Nonostante le scarse fortune politiche dell’ambientalismo italiano e a dispetto delle tesi pessimistiche sul declino della partecipazione giovanile, a fine settembre centinaia di migliaia di ragazzi e ragazze sfilavano nelle strade del nostro Paese. In piazza c’erano molti di quei sedicenni e diciassettenni al centro del breve quanto timido dibattito sviluppatosi attorno alla proposta di abbassamento dell’età di voto.

L’idea era stata lanciata da Enrico Letta che, in un’intervista a «la Repubblica», aveva invitato la maggioranza di governo a promuovere una riforma costituzionale sul tema.

In una vera e propria gara ad intestarsi la primogenitura della proposta, Luigi Di Maio si affrettava a ribadire la posizione del suo partito, precisando che «se a 16 anni un giovane può lavorare e pagare le tasse, dovrebbe almeno avere il diritto anche di votare e scegliere chi decide della sua vita». E, per non essere da meno, Matteo Salvini segnalava come in passato anche la Lega si fosse mossa in tale direzione. Prima di loro altri politici italiani avevano posto all’attenzione del dibattito parlamentare la necessità di formulare interventi per compensare il declino della partecipazione e la sotto-rappresentazione dei giovani all’interno del corpo elettorale.

A sostegno di queste posizioni venivano solitamente presi ad esempio quei (pochi) Paesi che, più o meno recentemente, hanno introdotto nei loro ordinamenti giuridici la possibilità per i minorenni di esprimere una preferenza elettorale. Dal 2007 i sedicenni hanno acquisito il diritto di voto in Austria, in Scozia hanno potuto partecipare al referendum per l’Indipendenza del 2014 e, successivamente, alle consultazioni politiche. In Germania questa opzione esiste nelle elezioni di alcuni Länder, mentre in Norvegia è stata avviata dal 2011 una sperimentazione limitata alle elezioni locali. Fuori dall’Europa è soprattutto il contesto sudamericano a offrire riscontri in tal senso, con le urne aperte ai sedicenni in Argentina, Brasile, Cuba, Ecuador, Nicaragua.

Si tratta, dunque, di un tema attuale e dibattuto a livello internazionale, la cui eco giunge periodicamente in Italia

Si tratta, dunque, di un tema attuale e dibattuto a livello internazionale, la cui eco giunge periodicamente in Italia, che offre l’opportunità di focalizzare l’attenzione su una componente dell’elettorato dimenticata perché sempre più inconsistente demograficamente e indeterminata sul piano politico. Che portare alle urne poco più di un milione di minorenni possa rappresentare un vantaggio per alcuni degli attuali partiti resta una questione aperta. Se si guarda alla storia del voto giovanile nel nostro Paese emerge chiaramente come, a differenza del passato, non si registrino oggi fratture generazionali tali da incidere significativamente sui risultati elettorali. Nella Prima Repubblica i giovani erano stati il motore del cambiamento, avevano anticipato tendenze generali come il voto conformista per la Dc, la socializzazione politica di rottura attraverso il voto al Pci e poi la fuga degli elettori dai partiti di massa.

Tutto è cambiato nella Seconda Repubblica, quando i profili di voto per età si sono progressivamente riallineati

Tutto è cambiato nella Seconda Repubblica, quando i profili di voto per età si sono progressivamente riallineati. L’unico attore rivelatosi capace di occupare lo spazio politico giovanile è stato il Movimento 5 Stelle nel 2013. L’irruzione sulla scena di questo nuovo partito ha reso palesi le difficoltà delle formazioni tradizionali di fronteggiare l’ondata di malcontento contro la politica e la fase prolungata di crisi economica. Tra i giovani lo scetticismo si è saldato con l’aspettativa di cambiamento del sistema, la disaffezione e il disimpegno con un orientamento di apertura parziale verso partiti e leader percepiti come diversi e alternativi. Tuttavia, anche questo tentativo di fidelizzare e monopolizzare le scelte dei neo-elettori andrebbe ridimensionato se è vero che l’età media dell’elettorato grillino è progressivamente cresciuta nel corso di pochi anni (questo è quanto mostrano le analisi contenute nel volume Itanes, Vox Populi. Il voto ad alta voce, Il Mulino, 2018).

Quale impatto politico potrebbe avere, quindi, un allargamento del corpo elettorale nella sua componente giovanile? Probabilmente nessuno, se fosse confermata la trasversalità agli schieramenti degli under 18, equidistribuiti tra giallo-rossi e centrodestra (questo almeno è quanto emerge da un sondaggio Swg formulato all’indomani della proposta).

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 6/19, pp. 949-955, è acquistabile qui