“Non esiste che un Paese come il nostro si faccia dettare le scelte in materia di immigrazione da una Ong pagata da chissà chi per fare chissà cosa”, ha dichiarato il ministro dell’Interno italiano a proposito della Sea Watch 3. Aggiungendo che, per quanto lo riguarda, quella nave e i disperati che ospita possono rimanere al largo di Lampedusa “fino a Natale o Capodanno”, perché non sono un problema suo. Se ne deduce che l’Italia può farsi dettare le scelte in materia di immigrazione dai trafficanti di esseri umani abbastanza furbi da portare la loro “merce” fino ai confini delle acque territoriali e lì abbandonarli, perché vengano soccorsi dalla marina italiana. Se invece chi li trasporta, dopo averli soccorsi, è una Ong che non ci guadagna nulla, anzi ci mette del suo, salvo rischiare arresti e sequestro da parte delle autorità italiane, allora non va bene, anche se la sua richiesta di approdo in Italia (e di rifiuto di riportare il suo carico in Libia) corrisponde alla lettera alle regole internazionali che definiscono i porti sicuri e insicuri.
Con il braccio di ferro messo in atto questa volta il ministro dell’Interno sembra aver compiuto un passo ulteriore nella escalation anti-migranti e anti-umanità iniziata da che ha assunto le sue funzioni. Non basta più aver creato praticamente un deserto di umanità nel mare Mediterraneo, che profughi e aspiranti migranti economici continuano testardamente a voler attraversare in mancanza di alternative legali, lasciando di fatto solo ai pescherecci e alle navi mercantili che casualmente li incrociano di decidere se “vederli”, quindi se salvarli oppure no. Con il rischio che siano tentati di “non vederli”, perché non sanno se e quanto questo costerà loro in termini di accuse di fare il gioco degli scafisti, di collaborare al traffico di umani, di incappare nel “fermo” della nave o in multe. Non basta più neppure tenere in ostaggio i migranti sulle navi che li hanno salvati per fare pressione su altri Paesi (non quelli degli amici sovranisti, però) perché se li prendano loro, mentre ostinatamente non ci si siede al tavolo della riforma degli accordi di Dublino.
Si intende dare una “lezione esemplare” a chiunque si azzardi a voler salvare in mare un migrante senza trarne profitto: quei particolari migranti non devono metter piede in Italia, neppure in transito
Questa volta, infatti, nonostante il ministro dell’Interno ripeta che è una faccenda che riguarda i tedeschi e gli olandesi, perché tedesca è l’Ong che guida l’iniziativa di salvataggio e olandese è la bandiera della nave – uno schema cui era già ricorso altre volte in passato – rifiuta l’offerta di una città tedesca di accogliere tutti i migranti a bordo, così come rifiuta, sbeffeggiandolo, l’offerta dell’arcivescovo di Torino di provvedere lui, con la sua diocesi, all’ospitalità. Vuole dare una “lezione esemplare” a chiunque si azzardi a voler salvare in mare un migrante senza trarne profitto: quei particolari migranti non devono metter piede in Italia, neppure in transito. Se questo braccio di ferro produrrà atti di disperazione, gli potrebbe persino convenire. Potrebbe additare come colpevoli del disastro i migranti stessi, la Ong che li ha salvati, la stessa Unione europea. Inoltre, tenendo l’attenzione sui disgraziati della Sea Watch distoglie l’attenzione dai migranti portati dai trafficanti veri, così come da quelli, i cosiddetti “dublinanti”, che ci vengono rimandati da Germania, Svizzera e Francia, con il nostro consenso e in virtù dell’accordo di Dublino. Questa escalation ha dal punto di vista politico esclusivamente un valore simbolico, ma ha un costo intollerabile per le persone le cui vite sono così cinicamente strumentalizzate.
Eppure è affar nostro, dell’Italia come Paese e di noi tutti come cittadini che assistiamo impotenti allo strame quotidiano delle norme basilari di civiltà, senza che dal governo si levi una voce che dica che non si può agire così
Non sarà affar suo, ma è affar nostro, dell’Italia come Paese e di noi tutti come cittadini che assistiamo impotenti allo strame quotidiano delle norme basilari di civiltà da parte del ministro degli Interni, senza che dal governo, a partire dal premier Conte, si levi una voce che dica che non si può agire così; che l’Italia, pur con tutte le buone ragioni che può avanzare nei confronti sia dei Paesi di provenienza sia dell’Unione europea, non può andare contro le norme di diritto internazionale e prima ancora contro quelle di civiltà. Sono sicura che il presidente Mattarella stia mettendo in campo tutte le sue risorse di moral suasion. Ma credo che molti cittadini si sentirebbero confortati e rassicurati se la sua voce su questi punti arrivasse ancora una volta – dopo che già si era espresso chiaramente nei giorni scorsi, in occasione della Giornata del rifugiato – anche all’esterno. Coloro che ritengono del tutto normale il comportamento del ministro dell’Interno e il modo in cui ci rappresenta avrebbero qualche elemento di riflessione critica in più, se solo volessero coglierlo.
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