Dal Patto del Nazareno in avanti, molti critici dell’attuale pacchetto di voti che ha dato sostegno all’azione del governo Renzi (da ultimo alla Camera con lo sdoganamento dell’Italicum) hanno riconosciuto l’emergere di una nuova formazione politica “trasversale”, che ha le sue fondamenta nel Pd del segretario-premier e nella sua maggioranza: lo hanno chiamato il Partito della Nazione. Il futuro ci dirà, a breve, quanto sia fondato il timore di alcuni, che vedono in un raggruppamento del genere il rischio di compromettersi inglobando rappresentanti di formazioni politiche troppo distanti per storia e cultura dallo spirito originario del Partito democratico, cattolico, socialista e liberale.
Intanto, lasciando la consueta attenzione alla scena nazionale e cercando di non perdere di vista quanto accade su quella locale, possiamo assistere a sorprendenti e mirabolanti giravolte di candidati che decidono improvvisi ma meditatissimi cambi di casacca e alleanze sino a poco tempo fa ritenute quantomeno discutibili. Con effetti a volte grotteschi. Uno sguardo lontano dalla politica romana, ci permette di scoprire, ad esempio, candidati di Forza Italia che devono la loro nomina alle primarie fatte sotto l’egida del Partito democratico. Come nel caso di Agrigento, dove alle primarie di coalizione del centrosinistra trionfa Silvio Alessi, imprenditore e presidente della locale squadra di calcio (l’Akragas, che milita nel campionato di serie D). «Alessi proviene dal centrodestra, è molto gradito a Forza Italia e appoggiato dai vertici locali del partito di Berlusconi. Inoltre, in campagna elettorale per le primarie Alessi si è espresso in questi termini sulla mafia: “Non ne so parlare, non penso sia presente qui. Ad Agrigento ci sono disagio sociale e microcriminalità, questo sì”». Dopo i primi, timidi tentativi di difendere un simile vincitore delle primarie, il Partito democratico agrigentino (che nel frattempo registra pure le dimissioni del suo segretario, colpevole di essersi incontrato in privato con Silvio Berlusconi), propone la candidatura all’ex presidente della regione Sicilia Angelo Capodicasa, “iscritto al Partito comunista italiano sin dall'età di 13 anni”. Ma Capodicasa, da vero comunista di una volta, rifiuta. A Forza Italia non pare vero di avere un candidato che già ha passato con successo le primarie (seppure del centrosinistra) e così sceglie di nominare per proprio conto Alessi, abbandonato dal Pd. Quel Pd che nel frattempo però si ritrova a sua volta senza candidato ed è “costretto” a ripiegare su Calogero Firetto, sindaco di Porto Empedocle originario di Agrigento, ma esponente Udc, fino ad allora dato per favorito come rappresentante unitario del centrodestra. Una bella giravolta, insomma. Anche tra i candidati a presidente di regione troviamo casi interessanti. Come ad esempio quello della regione Marche, dove Gian Mario Spacca, dopo due mandati da presidente nelle file sempre del Partito democratico, decide di tentare un terzo mandato con una propria lista sostenuta dal centrodestra e in opposizione al candidato del Pd.
Viene da chiedersi che cosa potrà accadere, di giravolta in giravolta, da qui alla primavera 2016, quando in alcuni grandi centri molti cittadini saranno chiamati al voto per eleggere il loro sindaco. Già qualcosa si muove anche su questo fronte, però. In vista delle prossime elezioni amministrative a Bologna, in un paese dell’hinterland, Castenaso, il sindaco Stefano Sermenghi, renziano di ferro (noto alle cronache per avere voluto in Giunta la sorella del premier, nientemeno), ha deciso di registrare il marchio di una nuova lista civica, ovviamente “trasversale”. Si chiamerà “Prima Bologna”. Curioso che lo abbia fatto con l’ex leghista Manes Bernardini, noto alle cronache per le sue posizioni non proprio progressiste, a cominciare dalle crociate anti-rom, tanto apprezzate dalla destra locale.
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