Ricordo bene la mattina del 2 maggio 1997. Mi sono svegliato tardi, quando la luce del sole, che da qualche tempo illuminava il prato, ha cominciato a filtrare attraverso le finestre della casa di Loughborough dove avevo passato la notte. Per qualche minuto sono rimasto sospeso, tra la realtà di quei raggi, così brillanti e intensi, e i suoni e le immagini della sera prima che mi tornavano in mente come frammenti di un film. Le risate quando il cronista della Bbc ha annunciato che Loughborough, the middle of middle England, era uno dei seggi in bilico tra i Tory, da sempre forti in quella parte del Paese, e il Labour. Le riprese dall’alto dei locali dove avveniva lo spoglio delle schede, poi le prime notizie: «i Tory sono in difficoltà», «buon risultato del Labour», «è netto vantaggio», e infine quell’espressione entrata nella storia: landslide.
Una valanga che travolse 18 anni di supremazia del Partito conservatore, portandosi con sé trenta membri del governo di John Major e un gran numero di parlamentari. La peggiore sconfitta dei Tory dal 1906, la più grande maggioranza del Labour da quando il partito era entrato in Parlamento. Negli anni seguenti, con le persone presenti quella notte, abbiamo spesso rievocato quello che tutti chiamano ancora oggi the Portillo moment. Michael Portillo era uno dei ministri Tory.
Un uomo brillante ma straordinariamente arrogante, come talvolta sono gli esponenti di quel partito, cui gli osservatori pronosticavano un grande futuro, forse persino da leader conservatore e primo ministro. Quando abbiamo udito i risultati di Enfield South che ne sancivano la sconfitta, un urlo di gioia si è levato spontaneo. C’era chi piangeva, chi si abbracciava e chi nella foga versava birra sul tappeto. Io gioivo della felicità altrui e pensavo alle elezioni italiane. Come era diversa la politica da noi.
Riproduciamo qui l'incipit dell'articolo di Mario Ricciardi pubblicato sul “Mulino” n. 1/15, pp. 56-62. L'articolo è acquistabile qui.
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