L'inaspettato abbandono. Mercoledì 5 marzo, nel corso di una conferenza stampa presso l’hotel Corobicì di San José, il candidato alle presidenziali Johnny Araya, che nel corso del primo turno delle elezioni aveva ottenuto il secondo posto, ha dichiarato di voler abbandonare la competizione elettorale, prevista per il prossimo 6 aprile, per dedicarsi alla leadership del suo partito, Liberación Nacional. Le dimissioni di Araya sono un evento senza precedenti nella storia politica del Costa Rica; questa circostanza, assolutamente inaspettata, lascia campo libero al candidato del Partido de Acción Ciudadana, Luis Gulliermo Solís Rivera, storico e professore universitario.
Le ragioni della scelta di Araya sarebbero date dai risultati di un sondaggio della rivista "Semanario Universidad", secondo cui l’ex sindaco di San José si collocherebbe al 20,9% nelle preferenze dei votanti, contro il 64,4% attribuito a Solís, e da scarsa reperibilità di fondi per il secondo turno della campagna elettorale. Il Pln avrebbe una disponibilità di meno di 1.000 milioni di colones, avendo impiegato oltre 4.500 milioni nella prima fase, mentre il Pac disporrebbe di oltre 3.500 milioni, contro i 1.500 milioni finora utilizzati. Queste condizioni, secondo quanto dichiarato dallo stesso Araya, avrebbero reso la competizione elettorale eccessivamente difficile. Dopo essersi riunito con il Directorio político del suo partito, insieme ai suoi familiari e ai deputati eletti all’Assemblea legislativa, Araya ha riconosciuto l’impossibilità obiettiva di proseguire la sua corsa alla Casa Presidencial, asserendo che la sua decisione sia stata dettata dal buon senso e per il bene del Paese.
I 18 deputati eletti al primo turno hanno immediatamente sostenuto Araya, dichiarandosi pronti a riconoscerlo come leader dell’opposizione dell’eventuale governo di Solís, il quale ha affermato che la campagna elettorale del suo partito proseguirà senza modifiche, alla ricerca del milione di voti mancanti per dare legittimità al suo governo e che l’inattesa uscita di scena del suo avversario principale non costituisce affatto il segno di una vittoria sicura per il Pac.
La reale causa delle dimissioni di Araya è riscontrabile in una serie di manifestazioni spontanee contro la possibile costituzione di un governo liberacionista, poiché il Pnl avrebbe governato per tre mandati consecutivi se avesse vinto il 6 aprile prossimo. Tuttavia, come sottolineato da Solís nel corso di un’intervista rilasciata all’emittente statunitense Cnn, emerge una certa contraddizione nella scelta del candidato liberacionista il quale, pur defilandosi dalla competizione elettorale, ha altresì annunciato di essere pronto a ringraziare personalmente i suoi sostenitori visitando i vari comitati locali del Paese. Ciò creerebbe una condizione indefinita: la Corte costituzionale, infatti, ha dichiarato che, nonostante le sue dimissioni, il nome di Araya deve essere comunque presente nella lista dei candidati. Ma la direzione elettorale del Pnl e la sua nuova fazione legislativa hanno affermato che proseguiranno a chiedere il voto in favore di Don Johnny.
Se da una parte il voto del 6 aprile è necessario alla matura democrazia costaricana, per cui che non sarà un candidato o un partito a decidere per il popolo ma sarà il popolo stesso, tra un mese circa, a eleggere il suo prossimo presidente, dall’altra parte emerge come la formula politica costaricana mostri una certa fragilità. L’effettivo esercizio della democrazia diretta e della sua rappresentatività popolare è parzialmente offuscato dalla consapevolezza dei partiti che la prima tornata elettorale è più un banco di prova tra di loro e le varie componenti dell’élite politica, non una fase decisiva per la definizione della volontà elettorale della nazione. L’intenzione originaria dei padri fondatori della Seconda Repubblica costaricana nel 1948 era, invece, la costituzione di un meccanismo elettorale moderno, che tenesse conto dell’elezione diretta del capo dello Stato come espressione della volontà del popolo, e soprattutto che garantisse l’emersione di un leader politico rappresentativo, secondo la formula politica paternalistica (ma non autoritaria) che dal 1821 aveva reso il Costa Rica un esempio di democrazia e modernità nella garanzia dell’alternanza. Tuttavia al primo turno gli schieramenti politici si alleano come se il sistema elettorale fosse proporzionale, scegliendo un candidato e sostenendolo. Le dimissioni di Araya possono essere interpretate secondo questo orientamento: che sia compromesso o scontro, dimissioni comprese, il gioco politico sembra rimanere inesorabilmente in mano a un’élite e alle sue strategie.
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