Osservando i candidati alle primarie socialiste francesi scontrarsi sul futuro budget della cultura in occasione del Festival di Avignone, i cinefili avranno forse pensato alla frase del Disprezzo di Godard: “Quando sento la parola cultura, metto mano al blocchetto degli assegni”. Le festività del 14 luglio sono state in effetti l’occasione per rilanciare il dibattito perenne sulla capacità dello Stato di aumentare il budget concesso al ministero della Cultura oltre la simbolica soglia dell’1%. Dibattito tanto più spinoso in tempi di crisi e di Revisione generale delle politiche pubbliche (Rgpp).
Su questo argomento, come su tanti altri, il dibattito tra i candidati è essenzialmente consistito nel prendere posizione in rapporto al progetto socialista, sia per meglio collocarsi al centro dello scacchiere della sinistra, sia per meglio evidenziare le differenze.
Se ad aver suscitato uno spunto di dibattito è la promessa generalmente giudicata eccessiva di Martine Aubry di aumentare dal 30% al 50% questo famoso budget, è proprio il contributo al progetto culturale del Ps che può servire come punto di partenza per un confronto sulle diverse politiche culturali proposte da ogni candidato. Il documento, composto da 17 pagine e ricco di ben 64 proposte più o meno concrete, poggia su sei assi principali: lo sviluppo dell’educazione culturale e artistica, il sostegno alla creatività, una nuova politica del patrimonio, un adattamento alla globalizzazione della cultura, la creazione di un servizio pubblico del digitale, la riorganizzazione dell’intervento pubblico fra Stato e collettività. La prima parte gode di un sufficiente consenso, tale da ottenere l’adesione del gruppo dei candidati socialisti. François Hollande, d’altronde, si attiene essenzialmente a questa base comune, con un tono sempre prudente. Ségolène Royal vi aggiunge una proposta già sperimentata in Poitou-Charentes, la regione che presiede: la creazione di un profilo di animatore culturale in ogni liceo, con il compito di sensibilizzare gli alunni sulla pratica e la conoscenza delle arti. Arnaud Montebourg, invece, vuole fare della cultura un vero servizio pubblico, senza aumentarne il budget ma fissando un prezzo unico, come per un libro, per ogni istituzione pubblica (teatro, danza, musei, mostre ecc.). Alla destra di questi tre candidati, Manuel Valls chiede che la Francia riveda la propria politica culturale tradizionale, troppo dipendente da un sistema di sovvenzioni pubbliche e dal mecenatismo dei privati. Egli si posiziona dunque agli antipodi di Martine Aubry, che difende non soltanto l’insieme del progetto che ha contribuito a creare da primo segretario, ma propone anche un aumento del budget della cultura da 200 a 250 milioni di euro in cinque anni, grazie alla de-fiscalizzazione del lavoro straordinario.
Dal momento che il dibattito delle primarie si è spostato sul terreno della credibilità economica della sinistra, è dunque poco sorprendente constatare che la politica culturale venga affrontata sotto l’aspetto quasi esclusivo del finanziamento. I candidati hanno allo stesso tempo bisogno di rassicurare gli attori del mondo della cultura, e in particolare del teatro, che non si può fare a meno delle sovvenzioni pubbliche e di mostrare che sono consapevoli del potenziale delle industrie culturali e della loro espansione sul web. Ciò spiega la prudenza della maggior parte dei candidati e la sottigliezza delle sfumature che distinguono le loro rispettive posizioni.
Prudenza che potremmo qualificare come paura quando si tratta di affrontare numerosi problemi endemici negli ambienti culturali: la questione in sospeso dello stato dei precari dello spettacolo, l’efficacia reale del sistema di sostegno al teatro; la capacità di dialogo tra artisti, sindacati e istituzioni pubbliche; il nepotismo di alcune istituzioni culturali… Francis Blanche esprime senza dubbio meglio di Godard il comportamento che adottano i candidati della sinistra riportando questa frase: "Io sono un non-violento: quando sento parlare di revolver, tiro fuori la mia cultura" (Pensées, répliques et anecdotes).
(Traduzione di Elisa Muscarnera)
Riproduzione riservata