Il Movimento 5 stelle (M5S) guidato da Giuseppe Conte – additato a principale responsabile della caduta del governo Draghi e atteso da una deludente performance elettorale – parrebbe, stando agli ultimi sondaggi, in netta ripresa. Sin qui, la campagna elettorale del M5S si è focalizzata – in chiave programmatica – su proposte di Welfare espansivo e sui temi della transizione ecologica, proponendo ricette economiche proprie di una sinistra socialdemocratica. Giuseppe Conte ha espressamente rivendicato la natura progressista di questa ennesima trasformazione del Movimento, chiamando al voto gli elettori di sinistra, e nei fatti rottamando il «né-di-destra-né-di-sinistra» delle origini. Quanto credibile – e remunerativo in termini elettorali – può essere considerato tale riposizionamento? In questo breve commento proveremo a rispondere a questa domanda analizzando il percorso politico del M5S a partire dal 2013, sulla base sia delle preferenze dei suoi elettori nel 2013 e 2018 (dati Itanes), che dei programmi presentati per le elezioni politiche del 2013, 2018 e 2022 (dati Manifesto Project Database).

L’affermazione del M5S nel panorama politico nazionale ha ben pochi precedenti nel contesto europeo. Nel 2013, il M5S è riuscito a conquistare più del 25% dei voti; il miglior debutto elettorale di un partito dal secondo dopoguerra. Nel 2018, il M5S, conquistando il 32,3% ha addirittura incrementato i propri consensi, confermandosi come primo partito. Questi successi sono stati indissolubilmente legati alla piattaforma anti-establishment del Movimento e al voto di protesta nei confronti delle élite della «Seconda Repubblica» e del sistema politico nel suo complesso. Tuttavia, la resilienza elettorale del M5S suggerisce una capacità «adattiva» del Movimento nel riposizionarsi ideologicamente e sulle tematiche salienti della campagna elettorale.

La letteratura classica di scienza politica sui nuovi partiti ci ha insegnato come la loro evoluzione è marcata da alcune fasi cruciali che scandiscono il proprio «ciclo-vitale»: ingresso in Parlamento, rilevanza politica, ingresso al governo. Ognuna di queste fasi presenta delle sfide che possono mettere in discussione l’esistenza stessa del partito. In particolare, la partecipazione al governo rappresenta il tornante più accidentato per quei partiti che più di altri hanno politicizzato l’incapacità della classe politica esistente di introdurre politiche sostenibili per il Paese. In questo senso suggeriamo come la longevità del successo del M5S può essere spiegata grazie all’abilità del Movimento di trasformare la propria proposta politica, in virtù del suo originario «eclettismo» ideologico e programmatico.

Nel 2013 il M5S si presenta all’elettorato con un profilo marcatamente anti-establishment. Il programma elettorale del 2013 è occupato per metà da temi afferenti all’espansione del Welfare e alla protezione dell’ambiente

Nel 2013 il M5S si presenta all’elettorato con un profilo marcatamente anti-establishment. Il programma elettorale del 2013 è occupato per metà da temi afferenti all’espansione del Welfare e alla protezione dell’ambiente. Un’agenda eco-sociale rafforzata dai richiami alla democrazia diretta e la lotta alla corruzione. Uno sguardo all’elettorato registra come una parte sostanziale dello stesso rifiuti di collocarsi all’interno dello spazio destra/sinistra (16,46 %). Tra chi si colloca, la parte maggioritaria si dichiara di sinistra (42,19%). Ma come mostrato in figura 1, gli elettori M5S si distribuiscono lungo l’intero spazio politico. In termini di questioni politiche, le priorità per l’elettorato del Movimento riguardano l’andamento della disoccupazione, la mancanza di crescita economica, e la corruzione politica.

Durante la XVII legislatura (2013-2018) il M5S, sfruttando la scelta di rimanere all’opposizione, ha potuto da un lato rimanere fedele alla propria intransigenza anti-establishment, e dall’altro esplorare nuovi territori in termini ideologici e di posizioni tematiche per attrarre un numero sempre più vasto di elettori. Il programma elettorale del 2018, ci sembra – infatti – coerente con quello di un partito piglia-tutti. Assistiamo ad una drastica diminuzione dell’attenzione dedicata al Welfare, parzialmente controbilanciato da un incremento di attenzione verso l’ambiente, la lotta alla corruzione, le tematiche di «legge e ordine» e contrasto all’immigrazione. L’elettorato del M5S del 2018, inoltre, appare ancora meno definito in termini di autocollocazione sull’asse destra-sinistra, con la maggior parte degli elettori non collocati (35,07%).

