L’art. 119 del decreto legge 19 maggio 2020 dispone una detrazione Irpef, il «Superbonus», pari al 110% dell’importo degli interventi per l’efficientamento energetico e/o miglioramento sismico del patrimonio edilizio residenziale.
Nel retrofit energetico dei fabbricati, per ottenere benefici significativi, gli interventi devono agire sulla coibentazione dell’involucro dell’edificio nel suo complesso: la facciata, i serramenti, il tetto, il primo solaio. In passato, le esperienze di interventi di efficientamento, inseriti nella manutenzione straordinaria, si sono dimostrate molto marginali. Da qui l’importante ruolo di promozione dell’Ecobonus, prima, e Superbonus, oggi. Per aggiornare gli impianti è necessario complementare la coibentazione con l’integrazione di fonti rinnovabili.
I principali benefici dell’efficientamento sono:
- la drastica diminuzione dei consumi energetici necessari al riscaldamento: l’energia che costa meno è quella che non consumiamo;
- l’abbattimento delle emissioni inquinanti. Bruciare combustibili fossili sprigiona monossido e biossido di carbonio, ossido d’azoto, ossidi di zolfo, polveri sottili e CO2.
- l’aumento del comfort nelle case: pareti più coibentate producono nei residenti una maggior sensazione di benessere;
- la diminuzione della spesa nelle bollette energetiche, così da aumentare di fatto la disponibilità economica nel bilancio familiare;
- un aiuto allo sviluppo del settore della riqualificazione edilizia, con importanti ricadute su imprese locali, per lo più artigiane, a elevata intensità di manodopera;
- l’incremento del valore degli immobili, tema oggetto di diversi studi in Italia e in Europa.
Oggi il mercato immobiliare tende a premiare i bassi costi energetici e di gestione. Nel settore immobiliare e delle costruzioni sono in atto numerosi cambiamenti strutturali, tre sono i più rilevanti per il Superbonus.
Primo, il rendimento del mercato immobiliare residenziale, al netto del tasso d’interesse privo di rischio, in Italia ha il valore minore tra i Paesi industrializzati, allineato verso il basso con quelli francesi e tedeschi (Figura 1). In Italia tendono a coincidere i valori medi del prezzo nominale degli immobili residenziali, del prezzo di locazione e del rapporto prezzo/reddito, inteso come misura della sostenibilità economica (Figura 2). È una condizione peculiare tra i Paesi aderenti all’Ocse che può essere posta in relazione all’elevato tasso di proprietà dell’abitazione di residenza.
Secondo, il modello dei mercati immobiliare e creditizio, sviluppato dalla Banca d’Italia (A. Nobili e F. Zollino, A structural model for the housing and credit markets in Italy, Working Paper N. 887, Banca d’Italia, 2012) sembra compatibile con il cambiamento strutturale del mercato immobiliare orientato verso la separazione funzionale tra: aree a elevata dinamica con numerose transazioni, in cui la formazione dei prezzi è orientata dal meccanismo della domanda-offerta; e aree tendenti alla stagnazione, in cui il valore degli immobili è nominalmente quello pre-crisi, in relazione al prezzo di acquisto, ma in cui il ridotto numero di scambi non permette l’effettiva capitalizzazione di questo valore tramite la vendita (Figura 3).
Un terzo cambiamento è sul lato dell’offerta: il boom edilizio ha immesso sul mercato immobili in eccesso (Figura 4) e ha consumato, a scopo edificabile, aree più periferiche che, con l’avvio della crisi, hanno perso maggiormente valore.
È un’Italia che va a velocità molto differenti. Una conseguenza potrebbe essere che, l’aumento di valore nelle aree a elevata dinamica, non traini la dinamica delle aree in stagnazione, come invece è stato nell’epoca pre-crisi. Walter Tocci (v. L’insostenibile ascesa della rendita urbana, «Democrazia e diritto», 2009) interpreta il cambiamento strutturale con il passaggio dalla rendita marginale: «prodotta dal progressivo ampliamento dei tessuti edilizi: la decisione pubblica di spostare i confini dell’edificato valorizzava i terreni limitrofi sottraendoli all’uso agricolo»; alla rendita differenziale: «Con la rivoluzione terziaria degli anni Ottanta cambiò il verso della trasformazione. Si tornò a operare all’interno della città per rispondere ai bisogni localizzativi e di prestigio delle nuove funzioni terziarie (…). Prevalse quindi la cosiddetta rendita differenziale, termine che allude al tema ricardiano dei terreni a diversa fertilità e che, in questo caso, indica la valorizzazione di immobili interni alla città, dotati di vantaggi posizionali diversi tra loro e comunque superiori a quelli marginali».
