Il rinnovo generazionale e il processo di invecchiamento dei conduttori di aziende agricole si intrecciano profondamente e caratterizzeranno le trasformazioni strutturali e territoriali dell’agricoltura italiana nei prossimi decenni. Il dato più evidente del continuo invecchiamento emerge dal Censimento dell’Agricoltura del 2020: oltre il 57% dei conduttori ha più di 60 anni (erano il 50% nel 2010) e fra questi aumentano gli ultrasettantacinquenni, che gestiscono ancora oltre un quinto delle aziende agricole italiane (23% rispetto al 20% del 2010).
L’analisi delle aziende “giovani”, con un conduttore al di sotto dei 40 anni, si inserisce in questo contesto che rende ancora più rilevante la conoscenza della loro realtà e le difficoltà che incontrano, al fine di evidenziare gli elementi di rottura con il passato, ma soprattutto per capire come potranno contribuire allo sviluppo del mondo agricolo nei prossimi decenni.
Le aziende con conduttori giovani non sono molte: appena 105 mila, meno del 10% delle aziende agricole italiane (12% nel Nord Ovest e 8% al Sud); rispetto al 2010 sono diminuite in misura superiore (-44%) alla media nazionale delle aziende (-30%). Il calo è stato però sensibilmente inferiore nel Nord e nel Centro rispetto al Mezzogiorno e alle Isole, dove sono quasi dimezzate.
Questa realtà può essere più facilmente compresa guardando al processo di trasmissione delle aziende agricole in Italia. Le maggiori informazioni censuarie del 2020 hanno messo in evidenza come l’origine delle aziende agricole, condotte da singoli imprenditori o da società di persone, derivi sostanzialmente dalla trasmissione intergenerazionale all’interno della famiglia, aspetto che caratterizza l’intera agricoltura italiana, da Nord a Sud. Quasi i tre quarti (72%) delle aziende giovanili derivano da precedenti aziende famigliari o di parenti, rilevanza che sale all’82% in quelle con conduttore di oltre 40 anni. Le difficoltà nel ricambio generazionale all’interno della famiglia agricola, non solo nelle aree montane e interne, sono influenzate dalle norme relative alla successione ereditaria. Per sopperire all’inadeguatezza della disciplina sulle successioni e recepire le raccomandazioni provenienti dalla Ue, con la legge n. 55 del 2006 è stato introdotto l’istituto del Patto di famiglia, un’eccezione al divieto di patti successori, al fine di garantire la continuità dell’azienda agricola ed evitare la frammentazione fondiaria, con particolari agevolazioni fiscali, ma, come vedremo, anche con altri successivi provvedimenti.
Quasi i tre quarti (72%) delle aziende agricole con conduttori giovani derivano da precedenti aziende famigliari: la creazione di “nuove aziende” è dunque ancora minoritaria, specie nel Mezzogiorno
La creazione di “nuove aziende”, al di fuori del circuito famigliare, è dunque ancora minoritaria: quasi 210 mila aziende (meno del 18% del totale), ma con significative differenze territoriali, che vanno dal 25% nel Nord Ovest a soltanto il 16% nel Sud. Questo percorso è però molto più rilevante per gli under 40 (28% delle aziende), ma anche fra i giovani le differenze territoriali si amplificano: 35% nelle regioni del Centro-Nord, contro il 23% nel Mezzogiorno.
I punti di forza dei giovani conduttori. In questo contesto di una agricoltura che cambia, ma dove l’eredità del passato si fa ancora sentire, i giovani conduttori evidenziano segni di una profonda rottura rispetto ai decenni precedenti. Le loro aziende sono caratterizzate dalla rilevanza delle terre prese in affitto, da un livello di istruzione superiore, dalla maggiore presenza dell’informatizzazione, dalla diversificazione delle attività produttive, anche non agricole, e da una maggiore propensione agli investimenti. Benché queste caratteristiche si differenzino a livello territoriale, come vedremo.
Le maggiori dimensioni delle aziende giovani derivano dal consistente ricorso alla terra in affitto, che supera il 60% della loro superficie, a cui si aggiunge anche l’uso gratuito dei terreni. La proprietà della terra scende ad appena il 27% della superficie aziendale, in gran parte per le difficoltà di accedere a un mercato fondiario caratterizzato da elevate quotazioni: 47 mila euro a ettaro nel Nord Ovest e 35 mila nel Nord Est, rispetto a 5 mila in media nel resto di Italia (dati 2023 del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria). Di fronte a questi valori l’affitto risulta il principale strumento per assicurare uno sviluppo di imprese efficienti e moderne, anche se i canoni, seppur differenziati a livello regionale, sono tra i più elevati nella Ue. La prevalenza dell’affitto fra i giovani è diffusa in tutte le circoscrizioni; del resto, nel 2020 è diventato la principale forma di gestione della terra nell’agricoltura italiana, superando, per la prima volta, quella della proprietà. Fra i conduttori con oltre 40 anni di età la proprietà della terra risulta però ancora oggi prevalente.
