Elezioni in Polonia: chi vince e chi governa. Il 25 ottobre la Polonia andrà alle urne per eleggere 460 deputati al Parlamento e 100 senatori. La sfida principale è tra i due partiti maggiori: la Piattaforma civica (Po), al governo da otto anni, e Diritto e Giustizia (PiS). Il PiS di Jaroslaw Kacynski è favorito in tutti i sondaggi, che gli assegnano il 34% dei voti, mentre la Po avrebbe solo il 24% dei consensi.
Il partito liberale di Donald Tusk sembra dunque destinato a uscire di scena. Per molti osservatori, la sconfitta della Po è dovuta a una serie di scelte impopolari, come il sistema di tassazione che prevede due uniche soglie del 18% e del 35%, la proposta di innalzare l’età pensionabile e di adottare la moneta unica europea.
Un numero crescente di studiosi della società polacca fa notare però che i polacchi sono molto più sensibili ai comportamenti della classe politica ritenuti disdicevoli che alle misure di politica economica. Sotto il profilo economico, infatti, non hanno di che lamentarsi: da otto anni il Paese gode di stabilità politica, sviluppo economico e crescita di un classe media che, oggi, supera il 50% della popolazione. Nello stesso tempo, il benessere è stato accompagnato da casi di corruzione, che hanno raggiunto i vertici del partito di governo. L’ultimo scandalo, detto "Waitergate" perché le intercettazioni illegali sono avvenute in ristoranti, ha riguardato ministri del governo in carica, ripresi in conversazioni dal contenuto offensivo e volgare nei confronti dei colleghi, dei partner occidentali e dei propri concittadini. Oltre allo sfoggio di lusso ostentato dai partecipanti ai banchetti incriminati, i polacchi hanno deplorato il fatto che i ministri coinvolti abbiano subito solo lievi conseguenze. L’unica cosa che vogliono è punire la classe politica al governo, arrogante e lontana dai bisogni della gente, e lo faranno votando altri partiti, anche a costo di andare contro i propri interessi.
La caduta dei consensi alla Po si è manifestata durante le elezioni presidenziali di maggio quando Bronisław Komorowski, l’allora presidente della Repubblica in carica e candidato della Po, è stato battuto da Antoni Duda, sostenuto da PiS. Una parte dei voti sottratti al partito di Tusk è confluita nel movimento fondato da Kukiz, la rockstar che ha ottenuto il 20% delle preferenze grazie a slogan antisistema e alla proposta di cambiare la legge elettorale da proporzionale a uninominale. In un disperato tentativo di riguadagnare consensi, Komorowski ha indetto un referendum sui collegi uninominali, che ha richiamato alle urne solo il 7,8% degli elettori. Infine, Tusk ha assunto la carica di presidente del Consiglio europeo, lasciando a Ewa Kopacz l’arduo compito di risollevare le sorti del partito e di candidarsi a guidare il futuro governo. Kopacz ha fermato il declino del partito, mostrando fermezza e coraggio – il suo tour del Paese è stato ben accolto dalla gente. Anche la sua posizione sui rifugiati – “l’accoglienza è un dovere morale” – corrisponde ai sentimenti della maggior parte dei polacchi.
Le debolezze della Po sono state abilmente sfruttate da Jarosław Kaczyński che, senza rinnegare il modello di comunità nazionalista e integralista cattolica a cui si ispira Diritto e Giustizia, ha abbandonato i toni da crociata che lo rendevano inaccettabile a gran parte dell’elettorato polacco moderato, ha deciso di mettersi da parte candidando alla guida del futuro governo Batbara Szymało, signora dal volto e dalla voce rassicuranti. Il PiS ha dismesso la propaganda antieuropea, ritiene che l’ingresso della Polonia nell’euro sia prematuro, promette di abbassare l’età pensionabile. La questione dei rifugiati ha però spinto Kaczyński a riprendersi il centro della scena politica: in un lungo discorso in Parlamento ha dichiarato che i rifugiati sono “un problema tedesco, non polacco”, che il loro arrivo prelude a un’invasione di gente estranea alla cultura nazionale, che “trasforma le chiese in gabinetti pubblici e impedisce alle donne di portare gonne corte”.
Anche in caso di vittoria alle elezioni, il PiS avrà bisogno di trovare uno o più alleati per formare il governo. Secondo i sondaggi, i partiti che, oltre alla Piattaforma civica e a Diritto e Giustizia, potrebbero superare le soglie di sbarramento al Parlamento – 5% per i partiti e 8% per le coalizioni – sono la Sinistra unita (Zjednoczona Lewica), formata dalla Sinistra democratica (Sld) e da gruppi della sinistra radicale, con il 10% dei voti, il movimento di Kukiz (Kukiz 15) , al quale è attribuito l’8%, Moderna (Nowoczesna), il partito neo liberale fondato da Ryszard Petru, che otterrebbe il 9%, e il Partito contadino (Psl), l’alleato di sempre della Po al governo, fermo al 6%. Tra questi solo Kukiz sarebbe disposto a sostenere un eventuale governo del PiS, ma è anche il partito che presenta più incognite: tra luglio e settembre ha subito un vero tracollo nei consensi a causa del comportamento imprevedibile e litigioso del suo leader e del fatto che è un miscuglio di delusi della Po e del PiS e di rappresentanti della destra estrema.
In teoria dunque, la Piattaforma civica ha più candidati alla coabitazione in un possibile governo: la Sinistra democratica, partito attento alle questioni sociali ma non ostile al mercato, moderna, composta da fuoriusciti della Po, e il Partito contadino, sempre pronto a sostenere chi gli garantisce posizioni di potere. Alla vigilia delle elezioni sappiamo, dunque, chi vincerà, ma non chi guiderà la Polonia nei prossimi quattro anni.
Riproduzione riservata