Sarà vero, come ci viene raccontato negli ultimi mesi, che l’Italia sta reagendo meglio di molti altri Paesi alla crisi. Tuttavia, pur tenendo conto di una situazione estremamente complicata su molti fronti e in molti Paesi, per una volta conviene lasciare da parte l’analisi comparata e concentrarsi sui dati italiani. La ricorrenza del primo maggio, al di là delle polemiche suscitate dalla decisione presa da alcune amministrazioni di permettere l’apertura degli esercizi commerciali, porta a parlare di disoccupazione. Su base annua (dati Istat di fine aprile) siamo all’8,8 per cento. Il tasso di disoccupazione giovanile è pari al 27,7 per cento, in aumento di 2,9 punti rispetto a marzo 2009. Il numero delle persone in cerca di occupazione risulta pari a 2 milioni e 194.000 unità, in crescita del 2,7 per cento (58.000 in più) rispetto al mese precedente e del 12 per cento (236.000 in più) rispetto a un anno fa. Cifre che, da sole, dovrebbero mitigare gli ottimismi.
Molti, tanti, pure in questi primi mesi del 2010 perdono il lavoro: prepensionamenti, cassa integrazione, mobilità. Anche marchi storici dell’industria italiana, piccoli pezzi del Made in Italy e del «mitico» carattere imprenditoriale italiano, fondato sull’impresa familiare, sulla creatività, sulla forza del territorio si stanno sgretolando.
L’immagine che campeggia sulla copertina del numero 2 del «Mulino», uscito da pochi giorni, ci impone di affrontare una storia, fra le tante a disposizione. Nasce nel 1919, quando Alfonso Bialetti apre un’officina per la produzione di semilavorati in alluminio, che diventa presto un atelier per la produzione di prodotti finiti. Il 1933 è l’anno della Moka, che com’è noto rivoluziona il modo consueto di preparare il caffè casalingo. Grazie a Carosello, e soprattutto all’«omino coi baffi» uscito dalla matita di Paul Campani, il successo è grande.
Successivamente il raggio d’azione dell’azienda si allarga, sino a comprendere pentole e padelle, ma sempre all’insegna della qualità. E del Made in Italy. Nel 1993 Rondine acquisisce Bialetti. Attualmente Bialetti Holding, oltre naturalmente a Bialetti, distribuisce i marchi Girmi, Aeternum, Rondine e Cem. All’apparenza, dunque, un gruppo importante e significativo. Eppure ora l’azienda ha deciso di chiudere lo stabilimento di Crusinallo di Omegna e di mettere in mobilità tutti i 132 dipendenti, spostando all’estero la produzione. La trattativa con i sindacati, per i quali l’azienda non è colpita più di altre dalla crisi ma la usa in modo strumentale per delocalizzare, si aprirà il 12 maggio prossimo; intanto la nuova giunta regionale (che ha annunciato il varo di un pacchetto straordinario contro le delocalizzazioni) ha promesso di mediare con le banche con cui l’azienda sembra essere maggiormente esposta.
Ovviamente e purtroppo questo è solo un esempio fra i tanti di un’Italia industriale che poco alla volta scompare (si pensi anche alla faentina Omsa, del gruppo Golden Lady di Castiglione delle Stiviere: 350 dipendenti, produzione che verrà spostata in Serbia). Di un’Italia che dovrebbe godere di buona salute ma che in realtà è in sofferenza in molte aree. E che vede fortemente colpite soprattutto alcune classi sociali. Difficile prevedere quanto questi processi di delocalizzazione potranno essere fermati. E quanti tra coloro che perderanno il lavoro potranno trovarne uno nuovo, anche in settori diversi da quelli dell’impiego precedente.
In attesa degli sviluppi, per Bialetti e per tutte le altre aziende in difficoltà, una cosa è certa: noi, il caffè, lo preferiamo fatto con la Moka.
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