Nel corso del tempo, e in particolare negli anni Duemila, il livello di istruzione dei conduttori agricoli italiani è decisamente aumentato, mentre sono quasi spariti quelli senza alcun titolo e con la licenza elementare: oltre il 60% è diplomato e il 19% laureato, con una rilevanza non trascurabile di studi a indirizzo agrario. Fra conduttori di oltre 40 anni, invece, è ancora prevalente il titolo di licenza media (36%), seguito da quello della scuola elementare (27%), mentre i diplomati e laureati sono meno della metà.
Il livello di formazione dei giovani è quasi ovunque elevato, ma permangono differenze territoriali: quelli con un diploma di scuola superiore o laureati salgono all’89% nel Nord, per scendere all’84% nel Centro e 75% nel Mezzogiorno. Significative sono anche le differenze fra i diplomati: nel Nord sono quasi il 70%, rispetto al 60% nelle regioni centrali e al 57% nel Mezzogiorno. Le differenziazioni si accentuano nella formazione a indirizzo agrario, che nelle regioni settentrionali riguarda quasi la metà dei laureati e il 38% dei diplomati, mentre nel Mezzogiorno scendono a meno di un quarto.
Oltre 35 mila aziende giovani (circa 35% del totale) utilizzano l’informatizzazione, valore quasi il doppio rispetto alla media nazionale, ma ben oltre la metà sono concentrate al Nord (58%) e solo il 20% nell’intero Mezzogiorno. Le principali attività sono però simili, con la forte prevalenza della tenuta della contabilità (circa il 75%), mentre molto meno rilevanti sono quelle relative alla gestione delle attività agricole e degli allevamenti.
I livelli di istruzione dei conduttori e di informatizzazione aziendale influiscono sulla diversificazione delle attività produttive: il 12% delle aziende giovani ha investito in ospitalità agrituristica o nella trasformazione dei propri prodotti
I livelli di istruzione dei conduttori e di informatizzazione aziendale influiscono non poco sull’imprenditorialità e in particolare sulla diversificazione delle attività produttive. Oltre 12 mila aziende giovani (12%) hanno almeno una “attività connessa”, anche non agricola, rispetto ad appena il 5% di quelle con conduttori di oltre 40 anni. La diversificazione riguarda l’agriturismo e le prime lavorazioni di trasformazione di prodotti (circa il 67% delle aziende) e, in minor misura, i servizi agricoli per le altre aziende e la produzione di energia da fonti rinnovabili. Le differenze territoriali sono molto significative: la metà dei conduttori giovani con altre attività è concentrata nelle regioni settentrionali, dove rappresentano il 20% delle aziende giovanili, mentre nel Mezzogiorno la loro presenza scende al 6%.
Una maggiore dinamicità dei giovani agricoltori si esprime anche nei rapporti con il mercato, sia per il minor rilievo dell’autoconsumo famigliare della produzione aziendale (23%), sia per il maggior ricorso alla vendita sui mercati, a cui destinano oltre il 50% del valore della loro produzione. Occorre ricordare che l’autoconsumo totale dei prodotti aziendali assume ancora oggi una particolare rilevanza nelle regioni del Mezzogiorno, con oltre 218 mila aziende.
Le sfide da affrontare per un ricambio generazionale. I conduttori giovani, nonostante la loro presenza limitata, rappresentano dunque un forte elemento di dinamismo nelle trasformazioni aziendali italiane, soprattutto nel nuovo millennio. Da un lato concorrono al consistente aumento delle dimensioni medie aziendali, con il consolidarsi del ricorso all’affitto della terra, e alla creazione di nuove aziende al di fuori del tradizionale circuito famigliare. Dall’altro concorrono ai processi di diversificazione delle attività in agricoltura, a cui si aggiungono una maggior apertura ai mercati e alle innovazioni, in conseguenza del maggior livello di istruzione e di informatizzazione.
Poiché nell’ultimo decennio l’auspicato ricambio generazionale non si è rafforzato, e anzi il numero dei giovani conduttori è diminuito, occorre riflettere su quali ostacoli hanno rallentato il processo di rinnovamento. Come accennato in precedenza, in Italia è stato introdotto il Patto di famiglia nel 2006, che consente al conduttore di trasferire in vita, in tutto o in parte, l’azienda (o le eventuali partecipazioni societarie) a uno o più discendenti, con il consenso degli altri aventi diritto alla successione. La necessaria liquidazione degli altri eredi, anche dilazionata nel tempo, rappresenta però uno dei problemi principali per il conduttore giovane, che potrebbe avere difficoltà nel disporre delle risorse finanziarie necessarie. Nel 2014, per garantire la continuità dell’azienda e per cercare di superare questi ostacoli, è stata introdotta la procedura rent to buy, in cui si fondono due contratti (la locazione e il preliminare di vendita) per consentire l’immediata disponibilità dell’azienda, lasciando all’affittuario la scelta di esercitare o meno l’opzione di acquisto, imputando sul prezzo di vendita le somme già versate per i canoni. Gli elevati canoni di affitto si aggiungono alle difficoltà di ottenere prestiti, soprattutto a lungo termine, e determinano gli ostacoli che un giovane incontra sia nella creazione sia nella prosecuzione dell’attività agricola famigliare.
