Siamo incappati in un cortocircuito dal quale fatichiamo a uscire, o almeno a molti sembra sia così. Da un lato disponiamo di una quantità di informazioni come mai in passato, dall’altro non riusciamo a mettere a frutto questa massa di dati e notizie se non in piccola parte e, complice un uso il più delle volte frettoloso e superficiale dei mezzi di cui disponiamo, fatichiamo ad accrescere le nostre competenze rispetto alle vicende che ruotano intorno a noi. Questo fa sì che molti (a torto o a ragione) considerino l’opinione pubblica malamente informata. E dunque potenzialmente dannosa per i sistemi democratici che, poco alla volta, sembrano avere messo ai margini le élite di un tempo senza prima essersi preoccupati di sostituirle con nuove, più aggiornate classi dirigenti.
La rapidità con cui le forme di consenso sono state rielaborate e incanalate in nuovi strumenti ha colto di sorpresa chi era abituato a ragionare secondo le categorie classiche della comunicazione, rimettendo in gioco il tema dell’alfabetizzazione digitale. Che oggi appare più che mai decisivo. Servono quelle capacità di scelta e valutazione dei contenuti che sono state definite in vario modo e che qui, per sintesi, possiamo chiamare «competenze digitali critiche» (si veda M. Gui e G. Argentin, Digital Skills of Internet Natives, «Media, Culture & Society», n. 13, settembre 2011, pp. 963-980).
Già nei primi anni Duemila alcuni studiosi avevano messo in evidenza come la dicotomia connessi/non connessi, che ora per molti Paesi potremmo aggiornare in connessi bene/connessi male, non fosse più adeguata per descrivere le differenze e le conseguenti diseguaglianze rispetto ai media digitali (cfr., ad esempio, E. Hargittai, Second- Level Digital Divide: Differences in People’s Online Skills, «First Monday», vol. 7, n. 4/2002 e J. Van Dijk, The Deepening Divide: Inequality in the Information Society, Sage, 2005). Ma a lungo la questione delle diseguaglianze nell’ambito digitale si è concentrata quasi prevalentemente sul cosiddetto digital divide, che in alcune zone in particolare, come talune aree interne del nostro Paese, non è in verità per nulla risolto: ancora nel 2018 in Italia quasi il 25% delle famiglie non aveva accesso a Internet da casa, un dato che segnala la nostra lentezza sul lato infrastrutturale rispetto ad altri Paesi europei.
[L'articolo completo pubblicato sul "Mulino" n. 4/19, pp. 573-581, è acquistabile qui]
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