In estese aree del Paese, il settore immobiliare ha un ridotto numero di transazioni: i capitali investiti nel «mattone» sono immobilizzati e non possono produrre quella circolazione del capitale che, in passato, è stata condizione per la crescita della ricchezza. Nel 2011, anno del censimento Istat, quasi l’80% delle famiglie erano proprietarie dell’abitazione di residenza: la variazione dei prezzi reali degli immobili contribuisce alla ricchezza delle famiglie e delle imprese.
Proposte in una condizione di crisi strutturale. Le politiche di riqualificazione degli immobili possono aumentare il valore d’uso dei fabbricati, riconnettere il valore reale dell’immobile a quello del mercato (P. Rodrigues e R. Fradique Lourenço, House prices: bubbles, exuberance or something else? Evidence from euro area countries; Working Paper, No. 201517, Banco de Portugal, Economics and Research Department, 2015).
Per compensare lo sviluppo a diverse velocità dei territori. L’obiettivo deve essere raggiungere le prestazioni di efficienza, sicurezza strutturale e sismica e di vivibilità pari a quelli delle nuove costruzioni, per tutto il patrimonio edilizio in uso.
Nel pianificare le policy bisogna aver presente che gli interventi, finanziati oggi, avranno un tempo di ammortamento pluridecennale: devono non solo essere fatti per durare, bisogna considerare che ipotecheranno la possibilità di intervenire nuovamente su quegli edifici fino al 2040 e oltre (Y. Saheb, Energy renovation: it’s time for a paradigm shift in policy design!, OpenExp, 2017). E non dimenticare che la copertura delle detrazioni Irpef, tra cui il Superbonus, sono principalmente finanziati in deficit.
Per riconnettere il prezzo con il valore, per promuovere l’innovazione verde e la crescita economica è necessario un cambiamento nelle priorità degli acquirenti che traini la domanda, insieme all’offerta di un «prodotto» che sappia intercettare le esigenze attuali e venture.
Abitazioni senza qualità. L’abitazione ha avuto e ha tuttora molte connotazioni simboliche e una vasta gamma di significati, per essere ridotta a mero valore d’uso.
Se fino agli anni Settanta l’immaginario era urbano e la casa di proprietà, a partire dagli anni Ottanta diventa suburbano, prende la forma della città diffusa. Il recente recupero del vivere urbano, del riconnettere il lavoro con la residenza, più sostenibile, contrasta con l’emergenza della pandemia, con il ritorno verso spazi più fortemente individualizzati, privati, adatti alla «cura di sé».
La valorizzazione di modelli di vita e di abitare più sostenibili passa attraverso la capacità degli architetti di dare forma e significato alle nuove esigenze. Tuttavia, rispetto al passato, i bisogni sono molto più frammentati: dalla scomposizione e ricomposizione nei nuclei familiari, dalla maggior mobilità con conseguente compressione dei tempi personali e di quelli condivisi.
Bisogna che venga colmato il dualismo che contrappone la città al mito della vita rurale. L’esito sono i suburbi, insostenibili sul piano ambientale e sociale.
Le politiche «verdi» devono superare la mera ottica prestazionale. È necessario che gli architetti elaborino modelli di recupero dell’esistente, al fine del vivere e dell’abitare sostenibile, e propongano luoghi e spazi funzionali alla «crescita verde». Così gli Italiani potranno investire in essi su vasta scala, come hanno fatto in passato per l’appartamento di proprietà, per la villetta con giardino.
Il recente recupero del vivere urbano, del riconnettere lavoro con la residenza, più sostenibile, contrasta con l’emergenza della pandemia, con il ritorno verso spazi più fortemente individualizzati, privati, adatti alla cura di sé.
Abitazioni senza qualità: la valorizzazione di modelli di vita e di abitare più sostenibili passa attraverso la capacità degli architetti di dare forma e significato alle nuove esigenze.
Le politiche verdi devono superare la mera ottica delle prestazioni. È necessario che gli architetti elaborino modelli di recupero dell’esistente, al fine del vivere e dell’abitare sostenibile, propongano luoghi e spazi funzionali alla crescita verde.
Gli investimenti del Superbonus potranno finanziare un miglioramento delle prestazioni energetiche, certamente utile e redditizio, ma sarebbe un’occasione sprecata se fossero privi di qualità e di bellezza.
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