In Germania Ferragosto è un giorno come un altro. Le scuole, che in alcuni Länder sono riprese già il 5 agosto, restano aperte regolarmente e non c’è aria di vacanza. La cancelliera Angela Merkel le sue ferie le ha finite da diversi giorni. Dopo essersi fatta riprendere con il marito a passeggio in alta quota (“la montagna mi rilassa e mi aiuta a pensare”, ha dichiarato alla “Süddeutsche Zeitung” dopo un’escursione ai piedi dell’Ortles, a 3000 metri di quota), è al lavoro nel pieno della campagna elettorale, in vista del voto per il rinnovo del Bundestag (il 22 settembre).
Anche durante la sua visita a Lubecca del 15 agosto è parsa sicurissima del vantaggio che le viene accreditato, basato in gran parte sulla sua straordinaria capacità di presentarsi nei confronti dei propri connazionali come la migliore protettrice degli interessi di un Paese che appare a molti circondato da antipatia e in alcuni casi vera e propria ostilità. Con qualche venatura “populistica” (l’aggettivo è utilizzato dai media tedeschi, a cui farebbe bene qualche mese di politica italiana, N.d.R.) la sua azione in campagna elettorale, in effetti, sembra in grado di sbaragliare la concorrenza. Così, cantare a squarciagola l’inno nazionale nella storica piazza del mercato di Lubecca è da considerarsi poco più di un peccato veniale. Soprattutto se il comizio si chiude con un invito garbato come questo: “vi chiedo di votarmi perché vorrei continuare a essere la vostra Cancelliera”. Sono davvero lontani anni luce i tempi delle incertezze di Kurt-Georg Kiesinger, che nel 1969 perse il posto da Cancelliere a vantaggio di Willy Brandt. Ma Angela Merkel non rappresenta la Cdu: è la Cdu.
Del resto la regina della Germania, come alcuni hanno definito l’attuale Kanzlierin, sembra essere perfettamente a suo agio anche in una città tradizionalmente socialdemocratica come Lubecca, patria non solo di Thomas Mann, ma anche di quel Willy Brandt cui sta per essere intestato il nuovo e assai discusso aeroporto della capitale Berlino. Sarà dunque interessante vedere il risultato che Peer Steinbrück, leader dei socialisti, riuscirà a raccogliere in particolare nella città anseatica.
Attraversare la Germania a un mese dal voto colpisce per la compostezza della propaganda, fatta eccezione per gli slogan delle estreme. Abituati all’abbondante presenza di manifesti elettorali su improvvisati stativi fatti di tubi innocenti (il cui affitto, come ci ha insegnato il caso del terremoto dell’Aquila, si paga a “nodi”), colpisce la presenza di piccoli, per lo più, manifesti discreti, montati in prevalenza sui pali della pubblica illuminazione, e a carico degli stessi partiti.
Molti temi sono comuni, soprattutto tra Spd e Cdu: la questione energetica (che ovviamente è sempre uno degli argomenti più cari ai Grünen (dati ormai stabilmente sopra al 15%), la famiglia (e qui il populismo, quello vero, si spreca), il lavoro. Certo, Merkel nei suoi discorsi mette l’accento sul fatto che alla fine "sono poi gli imprenditori che creano posti di lavoro", mentre Steinbrück sembra ancora ricordarsi che il suo partito ha origine in un partito dei lavoratori. E a sinistra si scivola facilmente nella retorica rivoluzionario, tanto da arrivare a citare Marx e le sue locomotive (“Revolutionen sind die Lokomotiven der Geschichte”).
Al voto tedesco manca poco più di un mese. Ed è un appuntamento straordinariamente europeo, dalla rilevanza che va ben al di fuori dei confini della grande Germania; al quale, di conseguenza, occorrerebbe guardare con molta più attenzione di quella che tradizionalmente si riserva agli appuntamenti elettorali dei nostri cugini europei. Del resto, anche in Germania, i sondaggi non sono infallibili, e in molti consigliano di aspettare prima di dare per scontato l’esito del voto.
Proprio per l’importanza del rinnovo del Bundestag, sul numero 5 del Mulino che uscirà a giorni abbiamo dedicato un blocco di articoli al tema. Nel frattempo, a questo link, è possibile vedere qualche immagine dei manifesti elettorali di cui si parla in questa breve nota.
Riproduzione riservata