Pubblichiamo uno scritto inedito di Tommaso Padoa-Schioppa che risale al 2009, trasmesso al Mulino da Antonio Padoa-Schioppa. Dopo la fine prematura del secondo Governo Prodi, nel quale Tommaso Padoa-Schioppa aveva ricoperto la funzione di ministro dell’Economia (sulla sua attività nel biennio 2006-2008 si veda il volume Due anni di governo dell’economia, a cura di C. Fenu e A. Padoa Schioppa, Il Mulino, 2011), in diversi articoli sul “Corriere della Sera” degli anni 2008-2010 (Scritti per il Corriere, 1984-2010), si era soffermato su alcuni temi di fondo irrisolti che stavano (e ancora stanno) alla base della crisi politica dell’Italia. Le pagine che seguono prospettano un programma di ripensamento del sistema politico italiano focalizzato su pochi essenziali profili, attuabile anche a Costituzione immutata ma necessitante ad avviso dell’autore di un lavoro di preparazione qualificato. Esse conservano oggi un indubbio valore e una sorprendente attualità.

1. L’azione necessaria a una ricostruzione della civiltà politica in Italia sarà efficace solo se sarà fondata su un’elaborazione intellettuale di tipo nuovo e del tutto libera da interessi contingenti. Questa elaborazione non è stata finora intrapresa in modo sistematico, né da parte delle forze politiche (nemmeno da quelle di opposizione) né da parte del mondo della cultura. È forte il rischio che l’occasione storica di una rifondazione della repubblica - un momento che certo si presenterà - colga l’intero Paese del tutto impreparato. Se ciò avvenisse, la fine dell’attuale ciclo politico rischierebbe di essere seguita da una catastrofe ancora più grave dell’attuale e forse da un vero e proprio disfacimento dello Stato nato dal Risorgimento.

Quando quel momento verrà, si dovrà non solo correggere le patologie accumulatesi nell’ultimo quindicennio, ma anche intervenire sulle loro radici più antiche, sviluppatesi già nei primi anni della Repubblica e poi aggravatesi. Si tratta di un’operazione di carattere costituente, perché riguarda i fondamenti del contratto sociale. Come tale deve limitarsi a poche questioni di fondo attinenti al sistema politico, alla struttura dello stato, al funzionamento dei suoi organi, all’esercizio del potere. Deve lasciare fuori le questioni economiche, sociali, o di altro tipo su cui i programmi dei partiti si pongono ordinariamente in competizione per la guida del Paese.

2. Poiché riguarda gli elementi fondamentali della convivenza, è certo auspicabile che la ricostruzione della repubblica avvenga secondo linee condivise da un ampio spettro di forze politiche. Non è, tuttavia, indispensabile. Analoghi momenti di svolta sono avvenuti - in Italia e in altri paesi - in modo tutt’altro che condiviso: si pensi alle storiche riforme elettorali o sociali in Gran Bretagna, alla Ostpolitk in Germania e, nel caso italiano, alle scelte fondamentali compiute nel dopoguerra (Alleanza atlantica, Europa, apertura internazionale, ecc.). Se le scelte sono ’giuste’, se corrispondono agli interessi profondi dell’intera società e sono coerenti con la sua evoluzione storica, chi le avrà inizialmente avversate, finirà col farle proprie. Ciò che è essenziale non è la ricerca di ‘larghe intese’, bensì la consapevolezza e la volontà, da parte di chi intraprende un’azione riformatrice, di operare a beneficio di tutto il sistema politico e non di una sua sola parte. Tra la larghezza delle intese iniziali e l’intransigenza su principi ispiratori e indirizzi di fondo deve prevalere l’intransigenza.

3. La riflessione deve a) individuare le poche essenziali questioni su cui concentrare il proprio lavoro; b) elaborare, per ciascuna di esse, i capisaldi delle soluzioni proposte; c) definire lo strumento (o gli strumenti) di attuazione. Questa nota tratta il primo e il terzo dei tre punti. Il terzo viene esposto per primo perché l’impostazione che si propone (operare entro la Costituzione del 1948 puntando a una sua ‘rilettura’ che modifichi, anche profondamente, la cosiddetta costituzione materiale) andrebbe assunta come una sorta scelta di metodo con cui entrare negli altri due capitoli del lavoro di riflessione: ciò al fine di verificare la validità della scelta e di dare concretezza al programma di attuazione delle soluzioni proposte.

