Anche quest’anno il Rapporto (58°) del Censis (che ha compiuto 60 anni) si conferma una miniera: di dati e, soprattutto, di interpretazioni. Il Rapporto si articola come di consueto in quattro parti: le “Considerazioni generali”; “La società italiana al 2024”; i “Settori e soggetti del sociale”; i “Mezzi e processi”. Si tratta, come è noto, di un unicum nel panorama culturale e di ricerca non solo in Italia, ma in Europa. Esso si sofferma su una materia – come scriveva Galiani a proposito della moneta – “quanto per la sua utilità gravissima, tanto, per l’oscurità che la copre, degna d’essere studiata e conosciuta assai più che ella non lo è dagli uomini preposti a comandare”. Questa materia spesso negletta è – secondo la lezione di Giorgio Sebregondi e del suo allievo Giuseppe De Rita, fondatore e oggi presidente del Censis – il sociale: con i suoi nessi e i suoi riverberi economici, istituzionali, politici. Il Rapporto 2024 ne offre, tra gli altri, tre esempi preclari.

Il primo è il nesso tra acquisizione della cultura e tenuta della comunità. Un italiano su tre (un giovane su due) non sa chi è Giuseppe Mazzini (un quinto pensa che sia stato un politico della prima Repubblica), un italiano su cinque non sa che Oslo è la capitale della Norvegia e Potenza è il capoluogo della Basilicata. Altri esempi riguardano Mao e Mussolini e altri ancora la confusione tra governo e Parlamento (un italiano su due è confuso sulla divisione dei poteri). Si tratta di un vero e proprio “disorientamento” – il Rapporto lo chiama, con una delle sue tradizionalmente icastiche immagini, “la fabbrica degli ignoranti” – che minaccia la democrazia e la espone ai richiami demagogici delle democrazie illiberali e delle riscritture della Storia. Ma soprattutto disorienta: chi perde di vista il proprio compito e posto nel mondo lo fa perdere agli altri.  

Il secondo è tra aspettative, denatalità e investimento nel futuro, in una chiave di lettura che è non solo e non tanto economica, quanto psicologica e sociale. In Italia non solo si allargano i divari di ricchezza e di reddito e i divari tra chi può e chi non può contare in futuro su una eredità; ma all’interno del gruppo di chi può contare su una eredità si intravede, secondo il Censis, un effetto “imbuto dei patrimoni”: quale sarà sugli animal spirits degli italiani l’effetto psicologico dell’attesa per coloro i quali sanno che, per effetto della denatalità, saranno destinatari unici di atti di successione plurimi? Ne seguirà una ridotta predisposizione al rischio e il sorgere di una società di rentiers? È un modo intelligente e nuovo di porre la questione. Certo, c’è anche l’altra faccia della medaglia: il costo di quella ricchezza, che per metà è costituita da abitazioni.

C’è un razzismo silente, oltre a uno vocale, tra gli italiani. Ma i comuni periferici, e non solo quelli, devono “dire grazie ai cittadini stranieri”, che spesso tengono in vita le comunità locali e la tenuta dei servizi pubblici

Il terzo riguarda il rapporto tra integrazione e sviluppo, economico e sociale. L’Italia è già plurale. Eppure c’è un razzismo silente, oltre a uno vocale, tra gli italiani (come in The Old Oak, di Ken Loach). Ma i comuni periferici, e non solo quelli, devono “dire grazie ai cittadini stranieri”, che spesso tengono in vita le comunità locali e la tenuta dei servizi pubblici (come nel film Un mondo a parte, di Riccardo Milani, citato nel Rapporto). “La società – si legge nelle Considerazioni generali – è tanto più fertile quanto più sa coltivare e avere cura del nuovo che si ritrova tra le mani”. C’è bisogno di alleanze nuove tra tutte le parti vive e vitali della società (vedi Loach). Ma c’è bisogno anche di leader con esperienza di guida delle comunità, che non desiderino la scomparsa dei nostri mali ma (cito dalle Considerazioni generali) “la grazia di trasformarli”.

Il Rapporto è un antidoto alle semplificazioni. È un invito a guardare al tutto e non solo alle parti. Quando capiremo finalmente che dal “sociale” – che non è beneficenza o carità, ma azione e iniziativa sociale diffusa e distribuita, “personale” e “professionale” per vocazione – può venire quella spinta (che certo ha bisogno di risorse finanziarie, pubbliche e private, ma anche di risorse morali) per fare dell’Italia un Paese definitivamente moderno, saldamente ancorato all’Europa, all’Europa come idea fraternamente universale, quella che da secoli si fonda sulla centralità della cultura, l’immaginazione del futuro, l’integrazione tra genti? Sta forse qui, tra le righe di dati e tabelle, il messaggio del Censis per il 2024 e per il futuro.

La crescita modesta, a tratti quasi impercettibile, dell’economia italiana e dunque delle risorse complessivamente disponibili fiacca e vincola ogni iniziativa

Certo, la crescita modesta, a tratti quasi impercettibile, dell’economia italiana e dunque delle risorse complessivamente disponibili fiacca e vincola ogni iniziativa. Il Rapporto documenta anche questo. Nel ventennio 1963-1983 (il “miracolo” era già alle spalle) il valore del Pil era, espresso in euro attuali, raddoppiato (+117,1%); è aumentato anche tra il 2003 e il 2023, ma si è dimezzato (+48,4%). In vent’anni il reddito disponibile lordo prodotto dalle famiglie italiane si è ridotto in termini reali del 7% e la ricchezza netta pro capite delle famiglie è diminuita, nell’ultimo decennio, del 5,5%. Sono dati inequivocabili.

E se è vero che l’Italia arranca, da qualche decennio, rispetto ad altri partner europei, è anche vero che è in corso una dinamica più generale dalla quale quegli stessi partner non sono esclusi (si guardi alla Francia o alla Germania di oggi) e che spetta all’Europa tutta, e non solo all’Italia, governare: tra cinquant’anni – come è stato ricordato in occasione della presentazione del Rapporto, il 6 dicembre al Cnel – le maggiori economie del pianeta saranno tutte extraeuropee. È il portato di processi storici iniziati nel secolo scorso e con i quali non abbiamo ancora fatto, non del tutto, i conti in termini politici e sociali, oltre che economici. Si tratta di una ragione in più per aprirsi e non chiudersi al mondo: per cambiare mentre esso cambia.