A distanza di giorni dai tragici eventi di Parigi e con l’eco ancora presente di voci, immagini e storie colme di terrore e stupore, individuare il ruolo giocato dai social media in un contesto così drammatico e in rapida evoluzione implicherebbe l’avvio di una riflessione seria e approfondita sui meccanismi che governano la costruzione e l’offerta di informazione nelle società contemporanee. Ma già una rapida ricostruzione di quanto avvenuto sul fronte informativo riguardo ai fatti di Parigi con l’estensione di Bruxelles può aiutare a individuare, almeno a grandi linee, le trasformazioni in corso o già realizzate.
La narrazione di eventi eccezionali è sempre più il frutto dell’operato di molti attori, tra i quali figurano i cittadini (che peraltro rappresentano il gruppo più numeroso). In questo caso specifico, vanno però sottolineate le diverse declinazioni dei contenuti diffusi: vi è stata, per esempio, un’informazione che potrebbe essere definita di “servizio” che offriva concrete indicazioni di accoglienza per chi vagava nelle strade parigine (#porteouverte) o che diramava appelli da parte della Police Nationale a non pubblicare foto e video che riprendevano i corpi delle vittime (@PNacional: Par respect pour les victimes et leurs familles, ne contribuez pas à la diffusion des photos des scènes de crime #AttackParis #fusillade 2,17 pm – 15 novembre 2015). Oppure, la funzione attivata da Facebook del “safety check” per rassicurare amici e parenti, utilizzata da circa quattro milioni di persone. Infine, in una prospettiva di servizio non ai cittadini ma alle forze dell’ordine, possono essere collocati gli appelli a non pubblicare tweet sullo svolgimento delle operazioni nelle strade di Bruxelles il 22 novembre (@PolFed_presse:Par sécurité, veuillez respecter le silence radio sur les médias sociaux concernant les opérations de police en cours à #Bruxelles. Merci. 21,26 pm – 22 novembre 2015).
Di tutt’altra natura, invece, l’informazione che ha circolato per narrare le reazioni o per ricostruire eventi specifici. In questo caso, l’informazione di servizio ha lasciato il campo, talvolta, all’emozionalizzazione e al sensazionalismo tramite la circolazione di vere e proprie false notizie, rimaste a lungo senza smentita e addirittura rilanciate dai media tradizionali. Tra quelle più clamorose vi è certamente quella che annunciava il venire meno dell’illuminazione della Torre Eiffel come segno di lutto cittadino da parte dell’account @mashable (uno dei più seguiti siti web di attualità). Pubblicato dopo la mezzanotte del 13 novembre, questo tweet ha avuto una ampissima diffusione mentre la sua rettifica (che riportava correttamente che tutte le notti l’illuminazione viene tolta) ha avuto una circolazione molto più limitata. Vi sono stati, poi, tweet che proponevano immagini del gruppo musicale ospite al Teatro Bataclan relative a un concerto tenutosi a Dublino presentate, invece, come la testimonianza dei minuti che avevano preceduto l’attacco. Ancora, degno di nota è il tweet di Donald Trump pubblicato in realtà dopo i fatti di Charlie Hebdo ma fatto circolare come commento agli eventi del 13 novembre (@realDonaldTrump: Isn’t it interesting that the tragedy in Paris took place in one of the toughest gun control countries in the world? 11,29 pm - 7 gennaio 2015).
I tweet citati sono stati utilizzati e condivisi da diverse fonti per narrare le vicende parigine, senza che si procedesse a verificarne l’esattezza del contenuto, limitandosi a rilanciare ciò che circolava nella twittersfera. Nella concitazione di quelle ore e nel tentativo di inseguire ciò che gli utenti stavano raccontando in tempo reale, si è verificata una velocizzazione della copertura informativa che non ha esitato a sacrificare pratiche di controllo e verifica.
L’imperativo condiviso dalle fonti informative è stato quello di seguire il flusso comunicativo, limitandosi a un monitoraggio in tempo reale. Il compito di controllare la veridicità di ciò che circolava è stato assunto dagli stessi utenti, mettendo in atto quella funzione di debunking divenuta ormai fondamentale. In tal modo, Twitter ha mostrato di possedere gli anticorpi per intervenire e correggere informazioni inesatte o distorte. Ciò non elimina il problema, però, della relativa facilità con la quale informazioni a dir poco inesatte possano circolare ed essere rilanciate dai legacy media. Nell’epoca dell’abbondanza informativa, la questione del controllo della qualità delle informazioni poste in circolo non può essere ignorata e giustificata in virtù della velocizzazione impressa alla loro circolazione. Tanto più che nell’ecosistema mediale che si è creato, l’ibridazione comunicativa è tale da portare alla condivisione di informazioni tanto gli spettatori del talk show pomeridiano che i lettori della stampa quotidiana, attrezzati diversamente sul fronte del controllo della veridicità delle notizie. Insomma, non vi è dubbio che i social media abbiano permesso che il racconto dei tragici eventi di Parigi fosse il frutto del contributo di molti attori, portatori di sguardi e sensibilità diverse. Contemporaneamente, però, è emersa con nettezza la necessità di esercitare un controllo continuo sul contenuto informativo, in modo tale da poter intervenire su falsità o inesattezze ed evitarne un loro rilancio. Così, in definitiva, non ci resta che prendere atto che l’abbondanza informativa ci offre certamente molteplici letture ma, contemporaneamente, richiede un controllo diffuso e continuo.
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