L’Europa è senza identità: quanto volte ce lo siamo sentiti dire. Eppure qualche segnale importante durante tutti questi anni di Unione si è visto. Soprattutto sul fronte culturale, dove due fenomeni ormai decennali hanno segnato profondamente e in modo trasversale il continente. Entrambi sono dotati di un valore speciale perché di entrambi sono artefici i giovani europei. Si tratta di Erasmus, il programma di mobilità studentesca dell’Unione europea, creato nel 1987, e dell’orchestra giovanile europea (European Union Youth Orchestra, Euyo).

Per il primo c’è il rischio di un calo significativo dei finanziamenti; per la seconda la chiusura.

Nata nel 1976, la Euyo è un pezzo della stessa identità europea. Ho bene in mente quando la sentii a Bolzano, dieci anni fa, diretta da Vladimir Ashkenazy, con una giovanissima Janine Jansen solista. Erano previsti Schnittke – il «(K)ein Sommernachtstraum» – il quinto concerto per violino di Mozart e la quarta di Šostakovič. Fu un programma assai impegnativo, soprattutto se si pensa all’età dei musicisti. Nel flyer di sala era specificato che dei 140 elementi in carico all’orchestra nessuno aveva più di 24 anni (moltissime ragazze, gli italiani una sparuta minoranza). È una regola che vale ancora oggi in questa che nei fatti è una vera e propria scuola di altissima formazione che ospita musicisti dai 16 ai 26 anni di età. Una volta usciti dalla Euyo, molti di loro entrano nelle principali compagini sinfoniche del mondo. Quel concerto da Bolzano attraversò l’Europa, passando per Londra, Copenhagen, Berlino e Amsterdam.

Ora un simile patrimonio rischia di sparire a causa dei criteri fissati due anni fa a Bruxelles per i finanziamenti di progetti culturali, che ha annullato qualsiasi sostegno a singole organizzazioni che non producano progetti in partnernariato. Diretta negli anni da grandissimi – un nome per tutti, Claudio Abbado, artefice della sua stessa fondazione –, la Euyo rappresenta l’eccellenza artistica ed è la prova stessa che una reale trasversalità nei 28 Paesi dell’Unione, nonostante le mille diversità di ogni tipo, è possibile, almeno se si lascia il ruolo di protagonisti ai giovani. Del resto, se c’è un linguaggio che non ha confini è proprio quello musicale, tanto nell’esecuzione, quanto nell’ascolto. Ma se gli esecutori tra loro sanno intendersi bene anche ricorrendo alla lingua franca per eccellenza, che per ironia è proprio quella del Paese che tra poco si esprimerà sulla Brexit, senza musica tra chi è in sala ad ascoltare non ci sarebbe un linguaggio comune.

Non è un caso, del resto, se il simbolo più forte dell’Ue è il suo inno, quel Beethoven che canta Schiller in cui tutti sanno immediatamente riconoscere l’Europa.

Esagero, e produco un altro ricordo personale. Era il 2001 e grazie al Radio3 ascoltavo l’ultimo dei concerti romani con cui Claudio Abbado si avviava a chiudere il suo ciclo di direttore dei Berliner: era, appunto, la Nona sinfonia. È un po’ idiota da dire pubblicamente, ma mentre dopo cena, in una serata di metà febbraio, ascoltavo la radio rigovernando la cucina, all’attacco dell’Adagio quasi mi commossi. Quella era l’idea per nulla retorica di comunione d’intenti che doveva andare avanti. Anche per chi non fosse in grado, arrivato all’Allegro finale, di comprendere una parola di quel «O Freunde, Nicht Diese Töne!».

Con la fine dell’Euyo, se fine sarà, se ne va anche un pezzo di quel comune sentire che ha accolto in un unico pensiero di crescita tanti europei, di volta in volta tedeschi, italiani o quel che è.

Si dice che il guaio più grande dell’Europa sia di non avere una guida. O, peggio ancora, di non averla nella forma ma invece nella sostanza. E che questa guida sia, ovviamente, la Germania, forte della sua egemonia non voluta. Chi la Germania la conosce almeno un poco non può credere che, forte di una grande tradizione musicale e di un robusto presente, fatto anche di orchestre e cori giovanili, possa lasciare il destino di una storia importante come quella dell’Euyo nelle mani della burocrazia. Nelle mani, in definitiva, della stupidità umana.

[Qui il link per partecipare alla campagna per salvare l’Orchestra giovanile europea]