La pericolosa ascesa di Vox. Sciolte le Cortes e indette le elezioni politiche per il 28 aprile, molte sono le incognite che si addensano sull’esito del voto. Specie dopo le elezioni andaluse del 2 dicembre 2018, che hanno visto Vox conquistare 12 seggi con 395.978 voti, pari al 10,9% dei consensi. Un risultato che ha portato per la prima volta dal ritorno della democrazia l’estrema destra nelle istituzioni democratiche, e ha poi consentito la sostituzione dei socialisti, ininterrottamente alla guida del governo andaluso dal 1982 con il candidato del Pp Juanma Moreno, grazie al voto del proprio partito, di Ciudadanos e di Vox.
Cos’è Vox? Quali i motivi del suo successo? Alle origini di Vox stanno due territori e almeno tre biografie. In primo luogo la Catalogna, dove negli anni Novanta alcuni dirigenti del Pp, dopo aver condotto una battaglia all’interno del partito per contrastare quelli che consideravano cedimenti alle richieste del nazionalismo catalano, iniziarono a prenderne le distanze facendo dell’unità della Spagna, e quindi del nazionalismo spagnolista, la propria bandiera. Tra questi, come figura di primissimo piano, Alejo Vidal Quadras, classe 1945, docente universitario di fisica, presidente del Pp catalano dal 1991 al 1996, eurodeputato e vicepresidente del Parlamento di Strasburgo dal 1999 al 2014, quando, non essendo stato ricandidato dal Pp, fu candidato da Vox all’Europarlamento.
Il secondo territorio è quello dei Paesi Baschi ai tempi dell’Eta, la cui attività ebbe per effetto la radicalizzazione a destra di settori rilevanti dell’opinione pubblica e di non pochi militanti della destra popolare. Dai Paesi Baschi viene il presidente di Vox, Santiago Abascal, nato a Bilbao nel 1976 nel seno di una famiglia di destra, con un padre dirigente del Pp e a sua volta militante, consigliere comunale e poi deputato del Pp nel Parlamento di Vitoria, che si è vantato di andare in giro con una Smith and Wesson prima per difendere il padre, ora i propri figli. Con i Paesi Baschi ha a che fare uno dei fondatori di Vox, José Antonio Ortega Lara, nato a Burgos nel 1958, già funzionario delle prigioni e iscritto al Pp, che nel dicembre del 1996 fu sequestrato dall’Eta, nelle cui mani rimase in condizioni disumane per 532 giorni.
Chiara la provenienza dalla destra popolare della dirigenza di Vox, non meno significativa è quella dai corpi speciali dell’esercito dell’attuale segretario generale del nuovo partito, l’avvocato Javier Ortega Smith, che assieme al vicesegretario giuridico di Vox, Pedro Fernández, figura come “accusa popolare” nel processo in corso nel Tribunale supremo contro gli indipendentisti catalani. Un ruolo che sta dando a Vox grande visibilità, vista la trasmissione delle sedute del processo da varie televisioni e reti sociali. Per capire che tipo di destra Vox rappresenti, il manifesto fondativo del partito e il programma presentato nell’ottobre del 2018 offrono alcune risposte. Vi si legge del fallimento dello Stato delle autonomie e la proposta di tornare allo Stato unitario, solo amministrativamente decentrato.
Tra i punti programmatici spicca al primo posto la sospensione dell’autonomia catalana, seguito dalla maggiore tutela giuridica dei simboli nazionali spagnoli, il ripristino del castigliano come unica lingua ufficiale e come lingua veicolare nella scuola, la soppressione dei corpi di polizia catalano e basco, l’abrogazione della legge della memoria, la riforma della legge elettorale, la deportazione immediata degli immigrati irregolari, normative più severe per ottenere la cittadinanza, la chiusura delle moschee fondamentaliste, il rafforzamento del muro di frontiera di Ceuta e Melilla, l’incremento delle spese per la difesa, la sospensione dello spazio Schengen in funzione anticriminalità, la soppressione dei vincoli urbanistici per l’edilizia, la protezione della tauromachia come aspetto del patrimonio culturale spagnolo e della caccia, l’abrogazione della legge sulla violenza di genere, la soppressione del finanziamento pubblico ai partiti, l’allineamento sulle posizioni dei Paesi di Visegrad per la riforma del trattato europeo per quanto riguarda le frontiere, la sovranità nazionale e il rispetto dei valori europei. Alle parole scritte si aggiungono quelle pronunciate dai suoi leader, cominciando da Abascal, che trasudano omofobia, islamofobia, antifemminismo e orgoglio machista, antiabortismo, fanatismo nazionalista e rivendicazione delle radici giudeo-cristiane di fronte al multiculturalismo.
Iscritto al registro dei partiti alla fine del 2013, Vox si era già presentato alle europee del 2014 ottenendo l’1,5% dei voti, in Andalusia nel 2015 ottenendo un miserrimo 0,46%, alle politiche del 2015 e del 2016 non riuscendo ad andare in entrambi i casi oltre lo 0,2%. Per spiegare il passaggio dai reiterati fallimenti al successo nelle elezioni andaluse del dicembre 2018 occorre riferirsi al contesto locale, interno e internazionale. Sul piano locale Vox si è beneficiato dell’altissima astensione, il 41,4%, mai raggiunta nelle elezioni per il Parlamento di Siviglia. Molti elettori di sinistra, infatti, delusi dalle amministrazioni socialiste e da Susana Díaz, non convinti che Podemos rappresenti una credibile alternativa per la sinistra, hanno disertato le urne. Ciò mentre sull’altro versante una parte dell’elettorato di destra ha spostato le proprie preferenze dal Pp a Ciudadanos (che ha raddoppiato i propri voti e più che raddoppiato i propri seggi) e su Vox. Va pertanto considerato che la percentuale e i seggi ottenuti da Vox sono da rapportare ai voti espressi e non al censo elettorale nel suo complesso. Un ruolo importante ha poi svolto il tema dell’immigrazione, demagogicamente cavalcato da Vox, come dimostra il notevole successo ottenuto nella provincia di Almería, terra di colture intensive in serra e di immigrati, dove Vox ha ottenuto il 16,8 %, attestandosi come primo partito nel comune di El Ejido con quasi il 30% dei voti.
Per quanto concerne il contesto interno, il voto a Vox s’inserisce nella forte ripresa del nazionalismo spagnolista provocata dall’indipendentismo catalano. Una reazione che ha portato Ciudadanos a scavalcare a destra il Pp, il quale a sua volta ha avuto una torsione nella stessa direzione con l’arrivo ai vertici del partito di Pablo Casado in sostituzione di Mariano Rajoy. Slittamento a destra rivelatosi scarsamente efficace nel caso del Pp, la cui storia degli ultimi anni è segnata dalla corruzione, ma fruttuoso per Ciudadanos e soprattutto per Vox, che della propria collocazione all’estrema destra e della rivendicazione dell’indissolubile unità della patria spagnola ha fatto motivo di ostentazione.
Per quanto riguarda il quadro internazionale, infine, non c’è dubbio che Vox si sia beneficiato della marea del neo nazionalismo populista europeo, che in questo modo, com’è stato rilevato da tutti gli analisti, è giunto anche nel Paese iberico che ne era rimasto immune fino agli ultimi mesi. Le crisi economica, territoriale, politica e istituzionale sono Le quattro crisi della Spagna (Il Mulino, 2018), recentemente esaminate da Anna Bosco prima che Vox fosse portato alla ribalta dal voto andaluso. Di queste crisi Vox è da considerarsi come l’ulteriore decantazione. Un problema aggiunto, che allontana le soluzioni.
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