciuto il protagonismo delle donne di Scampia. Da comprimarie, spesso relegate in seconda fila, ai margini nei momenti più radicali delle manifestazioni, a soggetti attivi e consapevoli, coniugando, poiché spesso la incarnavano direttamente, l’unitarietà della lotta per l’abitare, per il lavoro e per servizi moderni e qualificati.
Quale lezione è possibile apprendere da questo breve viaggio a ritroso, dalla recente luce alle storiche tenebre di Scampia? In nome della giustizia sociale, ora siamo consapevoli che una via per il contrasto e la riduzione delle disuguaglianze è ancora praticabile, che le periferie non sono condannate al degrado perenne né condannabili per le forme di disagio, che modalità innovative di gestione delle tensioni sociali possono trasformare l’energia collettiva in un nuovo modo di vedere il mondo da vicino. E, se si è disposti a farlo, di comprenderlo meglio.
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