La vittoria di Abe. Il primo ministro giapponese Abe ha incassato una bella vittoria in occasione delle elezioni per la metà dei seggi della camera alta, vittoria che ha regalato alla coalizione di governo Partito Liberaldemocratico – Nuovo Kômeitô, tornata al potere nel dicembre 2012, una maggioranza stabile (135 seggi su 242 alla camera alta, oltre ai 325 su 480 alla camera bassa). Tale posizione di forza potrà permettere ad Abe di dedicarsi alle riforme da lui a lungo sostenute (tra cui la discussa revisione della Costituzione del 1945 imposta dagli Stati Uniti, che contribuì a minare la sua prima esperienza ai vertici del paese, nel 2006-7).
Il primo ministro sta puntando tutto dalla sua elezione sulla cosiddetta “Abenomics”, un’ambiziosa politica economica monetaria, fiscale e di investimenti che ha l’obiettivo di rilanciare i consumi per fare uscire il Giappone da un periodo di deflazione e di recessione durato ben 20 anni: le esportazioni, grazie al deprezzamento dello yen, sono aumentate, i consumi sono in ripresa, nel primo trimestre il prodotto interno lordo è cresciuto al tasso annualizzato del 3,5%.
I giapponesi hanno votato a favore della sospirata ripresa economica, puntando sulla rinnovata capacità del Partito liberal democratico (quella che gli aveva permesso di stare continuativamente al potere dalla sua fondazione nel 1955 al 2009), di garantire crescita economica e benessere ai cittadini. Proprio l’incapacità dei Liberal Democratici di traghettare il paese fuori dalla crisi nella quale era sprofondato agli inizi degli anni Novanta aveva spinto la popolazione, scontenta e sfiduciata, ad affidarsi al Partito democratico, ma i tre gabinetti Pd succedutisi in tre anni dal settembre 2009 non hanno minimamente dimostrato l’abilità richiesta, tanto che il Pd nelle recenti elezioni ha ottenuto solo 17 seggi, meno della metà di quelli precedenti.
Tuttavia l’attuale ripresa, secondo gli osservatori, è piena di insidie, e la vittoria per Abe significa che non avrà più la scusa di una Dieta divisa con l’opposizione se non supera le grandi sfide che ha davanti.
Nello stesso tempo la politica estera risente della posizione “forte” di Abe. Il Libro Bianco sulla Difesa 1913, approvato all’inizio di luglio, sottolinea la necessità di un aumento delle spese militari nel quadro di crescenti pericoli per la sicurezza nazionale: oltre ai missili lanciati dalla Corea del Nord, la “minaccia” cinese, vista la rapida espansione e intensificazione delle attività della Cina intorno al Giappone, compresa l’intrusione nelle acque territoriali e nello spazio aereo giapponese. Il 26 luglio, per la prima volta, una nave della Guardia costiera cinese è entrata nelle acque territoriali delle Senkaku, mentre il 24 un aereo militare cinese aveva violato due volte lo spazio aereo nipponico tra Okinawa e l’isola di Miyako, provocando il levarsi in volo di caccia giapponesi. Abe ha subito chiesto immediati colloqui ad alto livello tra i due Paesi, sottolineando i legami economici e la volontà di avere un dialogo sincero con i leader cinesi.
Certo non hanno giovato a minimizzare la sensazione di minaccia le grandi esercitazioni navali congiunte sino-russe (12 navi russe e sette cinesi) nel Mar Cinese Orientale, a 600 chilometri dall’isola di Hokkaidô, chiusesi il 10 luglio con una parata di 13 navi e tre aerei. Tra Russia e Giappone c’è l’annosa e tuttora irrisolta questione dei territori settentrionali. Non è un caso che alle manovre navali sino-russe abbiano risposto le manovre di 16 caccia nippo-statunitensi nello spazio aereo tra Hokkaidô e Misawa.
Per creare un fronte comune contro le sempre più aggressive manovre cinesi, Abe, in questi giorni per la terza volta nel Sud-est asiatico in poco più di sei mesi, ha raggiunto un accordo di rafforzamento della cooperazione per la difesa nazionale e la sicurezza marittima col Presidente delle Filippine Benigno Aquino, e ha promesso 10 navi da pattuglia per opporsi con più successo alla Cina nel contenzioso sulle isole Spratly nel Mar Cinese Meridionale.
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