Legumi in scatola, biscotti, pane in cassetta. Ma anche assorbenti, medicine, power bank e spazzolini. E ovviamente sacchi dell’immondizia, scope, pale. Tante pale. Ci vuole tempo per pulire dal fango le case delle tante frazioni romagnole colpite dalle inondazioni dei giorni scorsi. Le alluvioni e le frane in Emilia-Romagna del 16 e 17 maggio hanno causato più di 30 mila sfollati (che piano piano stanno diminuendo) e 14 morti. Senza contare le tantissime persone ancora senza utenza elettrica e acqua nelle loro abitazioni.
Serve molto tempo, dicevo, per spalare il fango dalle cantine e dalle strade. Servono braccia. Servono beni di prima necessità. Già dalla mattina del 18 maggio, a Bologna, vari volontari si sono organizzati per raccogliere materiale da portare nel triangolo romagnolo colpito – Ravennate, Cesenate e Forlivese. Si è così acceso un motore di matrice sia laica sia cattolica che in poche ore ha visto moltiplicarsi gli annunci sui social, su Telegram e nelle chat per avere informazioni su come aiutare. Che la situazione fosse critica è stato infatti chiaro fin da subito; meno scontata è stata invece la prontezza di risposta da parte della collettività, che in un muoversi comune ha messo a disposizione le proprie competenze, i propri oggetti, il proprio tempo.
Il primo punto di raccolta è stato allestito a partire dalle 9 della mattina del 18 maggio in via Nicolò dall’Arca 34b, nei locali di Plat (Piattaforma di intervento sociale), progetto nato a Bologna all’inizio del 2022 dalla collaborazione di diverse realtà sociali e politiche della città per costruire un nuovo tessuto di interventi e lotte, che portasse attenzione attraverso assemblee cittadine e sportelli informativi su temi come il diritto alla casa e il lavoro precario. L’appello lanciato da Plat chiedeva di portare nella loro sede stivali di gomma, scope grandi, pale, fornelli da campo, pentoloni e cibo in scatola e di mettere a disposizione, se possibile, dei mezzi per arrivare il più vicino possibile alle zone colpite dalle inondazioni. Altro punto di raccolta è stato organizzato al circolo anarchico Berneri, a porta Santo Stefano 1: stessa richiesta di viveri e strumenti, stesso appello a prestare la propria auto.
Il coordinamento si è poi avviato su Telegram, che si è trasformato in un pullulare di proposte, idee, domande e consigli, o semplicemente come canale informativo
Il coordinamento si è poi avviato con il gruppo aperto di Plat su Telegram – i cui iscritti sono più che raddoppiati nel giro di 24 ore –, che in un giorno lavorativo di metà maggio si è trasformato in un pullulare di proposte, idee, domande e consigli: “Io non ho una macchina, ma un garage vuoto: potete organizzare tutto il materiale raccolto da me, se avete bisogno”, scrive qualcuno. “Non ho stivali di gomma, dove posso trovarli?”, chiedono altri. Aumentano sempre di più le richieste: servono medicinali, garze, cerotti. Ma anche pompe, idropulitrici e carriole. Il ponte comunicativo che si è creato da Bologna verso i circoli Arci della provincia di Ravenna diventa così uno strumento utile per una bizzarra lista della spesa, che persone per lo più sinora sconosciute fra di loro si impegnano a completare per soddisfare con un’empatia genuina i bisogni primari di altre persone.
La prima partenza è alle 13 del 18 maggio da Bologna; il punto di arrivo è il palasport di Castel Bolognese, struttura che di solito ospita gli allenamenti di società sportive locali, ora adibito a rifugio per tutte le persone che non hanno trovato ospitalità presso parenti o amici e che non hanno potuto rispondere, durante l’emergenza, all’avviso dei comuni di “andare ai piani alti”, perché la loro casa, semplicemente, un piano alto non ce l’ha. Da lì i volontari vengono poi smistati dove più c’è bisogno: l’intervento che si richiede con maggiore frequenza è la pulizia di strade e case dal fango, soprattutto case di persone anziane che da sole non riescono a spalare e raccogliere la poltiglia di acqua e terra che ha invaso i loro spazi. Case dove la Protezione civile e gli altri soccorritori non riescono ad arrivare perché impegnati altrove, in contesti più critici e anche meno sicuri per persone non competenti.
La sera del 18 maggio, dalle 21, la raccolta materiali riprende nello stabile dell’Ex Centrale in via Corticella e insieme viene organizzata un’assembla cittadina sia organizzativa sia riflessiva. Luca di Plat inaugura l’incontro:
“Questo momento serve per organizzare i prossimi passaggi per chiunque voglia portare il proprio contributo. Occorre tornare là i prossimi giorni e le prossime settimane, ancora per molto. Il polo di riferimento è Castel Bolognese, da lì si può partire per Faenza, Solarolo o più in là verso Cesena, dove altre brigate di solidarietà stanno nascendo. Abbiamo voluto attivarci immediatamente quindi le tempistiche sono in divenire, ma dobbiamo essere un’infrastruttura sociale che prova a sperimentare forme di solidarietà dal basso, laddove c’è la possibilità di intervenire. Non solo qui e ora, che è importantissimo, ma anche in prospettiva futura. Sappiamo tutte e tutti che quello che è accaduto non è colpa del maltempo, ma è frutto della crisi climatica e delle politiche che la inaspriscono. Siamo di fronte a una catastrofe collettiva”.
