Il lockdown ha fermato il Paese, ma fortunatamente alle edicole è stato permesso di tenere aperte le proprie saracinesche e le redazioni giornalistiche hanno continuato a lavorare e a produrre informazione. Alla stampa (sempre fortunatamente) sono state riconosciute precise e importanti funzioni sociali: quelle di tenere i cittadini informati e, in maniera più astratta, di creare un clima d’opinione proattivo indispensabile per affrontare il periodo tragico che stiamo vivendo.
Non dimentichiamoci però che il sistema giornalistico italiano è da sempre affetto da una frammentazione cronica dettata da diverse influenze di carattere economico e politico. Allo stesso istante (forse) è anche giusto aspettarsi che l’estrema emergenza attuale (“la più grande crisi della nostra storia repubblicana”) spinga il sistema dell’informazione a concentrarsi sulla distribuzione di un’informazione certa, utile, di aiuto e incentrata su una narrazione il più possibile univoca.
I nostri dati, invece, ci dicono che anche in occasione della pandemia causata dal Covid-19, le principali testate giornalistiche italiane non sono riuscite a fornire un’interpretazione coerente e condivisa degli avvenimenti, anche se, come era prevedibile data l’alta notiziabilità dell’evento (“la notizia perfetta”), l’emergenza sanitaria è stata l’elemento di discussione centrale per tutte le testate giornalistiche nel corso delle ultime settimane.
Lo studio da noi portato avanti si basa su un’analisi computerizzata del contenuto di un campione composto da sei testate italiane (“Corriere della Sera”, “la Repubblica” e “Il Giornale” nella versione cartacea; “Il Messaggero” e “Il Fatto Quotidiano” nella versione online; la testata online-only “Huffinghton Post Italia”). Sono stati raccolti 23.720 articoli (parole chiave: Covid e Coronavirus) in modo da poter ricostruire i principali temi trattati nella rappresentazione della pandemia nell’arco di sette settimane (dal 21 febbraio al 5 aprile 2020).
Un’analisi approfondita dei singoli temi legati al virus lascia trasparire una frammentazione della narrazione dettata dalle caratteristiche strutturali di ogni singola testata e dalle aspettative della propria audience di riferimento. Emerge in maniera abbastanza netta lo scostamento tra le testate storicamente più attente al dibattito politico e orientate al commento, come “la Repubblica” e “Il Giornale”, che si sono distinte, insieme all’“Huffinghton Post”, per gli ampi spazi dedicati ai temi legati al dibattito europeo, esprimendo la loro posizione in merito alle misure discusse per fronteggiare la crisi economica. “Il Messaggero” online è stato, tra le testate analizzate, quello che maggiormente si è concentrato sui “numeri del contagio”, fornendo quotidianamente dati accurati in merito alla diffusione del virus nelle zone seguite dalle proprie redazioni locali. Una certa “vocazione territoriale” emerge anche nel “Corriere della Sera” che, in virtù della sua collocazione milanese, dedica più attenzione ai temi legati alla difficile situazione della Lombardia, dai problemi di contagio legati alle criticità delle “zone rosse”, alle Rsa o alla tenuta dei reparti di terapia intensiva degli ospedali (quest’ultimo tema molto seguito in maniera critica dal “Fatto Quotidiano” online).
A mettere a repentaglio la creazione di un dibattito pubblico condiviso sul Covid-19 però non è soltanto la frammentazione del sistema dell’informazione italiano (ormai conclamata), quanto un approccio schizofrenico nella divulgazione delle informazioni relative alla pandemia. Una schizofrenia che, alimentando la già tanta incertezza, può aver confuso il lettore, come possono dimostrare i titoli qui riportati: il 22 febbraio i principali titoli di apertura dei quotidiani cartacei denunciavano una situazione di emergenza: Il Virus in Italia. Un morto in Veneto (“Corriere della Sera”); Virus. Il Nord nella paura (“la Repubblica”); Italia infetta (“Il Giornale”). Soltanto cinque giorni dopo (27 febbraio), i tre quotidiani hanno prodotto un radicale cambio di posizione aprendo con: L’Oms: Bene l’Italia. Basta panico (“Corriere della Sera”); Riapriamo Milano (“la Repubblica”); Cambia il Vento e forse anche il Governo (“Il Giornale”). Salvo ritornare sui propri passi appena quattro giorni più tardi (2 marzo): La Ue affronta l’emergenza (“Corriere della Sera”); Sette giorni per fermarlo (“la Repubblica”); Fate presto (“Il Giornale”).
I dati ci dicono poi anche dell’altro: abbiamo a che fare con una schizofrenia partigiana. Oltre al veloce cambio di temi, spesso ogni testata racconta le questioni trattate privilegiando posizioni a loro più funzionali, più vicine al loro orientamento politico. La gestione dell’emergenza Covid-19 diventa quindi occasione di contrapposizione, di attacco, proponendo una lettura di parte capace di mettere in cattiva luce chi si è soliti criticare, come conferma lo stralcio qui di seguito:
La nomina di un supercommissario è stata richiesta con insistenza dal centrodestra che ipotizzava di richiamare in patria Guido Bertolaso, ritenendolo l'unico in grado di gestire questa emergenza con la necessaria autorevolezza. Ma il premier Conte non avrebbe mai accettato di rischiare di essere oscurato da un personaggio così forte. Dunque piuttosto che sentirsi commissariato lui Conte ha preferito commissariare Borrelli, nominando Arcuri (“Il Giornale”, 13.3.2020)
Una disomogeneità di giudizio che appare ancora più accentuata se analizziamo il dibattito in seno all’Unione europea sugli aiuti economici. Da un lato prevalgono i commenti negativi, a volte con toni aggressivi e dispregiativi; è il caso de “Il Giornale” che si scaglia, cosa anche questa non nuova, contro la classe dirigente europea:
Non so quante vittime farà alla fine il Coronavirus, ma a questo punto credo che tra le tante ci sarà, se non si dà una bella svegliata, anche l'Europa. Per fortuna qualcuno aveva pontificato: «Vedrete, l’Europa in mano a due donne, la Von der Leyen al governo e la Lagarde alla Bce, sarà tutta un’altra cosa, più sensibile, pratica e intelligente». Ma per favore. Quello che è successo ieri è la prova che le donne non sono per nulla meglio degli uomini (“Il Giornale” 13.3.2020)
Dall’altro “la Repubblica”, parlando del medesimo tema e commentando le mosse degli stessi personaggi, adotta, secondo un preciso orientamento, un approccio molto più fiducioso:
Ursula von der Leyen indossa i panni che avrebbe dovuto vestire Christine Lagarde e lo scandisce in tre lingue: «Faremo tutto il necessario per sostenere l’economia europea». È la presidente tedesca della Commissione a pronunciare quella sorta di «Whatever it takes» in stile Draghi che giovedì è mancato alla francese della Bce (“la Repubblica” 14.3.2020)
Un simile comportamento dimostra che, seppur in tempo di emergenza, le testate indagate hanno rinunciato a comprendere in profondità una realtà (forse) troppo complessa e problematica per essere narrata in maniera esaustiva sulle pagine di un quotidiano. Per questo sono ricadute nel “vecchio vizio” della partigianeria politica (ora anche schizofrenica), sposando quelle posizioni politiche più compatibili con la loro linea editoriale e con la loro audience. Tale approccio, però, può aver contributo ad alimentare quel clima di incertezza e di disorientamento che ha dominato le cinque settimane più calde dell’emergenza Coronavirus, generando sentimenti di smarrimento e sfiducia da parte dell’opinione pubblica.
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