La Lettonia guarda a Nord. Le elezioni parlamentari svoltesi il 2 ottobre in Lettonia hanno decretato la vittoria del partito di governo “Unità”. La formazione di centrodestra, liberista e europeista, guidata dal premier Valdis Dombrovskis ha ottenuto il 30,5% dei consensi, al secondo posto con il 25% si è piazzato il “Centro dell’Armonia”, partito filorusso che lo scorso anno ha vinto le elezioni municipali a Riga,mentre il partito “Unione dei Verdi e dei Contadini” ha ottenuto quasi il 20% . Hanno superato lo sbarramento del 5%, entrando così nel Saeima, il parlamento monocamerale lettone, anche il partito del magnate Viesturs Koziols “Per una buona Lettonia” e i nazionalisti del “Tutto per la Lettonia. Per la Patria e la Libertà”. Lo scenario rimane abbastanza incerto: mentre si pensava a un iniziale governo formato dall’ “Unità” con i nazionalisti, ora Dombrovskis ha iniziato a negoziare con i Verdi, i quali, tuttavia, sospettano che possa entrare nelle compagine governativa il “Centro dell’Armonia”. Proprio il partito filorusso è inviso ai più, e l’opzione di una sua alleanza col partito di governo verrebbe osteggiata dalla maggior parte dei lettoni. È da tenere in considerazione, tuttavia, la crescita del “Centro dell’Armonia” guidato dal sindaco di Riga Nils Ushakov, che nei sondaggi pre-elettorali sembrava addirittura poter vincere le elezioni e che ha preso, anche alle elezioni parlamentari, la maggioranza dei voti nella capitale. Il partito, portavoce della comunità russofona che costituisce circa il 27% della popolazione, ha coagulato attorno a sé anche il malcontento di molti lettoni, insofferenti dinanzi alla grande crisi che ha portato l’economia a una contrazione del 18% (la maggiore di tutta l’Unione europea) e fatto salire la disoccupazione attorno al 15%. La politica di austerity lanciata da Dombrovskis nel corso dell’ultimo anno, che ha comportato ampi tagli ai servizi pubblici, scuola e sanità in particolare, sembrava si sarebbe ritorta contro il governo in carica, portando i filorussi per la prima volta al governo del paese dal 1991. Invece, la notizia di un prestito di 7,5 miliardi di euro concesso da Danimarca, Estonia, Finlandia, Svezia e Norvegia, e supervisionato dall’Unione europea e dal FMI, assieme alle notizie dell’OCSE che danno l’economia lettone in lenta ma graduale ripresa negli ultimi due trimestri, hanno permesso alla compagine governativa uscente di recuperare voti e di riaffermarsi come primo partito.
Sulla scia di questi eventi, Dombrovskis, nonostante le molte incognite sulla formazione del governo, ha annunciato che porterà avanti la politica di rigore economico, affinché la Lettonia possa entrare nell’eurozona nel 2014. Certamente rimane un traguardo arduo e ambizioso, dettato anche dal fatto che la vicina Estonia, con uno sviluppo negli ultimi due trimestri secondo solo a quello della Germania, adotterà l’euro dal 1° gennaio 2011. Ma se la questione “etnica” sembra essere in parte superata, portando un partito filorusso a ottenere consensi anche tra i lettoni, la Lettonia rimane un paese alle prese con altri problemi, tra i quali, come ha ricordato di recente un articolo apparso sull’“Economist”, la concentrazione dei media nelle mani di pochi oligarchi (fatto, questo, che ha fatto scivolare il paese al 55° posto della classifica stilata dalla Freedom House, comunque davanti a Grecia, Italia, Romania e Bulgaria; l’Estonia condivide invece la 19° posizione con la Germania). Sembra che proprio l’Estonia sia diventato il modello di riferimento per un’“apertura a nord” della Lettonia. Rimane da vedere se e come il paese saprà attrarre a sé investitori scandinavi e se la “questione russa” si ripresenterà nel futuro immediato.
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