Un dato che ci permette di riassumere la trasformazione dell’elettore M5S riguarda la vicinanza media agli altri partiti del sistema partitico. Se nel 2013 il partito percepito più prossimo dagli elettori del Movimento era stato il Pd, nel 2018 gli elettori M5S indicano la Lega a trazione salviniana.

Nella travagliata XVIII legislatura (2018-2022), il Movimento è stato l’unico partito costantemente al governo, esprimendo – nella figura di Giuseppe Conte – il Primo ministro di due maggioranze estremamente diverse: dapprima in coalizione con la Lega; in seguito con il Partito democratico (e Italia Viva dopo la scissione) e Sinistra italiana. Nella seconda fase della legislatura, il M5S si è mostrato intenzionato a rendere stabile la propria presenza all’interno del blocco centro-sinistra. Ma questa strategia è naufragata in seguito alla caduta del governo Draghi e alle responsabilità del M5S nel mettere fine all’esecutivo.

L’analisi del nuovo programma elettorale del M5S ci pone di fronte all’ennesima trasformazione, diversa sia dal Movimento delle origini, sia dalla fase piglia-tutti del 2018 (figura 2). L’attenzione rispetto ai temi di Welfare (ad esempio rafforzamento del reddito di cittadinanza, salario minimo, investimenti su sanità e istruzione) diventa preponderante occupando più del 35 % dell’intero programma. In parallelo diminuisce l’attenzione verso quei temi più puramente anti-establishment che avevano caratterizzato la nascita del Movimento quali lotta alla corruzione e democrazia diretta. In parallelo, cresce l’attenzione verso i diritti civili (come matrimonio egualitario, ius culturae, lotta alla discriminazione di genere e diritti delle persone Lgbtqi+). Inoltre, per la prima volta l’Unione europea viene dipinta in termini compiutamente positivi auspicando una socializzazione del debito e un piano di crescita comune europeo.

 

Il M5S che si affaccia alla prossima tornata elettorale appare intenzionato a rompere i ponti con la propria incertezza ideologica, sposando alcuni dei temi classici dalla sinistra socialdemocratica

 

Molti analisti affermano sprezzanti che gli elettori non diano alcun peso ai programmi elettorali. Noi non ci accodiamo a un’interpretazione svalutativa circa le capacità di scelta dell’elettorato. Gran parte della letteratura di scienza politica, concorda nell’affermare che i programmi dei partiti contribuiscano a definire le priorità d’azione rinsaldando una mappa ideologica e valoriale che viene poi sanzionata dagli elettori al momento del voto. In questo senso, il confronto dell’offerta politica del M5S con le preferenze del proprio elettorato ci permette di individuare diverse fasi evolutive. La prima (2013), segnata da una piattaforma anti-elitista e declinata con un’enfasi sulla democrazia diretta, la difesa dell’ambiente e la lotta alla corruzione politica. La seconda (2018), accompagnata da una centralizzazione nell’organizzazione del movimento/partito, pur non rinnegando nessuna delle priorità precedenti, avvia un’evoluzione piglia-tutti allargando l’interesse del partito verso alcuni dei temi tradizionalmente associati alla destra dello spettro politico (euroscetticismo, contrasto alla migrazione, defiscalizzazione). Infine, il M5S che si affaccia alla prossima tornata elettorale appare intenzionato a rompere i ponti con la propria incertezza ideologica, sposando alcuni dei temi classici dalla sinistra socialdemocratica: rafforzamento dello stato sociale, nuove assunzioni nel comporto pubblico, lotta alla precarietà, contrasto alle disuguaglianze politiche e sociali; pur rimanendo remissivo in materia di equità fiscale e redistribuzione della ricchezza.

Rimane da capire se l’elettorato di sinistra riterrà credibile questo ennesimo riposizionamento di un movimento che da quasi un decennio sembra rimanere uno degli attori principali, se non spesso il principale, della politica italiana. Tutte le volte che è stato dato per spacciato, il M5S è riuscito a rigenerarsi. Questo successo è stato spesse volte reso possibile dai limiti oggettivi mostrati degli altri attori politici, sempre più disconnessi dai loro bacini elettorali. Anche questa volta, la scommessa sembra andare nella stessa direzione: riuscirà il M5S a raccogliere il consenso di un elettorato di sinistra deluso dal Pd o nascostosi tra i cespugli dell’astensione? In caso di un esito positivo, dovremo prepararci allo studio di uno nuovo M5S a trazione socialdemocratica.