Sulla Campania sono stati puntati in queste ore i riflettori nazionali. Si trattava di una delle sole tre regioni, insieme al Veneto e alla Liguria, in cui il risultato fosse ancora incerto. Una di quelle che avrebbero potuto fare la differenza per il bottino del Pd di Matteo Renzi. E tuttavia lo stesso premier non ha considerato la sfida campana come un banco di prova, sia perché molto distante per storia personale dal candidato governatore Vincenzo De Luca,sia perché non intenzionato a puntare su una regione ancora, dal punto di vista elettorale, in bilico. Tanto più che De Luca correva per la presidenza regionale per la seconda volta, dopo essere stato sconfitto, cinque anni prima, dal presidente uscente e ricandidato Stefano Caldoro.
L’endorsement per De Luca da parte del presidente del Consiglio è giunto solo negli ultimi giorni di campagna, quando Renzi ha espresso il suo appoggio con un’abile strategia comunicativa: i cittadini campani venivano allora invitati a votare un sindaco come presidente, ricordando come l’efficacia amministrativa del primo cittadino di Salerno fosse proprio quella di cui necessita una grande regione come la Campania. E mettendo da parte, appunto, il salto di scala in termini di numero di abitanti, funzioni di governo, dimensioni delle problematiche che attendono anche un navigato politico come De Luca al suo ingresso a Palazzo Santa Lucia. La decisione di Rosy Bindi di includere il nome del candidato Pd campano nella lista degli “impresentabili” della commissione antimafia ha costretto poi il Primo ministro a schierarsi maggiormente a difesa di De Luca, preoccupato delle conseguenze sul voto di opinione non solo in Campania ma anche in altre regioni in cui esso è stato più determinante.
Di fatto Matteo Renzi ha rotto gli indugi poco prima che lo facessero le urne. A sorpresa De Luca è divenuto presidente della Regione Campania con il 41% delle preferenze, superando il suo antagonista di quasi tre punti percentuali. In termini assoluti la sua performance non corrisponde certo a un record di consenso: basti pensare che nelle precedenti consultazioni elettorali Caldoro diveniva presidente col 54%dei voti, staccando il suo rivale di ben 11 punti. De Luca ottiene inoltre nel 2015 due punti percentuali in meno di quelli del 2010. Infine cresce anche l’astensionismo di oltre dieci punti, tanto che nelle regioni italiane in cui si è votato un elettori su due decide di non recarsi alle urne. Anche il Pd ottiene un vantaggio di misura sugli altri partiti: con il 19,5% supera il 17,8% di Forza Italia, mentre il Movimento 5 Stelle si conferma terzo polo col 17%.
Esistono molti elementi che contribuiscono a fare delle ultime elezioni campane un vero e proprio successo del nuovo governatore, in gran parte riconducibile a dinamiche locali.
Uno di questi attiene alla consistenza del voto macro-personale, vale a dire il consenso che il candidato alla presidenza riesce a guadagnare in modo autonomo rispetto a partiti e coalizione. De Luca stacca la sua coalizione di ben 7,6%. A ciò si aggiunga la buona affermazione della lista che porta il nome del candidato presidente, che raggiunge il 5% dei voti portando ben quattro consiglieri in assemblea regionale.
Basta poi dare uno sguardo alle liste presentate alle elezioni campane per rendersi conto di come la politica regionale possa presentare le sue peculiarità. Si sono avute ben 22 liste in campo, che superano le diciassette con le quali la Campania occupava uno dei primo posti tra le regioni italiane all’ultimo appuntamento elettorale. La sola coalizione del centro-sinistra si è composta di ben 9 soggetti. Se dunque i sistemi politici regionali si sono distanziati dal formato della competizione al centro del paese, la Campania è stato uno degli esempi più chiari di frammentazione dell’offerta elettorale.
Un terzo elemento che ribadisce la natura locale di queste elezioni è la persistenza del voto di preferenza, che al Sud da sempre ha conosciuto dimensioni molto significative e che sembra ancora riguardare un votante su due. Segno che la campagna elettorale meridionale è ancorata ai discorsi della politica nazionale quanto al porta al porta degli aspiranti consiglieri.
In uno scenario del genere la vittoria di De Luca, anche se non raggiunge numeri plebiscitari, non si può che attribuire alla performance elettorale del candidato, che lontano e anche nonostante i difficili equilibri al centro del paese, è riuscito a conquistare il posto di presidente. Grazie alla sua immagine di amministratore efficace e alla sua capacità di controllo del territorio. A molti è sembrata una campagna elettorale combattuta come si farebbe in una città di media dimensione, con energia e tenacia, orientati al contatto con i cittadini. Sono anche in molti ora ad aspettare che il sindaco possa utilizzare il suo expertise per il governo della regione.
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