Nella Politica agricola comunitaria (Pac) già dagli anni Duemila ci si è posti il problema del crescente e persistente invecchiamento dei conduttori, introducendo incentivi per un ricambio generazionale. Nella nuova stagione di programmazione 2023-2027 la Ue ha richiesto agli Stati membri di analizzare l’interazione tra le loro normative in tema di sgravi fiscali, accesso al credito, affitto e successione ereditaria con le misure adottate nei loro Piani strategici nazionali (Psn) per l’attuazione della Pac. Nel Psn italiano l’indirizzo prevalente a favore dei giovani è stato la continuazione degli strumenti già utilizzati in passato.
Per i giovani, i pagamenti diretti di base a ettaro per il sostegno al reddito aziendale (Primo pilastro Pac), pur essendo incrementati, hanno ancora una scarsa rilevanza sul totale dei finanziamenti; inoltre, l’intervento rischia di essere vanificato perché, come abbiamo visto, gran parte della terra gestita dai giovani è in affitto o in uso gratuito (oltre i due terzi).
Per il Secondo pilastro nei Piani di sviluppo rurale (Psr), la cui definizione e gestione spetta alle Regioni, gli interventi sono suddivisi fra tre macro-aree: Sostegno al reddito e competitività, Ambiente e clima, Sviluppo del territorio rurale, a loro volta articolate in nove Obiettivi specifici. Anche nella nuova programmazione le risorse finanziarie sono destinate in prevalenza alle prime due aree tematiche, mentre per lo Sviluppo territoriale, come nel passato, i finanziamenti sono ancora minoritari, senza dimenticare le maggiori difficoltà e i ritardi incontrati nell’attuazione. Uno sviluppo socioeconomico territoriale equilibrato è però fondamentale per favorire l’inclusione sociale, la riduzione della povertà e in particolare per superare l’isolamento delle zone rurali.
All’interno dello Sviluppo territoriale è inserito un Obiettivo specifico per “Attrarre i giovani agricoltori e facilitare l’attività imprenditoriale nelle zone rurali”. Non si può però non ricordare che nella passata programmazione gli interventi per il primo insediamento hanno trovato le maggiori difficoltà di attuazione proprio per gli ostacoli incontrati per ottemperare ai requisiti richiesti, mentre la maggiore partecipazione giovanile si è registrata per gli interventi più facilmente perseguibili (ammodernamento e ristrutturazione aziendale, in particolare meccanizzazione, nonché diversificazione delle attività). Dovrà essere compito delle Regioni valutare il percorso da adottare per favorire un effettivo insediamento di giovani. Inoltre, per i giovani non vi è una interrelazione specifica né nella promozione delle filiere alimentari, né soprattutto negli interventi per l’ambiente e il clima.
Per un ricambio generazionale in agricoltura l’auspicata interazione fra le misure di sostegno al reddito della Pac e quelle per lo sviluppo rurale è dunque ancora difficile da essere individuata e soprattutto implementata, non fosse altro per i diversi livelli istituzionali interessati e per le conseguenti difficoltà operative e gestionali. Ancora più distanti sono le sinergie necessarie con le Politiche regionali di Coesione e Sviluppo sociale, che nel 2023-2027 superano ampiamente le risorse destinate alla Pac e risorse naturali. A tutto ciò si aggiunge la necessaria integrazione con le norme nazionali che regolamentano i processi di successione ereditaria e soprattutto di accesso al credito, già ricordati in precedenza.
Infine, un aspetto di rilievo riguarda la formazione dei giovani conduttori. Vi è infatti la necessità non solo di ampliare la presenza di diplomati e laureati a indirizzo agrario, ma più in generale la creazione delle nuove “competenze” necessarie per operare in uno scenario difficile e in continua trasformazione. Da un lato vi è la necessità di implementare i centri di formazione rivolti al prolungamento delle attività di laboratorio e approfondimento tecnologico oltre il diploma, che dovranno superare il grande divario ancora esistente fra Nord, Centro e soprattutto Mezzogiorno. Dall’altro, all’interno di una riforma complessiva dei curricula scolastici, la recente proposta della creazione di un liceo del Made in Italy, imperniata, secondo le dichiarazioni, anche sugli istituti agrari, risulta limitata e ancora settoriale. Vi è invece l’esigenza di superare questo approccio attraverso la creazione di un liceo non solo rivolto alla formazione economica e sociale ma con un approccio multidisciplinare in campo agroalimentare, tenendo presente che i conduttori agricoli del futuro dovranno operare in mercati sempre più ampi, caratterizzati da una stretta integrazione a livello europeo e con il resto del mondo.
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