Lo strumento: una riforma della costituzione materiale

4. Alcuni, forse i più, ritengono che l’opera di ricostruzione richieda una nuova Costituzione e un’Assemblea costituente. È invece nostra convinzione che sia possibile, e decisamente preferibile, attuare la necessaria riforma della nostra civiltà politica attraverso una nuova interpretazione della Costituzione del 1948 che modifichi la cosiddetta costituzione materiale senza intervenire sulla costituzione scritta. Si tratta di riscoprirne possibilità, interpretazioni e aspetti che erano stati finora ignorati o addirittura travisati e che tuttavia non solo non contraddicono la volontà dei padri costituenti, ma spesso addirittura le sono più fedeli.

Ecco alcuni esempi di riforme che non contraddicono la Costituzione, ma anzi in qualche caso la applicano più pienamente: potere del presidente del Consiglio di revocare il mandato ministeriale a membri del Governo; potere del Governo di provvedere per decreto in materie per le quali la Costituzione non formula una esplicita riserva di legge; correzioni profonde del cosiddetto bicameralismo perfetto volte a snellire i lavori parlamentari e a specializzare le due camere; altre riforme dei regolamenti parlamentari; regolamentazione per legge dell’attività sindacale e dei partiti politici.

5. La via di una riforma della Costituzione materiale presenta alcuni notevoli vantaggi rispetto a quella di una nuova Assemblea costituente. Risparmierebbe una nuova rottura violenta di continuità a un Paese già povero di tradizioni istituzionali e civili. Eviterebbe il salto nel buio del fare tabula rasa in momento in cui la tensione morale e civile è certo inferiore a quella dell’Italia del 1946. Arricchirebbe la vita delle nostre istituzioni di un’esperienza essenziale per ogni civiltà politica, quella del cambiamento nella continuità. Infine, potrebbe avere tempi e procedure assai più snelli di quelli della convocazione di un’Assemblea costituente.

6. La praticabilità di questa via deve, tuttavia, essere verificata e proprio questa verifica è tra gli scopi precipui del lavoro che qui si propone. Occorre essere consapevoli che gli argomenti e gli interessi contrari a una riforma della costituzione materiale ‘a Costituzione scritta invariata’ sono molto potenti. La costituzione materiale è scolpita nella mente dei più, è consegnata nei regolamenti parlamentari, nelle cosiddette prassi costituzionali, nelle sentenze della Corte Costituzionale e in intere biblioteche di note a quelle sentenze, di tesi di laurea e di articoli di stampa scritti dagli autori di esse o dai loro allievi. Forse solo la grande autorità di qualche costituzionalista disposto a una revisione intellettuale anche profonda può, sul terreno della dottrina, porre le basi indispensabili per una riforma della costituzione materiale.

Quattro temi: legalità, democrazia, informazione, laicità

7. Si propone di articolare due giornate di discussione intorno ai seguenti quattro grandi temi: stato di diritto, democrazia, informazione, laicità. A ognuno di essi verrebbe dedicata mezza giornata. Ognuno verrebbe introdotto da due brevi relazioni. Per ognuno dei grandi temi, l’intento è di giungere, attraverso una discussione approfondita, alla individuazione degli elementi essenziali di una riforma della repubblica che siano ad un tempo in grado di ripristinare un corretto funzionamento dello stato e della democrazia in Italia e coerenti con la Costituzione del 1948.

Ognuno dei quattro temi viene qui di seguito sinteticamente illustrato al fine di delineare i contorni della discussione.

8. Stato di diritto. Oltre, e per certi versi più ancora, che la democrazia, in Italia deve essere ristabilito lo stato di diritto. Si tratta di ripristinare la certezza del diritto, della sua uguaglianza per tutte le persone fisiche e giuridiche, della sua applicazione, della sanzione per chi la trasgredisce. Oggi la legge non viene applicata e non è uguale per tutti: oltre alle cosiddette leggi ad personam, sono state create vastissime aree di legislazione speciale e di emergenza, sottratte alle ordinarie garanzie di legittimità e legalità. I tempi della giustizia sono talmente lunghi e ineguali da rendere inutile e da scoraggiare il ricorso alla giustizia. Nonostante l’integrità e addirittura l’eroismo di molti magistrati, l’ordine giudiziario si è politicizzato, burocratizzato e corporativizzato in modo talmente grave da screditarsi agli occhi dei cittadini e da aprire la via ad attentati alla sua indipendenza. Il Consiglio Superiore non svolge il suo compito in modo efficace ed autorevole ed è incapace di farsi promotore, nei campi di sua competenza, di un’azione di riforma.

