È iniziato un anno decisivo per il futuro del nostro Paese: alla fine del 2012, forse, capiremo se l’Italia ha qualche possibilità di farcela, di rovesciare le tendenze che sembrano condurla ad un declino irreversibile, o se queste tendenze verranno confermate. Quattro i protagonisti del dramma, tre interni e il contesto esterno. Cominciamo da quest’ultimo.
Anche se i protagonisti interni si comporteranno al meglio delle loro possibilità, è improbabile che la loro azione possa aver successo se il contesto esterno non sarà favorevole. Ed in particolare se l’Europa (leggi: la Germania) non allenterà le condizioni recessive che ci impone: se ciò non avverrà i mercati scommetteranno sulla continuazione del ristagno, i rendimenti del debito pubblico resteranno molto elevati e questo presto o tardi ci condurrebbe all’insolvenza. Sta nella consapevolezza di questo possibile esito la ragione dell’attivismo del governo sul fronte europeo.
Veniamo allora al governo, il primo grande protagonista interno. Due le direttive della sua azione: il fronte che abbiamo appena ricordato – internazionale e soprattutto europeo – per il quale mi limito a constatare che non potremmo avere un negoziatore migliore di Mario Monti. E il fronte domestico. Su questo va ribadito che la manovra di Natale era necessaria, soprattutto per presentarsi in modo credibile al negoziato europeo: si è trattato di una manovra inevitabilmente recessiva, ma, dati i tempi e le circostanze, i suoi effetti di iniquità sono stati contenuti. Resta aperto il problema di una maggiore equità e soprattutto dello sviluppo, cui il governo si accinge a marce forzate, scandite dai prossimi riscontri europei. Sul primo problema, l’equità, ottima l’insistenza sull’evasione fiscale: con Cortina, Befera ha dato a Monti un assist magistrale. Le misure di liberalizzazione e di efficienza previste vanno nella direzione giusta, ma i loro effetti sulla crescita saranno lenti a maturare. E se l’Europa non aiuta, se saremo costretti ad altre manovre recessive, saranno difficilmente attuabili: liberalizzare e promuovere efficienza riesce assai meglio in una fase di crescita. Il secondo grande protagonista interno è il sistema politico. È stato sovente osservato che l’Italia non può permettersi un riavvio della politica “normale” dopo le elezioni del 2013 (ammesso che ci si arrivi) con un heri dicebamus, con un ritorno ad un assetto istituzionale immutato e al bipolarismo urlato e inconcludente degli anni 2000. Non è compito di questo governo provvedere con riforme istituzionali e costituzionali adeguate. E soprattutto con una legge elettorale decente. È compito del Parlamento e dei partiti politici. Attribuire il rimedio a chi è causa del guasto non lascia adito a grandi speranze. Ma è inevitabile. Quando Monti se ne andrà lascerà un cantiere aperto ed è essenziale che la “politica normale” continui il lavoro secondo le sue indicazioni: se torniamo alla vecchia politica queste indicazioni saranno sicuramente disattese e l’Europa tornerà a guardarci come ci guardava prima.
Il terzo grande protagonista interno siamo noi, la società italiana, gli umori e gli orientamenti che in essa prevarranno, il modo in cui reagirà alle impopolari misure del governo. Finora non c’è stata una reazione di rigetto: i sindacati hanno reagito come da copione, ma in modo moderato, e l’opinione pubblica sembra divisa e perplessa, più che apertamente negativa. Ma il difficile deve venire: che cosa succederà quando, in un contesto di recessione e disoccupazione, caleranno provvedimenti che incidono su molti interessi particolari, di solito molto reattivi? Segmenti dei media e alcuni partiti politici (Lega, Idv, Grillo, ma anche parti dei due grandi partiti che appoggiano Monti) faranno da cassa di risonanza: avranno successo oppure riuscirà a prevalere un orientamento più positivo? E per questo non intendo un mood succube, stanco, remissivo. Ma la consapevolezza diffusa, e orgogliosa, che si tratta di una prova dura ma necessaria per tornare ad essere un grande Paese.
La probabilità congiunta che tutti i quattro grandi protagonisti (e soprattutto quello sul quale la politica interna non ha controllo, l’Europa) si comportino bene non è elevata. Ma non è neppure nulla.
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