Le sterilizzazioni forzate negli Usa. “Mi hanno tagliata come fossi un maiale”: così Elaine Riddick, una delle 7.600 vittime delle sterilizzazioni forzate condotte tra gli anni Trenta e gli anni Settanta in North Carolina, ricorda quando, all’età di 14 anni, lo Stato la privò della possibilità di generare altri figli. Nel 1968 Elaine, una donna afro-americana di Winfall che oggi vive ad Atlanta, fu violentata da un vicino di casa; rimase incinta.Quando diede alla luce il suo bambino, i medici convinsero sua nonna ad autorizzare la procedura. Come molte delle persone sterilizzate contro la loro volontà negli Stati Uniti del Ventesimo secolo, Elaine era donna, povera, nera, incapace di difendersi. Fin dal 1907, 32 Stati della federazione adottarono leggi ispirate all’eugenetica (validate dalla Corte suprema nel 1927), che consentivano la sterilizzazione degli individui considerati “manifestamente incapaci a dare continuità alla specie”. Le vittime erano detenuti, poveri che vivevano di sussidi pubblici, donne considerate sessualmente deviate, maschi omosessuali, persone che soffrivano di disturbi mentali. In alcuni Stati, gli afro-americani e gli ispanici divennero destinatari privilegiati. L’ultimo programma fu interrotto nel 1979.
Dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando l’eugenetica fu associata alle sperimentazioni condotte nei lager nazisti, il numero delle sterilizzazioni forzate calò. Fece eccezione la North Carolina, dove restava in vigore una delle leggi più permissive del Paese: era sufficiente che un medico o un assistente sociale raccomandasse all’Eugenics board statale la sterilizzazione di un privato cittadino, e questi poteva essere prelevato dalla propria abitazione e sottoposto alla procedura. Negli altri Stati, le sterilizzazioni potevano essere effettuate solo su individui in stato di detenzione o di internamento. L’intervento era, spesso, solo formalmente consensuale: firme estorte a contadini analfabeti, donne alle quali non veniva chiarita l’irreversibilità della procedura, assistiti minacciati della revoca dei sussidi pubblici, persone private della libertà personale alle quali la sterilizzazione era imposta come condizione per il rilascio. Paradossalmente, l’ampliamento dei programmi sanitari e di Welfare finanziati dal governo federale, negli anni Cinquanta e Sessanta, diede un nuovo impulso alle sterilizzazioni: proprio quando le prime leggi statali sull’eugenetica furono abrogate, prendeva piede una nuova ondata di sterilizzazioni obbligatorie, spesso nascoste all’interno dei nuovi programmi di salute riproduttiva destinati ai poveri. Inoltre, dopo la legalizzazione dell’interruzione volontaria di gravidanza, nel 1973, la sterilizzazione fu spesso imposta alle pazienti di Medicaid (l’assicurazione federale per gli ingenti) come condizione per abortire.
Nel complesso, a livello nazionale, le vittime certificate nel corso del secolo sono circa 60.000. La cifra reale, tuttavia, potrebbe essere molto più elevata, poiché si deve tener conto delle sterilizzazioni “mascherate” all’interno dei programmi socio-sanitari e degli interventi condotti nelle istituzioni private. Negli anni Settanta, i movimenti delle donne avviarono una serie di cause giudiziarie contro le sterilizzazioni non volontarie; a metà del decennio, fu fondato il Committee to End Sterilization Abuse, che nel 1978 ottenne dal ministero della Salute l’emanazione delle linee-guida federali che regolamentavano la pratica, introducendo, in particolare, il principio del consenso informato. Nel 2002, la North Carolina ha presentato le proprie scuse ufficiali alle vittime, seguita da altri sei Stati. All’inizio del 2011, la governatrice Bev Perdue ha quindi istituito una commissione d’inchiesta con l’obiettivo di raccogliere le testimonianze delle vittime e presentare al Parlamento dello Stato una proposta per l’erogazione di risarcimenti – economici o in servizi – a coloro che hanno subito il trattamento. La North Carolina è l’unico Stato ad aver finora preso in considerazione l’ipotesi di risarcire le vittime. E’ tuttavia difficile credere che l’Assemblea parlamentare, controllata dai repubblicani e impegnata a promuovere tagli draconiani al bilancio statale, sia disponibile a destinare una cifra considerevole a questo scopo. Soprattutto, come osserva Elaine Riddick, un risarcimento non basta a restituire dignità a chi è stato considerato inadeguato a dare la vita.
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