9. Governo democratico. Si tratta di ripristinare i fondamenti del governo democratico, che in Italia non hanno mai funzionato in modo compiuto, né prima né dopo la guerra. La parola ‘governo’ si riferisce in senso lato a tutti i livelli di governo esistenti in una struttura dello stato di tipo federale: centrale, regionale, locale. Il governo deve essere espressione della volontà popolare quale si esprime nelle elezioni generali. Chi ha vinto le elezioni deve essere in condizione di governare, anche se ha vinto per un solo voto. L’equilibrio dei poteri, un sistema di checks and balances e la subordinazione del governo alla legge devono impedire a questo di rendersi inamovibile e di opprimere l’opposizione. Ogni livello di governo deve essere fiscalmente responsabile. Le leggi devono essere non solo approvate, ma anche elaborate e discusse in parlamento, dove l’opposizione si esprime. I parlamentari devono essere scelti dagli elettori. Le organizzazioni politiche e sindacali devono poter svolgere la loro funzione in piena libertà, ma devono essere disciplinate per legge quanto a democrazia interna, fonti di finanziamento, rispetto della legalità, trasparenza dei comportamenti e delle procedure. L’ordine giudiziario deve essere indipendente non solo dagli altri poteri dello stato, ma anche da ogni influenza di partito e sindacale.

10. Libertà, indipendenza, responsabilità dell’informazione. Non ci può essere governo democratico se, come oggi in Italia, la formazione dell’opinione pubblica e della volontà popolare non sono libere. Questo aspetto della restaurazione democratica è talmente importante da richiedere una trattazione a sé. Va delineata una disciplina del sistema dell’informazione che non solo ne assicuri la libertà ma che anche ne tuteli l’indipendenza da interessi politici, economici e di altro tipo. In Italia queste condizioni non sono mai state realizzate in modo effettivo, nemmeno quando la carta stampata costituiva la quasi totalità del sistema dell’informazione: la degenerazione del rapporto tra potere e televisioni è figlia di un’analoga, antecedente e perdurante degenerazione dei giornali. Una riforma del sistema dell’informazione deve perciò riguardare non solo le televisioni pubbliche e private, ma anche i giornali, la professione giornalistica, la proprietà dei mezzi d’informazione, la responsabilità di chi pubblica, la tutela dei diritti delle persone (fisiche e giuridiche, pubbliche e private) nei confronti di chi fa informazione.

11. Laicità dello Stato.La separazione tra sfera politica e sfera religiosa della vita associata, su cui sono fondati gli stati moderni dell’Occidente, è oggi rimessa in questione in molte parti del mondo, anche nei paesi dove essa è proclamata dalle costituzioni. Lo è particolarmente in Italia per effetto della scomparsa dell’azione svolta nel dopoguerra dalla Democrazia cristiana, per la crescente rilevanza assunta dai temi cosiddetti ‘etici’ nel dibattito politico e nella legislazione e per la caratterizzazione della società italiana in senso sempre più multi-religioso. La riflessione deve riguardare i modi per assicurare libertà di culto e di organizzazione alle comunità religiose, impartire a tutti principi fondamentali di educazione civile attraverso il sistema scolastico, tutelare della laicità dello Stato, distinguere correttamente tra i principi etici recepiti dalla legge e quelli affidati alla coscienza del singolo, garantire la libertà dei singoli rispetto alle comunità religiose di origine.

Organizzazione

12. Il lavoro dovrebbe essere compiuto da un gruppo di persone interessate, che condividano un’analisi di fondo delle patologie italiane e i principi-guida di un’opera di ricostruzione, che siano disposte a dedicare al progetto una parte del proprio tempo, a lavorarvi gratuitamente e in modo indipendente dalle forze politiche e, in prevalenza, non impegnate nella ordinaria attività politica.

Il gruppo dovrebbe essere sufficientemente ristretto da potersi riunire con una certa facilità e da consentire un’interazione stretta fra i suoi componenti. Dovrebbe farne parte un congruo numero di persone di giovane età attratte dalla volontà di consacrare una parte (ed eventualmente l’intera) propria attività all’impegno politico.

In una prima fase il lavoro dovrebbe essere compiuto in piena riservatezza, per garantire meglio la libertà di una prima elaborazione di idee; ma dovrebbe successivamente aprirsi a una discussione e ad adesioni più ampie, non escludendo di divenire un movimento di opinione capace di influire sul corso della politica.