Dopo l’applauso di consenso delle centinaia di persone presenti, viene deciso di partire ogni giorno, dall’indomani, alle 11 da via Nicolò dall’Arca, per raggiungere zone sicure, senza essere d’intralcio con i soccorritori già operativi. La raccolta materiali prosegue ogni sera, a Plat e al Berneri, dalle 18 alle 21; dopo le 21 si sposta all’Ex Centrale. La parola passa in seguito a un membro della Colonna solidale autogestita, un percorso bolognese di mutualismo nato durante la pandemia che continua anche oggi a organizzare doposcuola per bambini e ragazzi, raccolta fondi per l’acquisto di generi alimentari e non per chi è in difficoltà, sportelli informativi per l'autodeterminazione economica:
“Ci siamo messi d’accordo tutti quanti insieme, con la consapevolezza di essere una forza collettiva per aiutare la popolazione. Il nostro obiettivo è contaminarsi con le persone. Con la pandemia si è aperto uno spazio politico incredibile e oggi ne vediamo il risultato: c’è un mondo che cade e frana, letteralmente; insieme possiamo fare qualcosa per fermare questa deriva”.
Nei giorni successivi le richieste di viveri, oggetti per l’igiene personale, pannolini, assorbenti, stoviglie si sono moltiplicate. La rete di volontari si è allargata, con persone in arrivo anche da altre regioni – “Fatemi sapere se qualcuno ha bisogno di un posto per dormire a Bologna, se doveste venire in città a portare aiuto” – e con tanti che si mettono a disposizione – “Non riesco a partire con voi, né ho materiale utile da darvi, ma ho competenze grafiche e informatiche: posso aiutarvi nel preparare i post informativi di Instagram o gestire la creazione di un crowdfunding”. La sera i locali di Plat si sono trasformati anche in media point in cui i volontari hanno organizzato il sistema di comunicazione delle necessità: è nata così una campagna di raccolta fondi per acquistare gli attrezzi più tecnici e costosi da destinare nei punti critici , ed è stato creato anche un sito.
Nel giro di poche ore, sono circolati altri appelli per la raccolta di materiali utili: nella parrocchia San Cristoforo, al civico 71 in via Nicolò dall’Arca, sono arrivati molti scatoloni pieni di beni di prima necessità, trasferiti poi in sei veicoli tra camion e pulmini, a pieno carico, partiti per le zone più critiche. Anche altre realtà sociali di Bologna si sono organizzate: prima con due brigate di volontari partite per Vado, nell’Appennino bolognese, e per Forlì, e poi, da domenica 21 maggio, con raccolte di materiali all’ex Caserma Masini, in via Orfeo 46, al Tpo (Teatro polivalente occupato) di via Casarini 17/5 e al Làbas, in vicolo Bolognetti 2 – luoghi in cui è possibile lasciare beni o un contributo economico.
Insieme alle numerose raccolte fondi istituzionali organizzate sin dai primi momenti emergenziali, sono nate mobilitazioni dal basso fra cittadini, collettivi e nei quartieri
Insieme alle numerose raccolte fondi istituzionali organizzate sin dai primi momenti emergenziali – dalla regione Emilia-Romagna, dalla Croce Rossa e dai comuni colpiti, come quello di Bologna che ha diffuso un modulo per la ricerca di volontari per ripulire le strade danneggiate, salvo poi vedersi costretto a sospenderlo per le “troppe” richieste ricevute, più di 4 mila in poche ore, quando occorreva grosso modo qualche centinaio di paia di braccia nell’area metropolitana della città –, sono così nate mobilitazioni dal basso fra cittadini nei quartieri. Un’azione forte soprattutto da parte di ragazze e ragazzi under 30, che stride violentemente con l’immagine che vorrebbe diffondere chi li richiama all’ordine perché troppo impegnati in un imbellettato attivismo da copertina, piuttosto che occupati, nel pratico, a dare una mano lontani dai social media.
La “rete” di solidarietà – parola preferibile a “gara”, termine mediatico usato in modo errato perché nessuna iniziativa compete per arrivare prima delle altre – contribuisce poi ad accrescere una coscienza collettiva contro quelle “politiche del cemento” che per anni sono state messe in campo in Emilia-Romagna. Politiche promosse, nello specifico, anche nella zona metropolitana di Bologna, dove lo scorso 22 ottobre migliaia di persone hanno protestato contro l’allargamento del nodo autostradale e tangenziale previsto, e dove nei pressi del parco del Paleotto, secondo i comitati contrari all’opera, sono stati abbattuti 1157 alberi per la costruzione del nodo stradale di Rastignano. Proprio dove, nei giorni scorsi, il fiume Savena ha rotto gli argini causando il crollo di una parte della carreggiata e dove sono stati evacuati scantinati e piani terra per mettere in sicurezza i residenti.
Come osservano i volontari, ci sono due momenti: quello dell’azione e quello della riflessione. Ci sarà tempo e ci saranno altre sedi per approfondire i dati sul consumo di suolo nella regione, l’estremizzazione degli eventi atmosferici e le politiche nazionali, regionali e comunali sulla gestione del territorio: “Oggi ci rimbocchiamo le maniche, domani verremo a pretendere giustizia. Che è soprattutto giustizia climatica”.
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