I giornali riportano i risultati dei ballottaggi e quelli complessivi delle elezioni amministrative, insieme ai primi commenti dei politici e degli esperti - anche se bisognerà attendere le analisi dell’Istituto Cattaneo per una valutazione più approfondita. Chi si collega a questo sito si sarà pertanto fatto una sua idea e non è necessario entrare nel dettaglio; vorrei solo ricordare due cose ovvie che tuttavia è opportuno tenere a mente quando si cercano di identificare le tendenze di un prossimo futuro: una generale e l’altra relativa a queste elezioni. La prima è che non è facile separare circostanze locali da influenze profonde e che possono permanere anche nelle prossime elezioni politiche; la seconda è l’enorme astensionismo, che lascia la possibilità di notevoli sorprese qualora, in elezioni politiche più motivanti, gli astenuti tornassero a votare. Ricordato ciò, va detto che i tre risultati evidenti sono il crollo dei partiti di centrodestra che ci hanno governato fino al novembre scorso, Pdl e Lega; il successo del Pd e delle coalizioni che ha costruito; l’emersione di un nuovo soggetto politico, il Movimento 5 stelle, cui già sull'ultimo numero del "Mulino" Federico Fornaro aveva dedicato un'analisi approfondita e su cui torna ora in queste pagine online.
Se io fossi in Bersani non sbandiererei però con tanta soddisfazione il grafico a istogrammi che mostra come sia cambiata a favore del centrosinistra la distribuzione dei governi locali, cosa che assomiglia molto a una reazione di sollievo per lo scampato pericolo. Il successo non è dovuto, a quanto sembra, alla rottura della diga che ha sinora impedito il travaso di voti dal centrodestra al centrosinistra, ma alla demotivazione e all’astensionismo degli elettori di Pdl e Lega: a Parma, pur di non far vincere un esperto amministratore Pd, i voti in uscita da quei due partiti - impresentabili dopo i disastri che avevano provocato - si sono riversati sullo sconosciuto candidato grillino. La diga resiste, dunque. E rimane, anzi si è approfondito, un clima di sfiducia e di disprezzo nei confronti dei partiti, di quelli che hanno animato “il teatrino della politica” della Seconda Repubblica: Berlusconi e Bossi hanno evocato il demone dell’antipolitica e questo, dopo che per loro è diventato risibile presentarsi come “non politici”, e come politici hanno governato così male, li ha trascinati all’Inferno. Regge ancora il Pd, ma il demone gli sta alle calcagna.
Sono questi i due grandi problemi - ridare un senso comprensibile e ragionevole, vicino a quello che prevale in altri Paesi democratici, alla distinzione destra/sinistra e sconfiggere il demone dell’antipolitica - che affrontano i partiti nel breve intervallo tra le amministrative appena svoltesi e le prossime politiche. E a entrambi va data risposta in una situazione di ristagno economico durevole e di sofferenza sociale crescente, una situazione in cui gran parte dei cittadini non ha capito che le scelte politiche del passato si sono mangiate un bel pezzo del futuro e chiede alla politica di oggi soluzioni miracolistiche. Quando un numero così grande di persone fa sempre più fatica a sbarcare il lunario, occorre un Churchill con i nazisti alle porte per fare accettare sudore, lacrime e sangue. E nazisti alle porte per fortuna non ce ne sono: c’è un lento slittamento verso il ristagno le cui origini i cittadini non hanno capito e le cui cure rifiutano. Problemi difficilissimi, dunque.
Più difficili per il centrodestra. Era ben noto che il passaggio dal carisma all’istituzione, da un capo populista a un partito “normale”, non è mai facile, e non mi sembra probabile che Angelino Alfano e Roberto Maroni riescano ad attuarlo rapidamente, se mai ci riusciranno in tempi lunghi. E soprattutto ad attuarlo bene, riducendo gli appelli all’estremismo, al populismo e all’antipolitica cui Berlusconi e Bossi si erano affidati, comportandosi da leader di partiti affidabili che vorrebbero governare nella situazione che ho descritto. Le prime mosse non sembrano andare in questa direzione: se in passato si criticava il centrosinistra per la sua ossessione antiberlusconiana, oggi quanto resta del centrodestra sembra ancora aggrapparsi alla simmetrica ossessione anticomunista: allearsi con tutti, anche con i grillini, purché non vincano i rossi. Insomma, l’inadeguatezza della destra italiana, che Ernesto Galli della Loggia ha analizzato sull’ultimo numero del "Mulino" nelle sue profonde radici storiche, sta sempre con noi.
Ma sono problemi non facili anche per il Pd e il centrosinistra. Mi auguro che il Pd possa continuare ad appoggiare Monti, sapendo resistere alla tentazione di defezionare, anche se la crescita non riparte e le reazioni negative contro le misure del governo si faranno più forti. Ma al tempo stesso il Pd, come partito che probabilmente farà parte della prossima coalizione governativa, dovrebbe sforzarsi di far capire agli italiani perché li aspetta un futuro non breve di difficoltà e come intende impegnarsi per distribuirle in proporzione alla capacità di sopportarle. E su quali leve realistiche intende puntare per stimolare la crescita. E’ vero che gli italiani protestano, ma cominciano anche a capire quanto sia grave la situazione e quanto sia importante avere al governo gente seria. A questa immagine di serietà è poi indispensabile aggiungerne una di onestà e di sobrietà. Fare proposte dure e concrete contro l’illegalità e la corruzione e, se queste non sono accettate dall’insieme della coalizione che sorregge Monti, denunciare chi ne porta la responsabilità e impegnarsi a ripresentarle nella prossima legislatura. Infine, per le iniziative che non richiedono atti legislativi, ma solo una decisione propria, agire unilateralmente: ad esempio, rinunciare a parte dei rimborsi o dei finanziamenti cui avrebbe titolo. Forse questi sacchetti di sabbia non basteranno a contenere la piena antipolitica di oggi. Ma perché non tentare?
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