Scacco al Re(nzi)? Uno sguardo al 9 dicembre. La posizione più alta del podio conquistata in occasione delle primarie chiuse – ovvero limitate ai soli iscritti democratici – delle scorse settimane ha aperto la strada verso la segreteria a Matteo Renzi. Il sillogismo, tutto sommato, è abbastanza semplice. Il Rottamatore è più popolare fra i simpatizzanti e gli indipendenti che fra gli iscritti; il Rottamatore ha vinto fra gli iscritti (come C&LS aveva previsto circa un mese fa); a maggior ragione, il Rottamatore vincerà le primarie aperte dell’8 dicembre grazie al voto dei simpatizzanti e degli iscritti. I quali, fra l’altro, nel passato hanno sempre costituito almeno i tre quarti del selettorato.
Quindi tutto facile? Forse no, perché l’establishment del Partito democratico, travolto dalla blitzkrieg di Renzi, sta predisponendo le trincee per la guerra di posizione del giorno dopo. Come già avvenuto un anno fa in occasione delle primarie di coalizione per la premiership, il contrasto a Renzi si basa in larga misura sull’uso contra personam delle regole. Nel 2012 questo uso si concretizzò in tre innovazioni: la pre-registrazione introdotta nelle settimane precedenti le primarie; il diniego del diritto di voto ai diciassettenni; il doppio turno. I primi due accorgimenti, senza intaccare la natura aperta delle primarie, aumentavano gli ostacoli per, o impedivano la partecipazione di, quegli elettori che si sapevano inclini a sostenere Renzi. Il doppio turno aveva invece la funzione di consentire ai sostenitori di Vendola di convergere su Bersani in occasione del ballottaggio, come puntualmente poi avvenne.
E quest’anno? Quest’anno le regole non sono state aggiustate in modo tale da prevenire la vittoria di Renzi, compito evidentemente ritenuto impossibile. Piuttosto, due interventi sul regolamento congressuale e uno – in fieri? – sullo statuto sembrano predisporre un tentativo di evitare le conseguenze più sgradite di quella vittoria.
Primo intervento. Nel 2009 l’elezione del segretario nazionale e dei segretari regionali avvenne nello stesso giorno. Ne derivò un chiaro effetto bandwagon, per cui vennero eletti 19 segretari regionali su 20 di comprovata fede bersaniana. Quest’anno le “norme di raccordo” contenute nell’articolo 12 del regolamento congressuale stabiliscono che, a scanso di equivoci, i segretari regionali saranno eletti “dopo la proclamazione del Segretario Nazionale ed entro il 31 marzo”.
Secondo intervento. Lo stesso articolo del regolamento congressuale prevedeva che gli organi provinciali del partito fossero eletti entro il 6 novembre, come è già avvenuto fra molte polemiche. Siccome a pensare male si fa peccato, ma di solito ci si azzecca, anche questa norma sembra mirare alla predisposizione di una trincea per il post 8 dicembre. E ha già consentito a Massimo D’Alema di sparare alcuni colpi di avvertimento affermando che, vada come vada, “Renzi ha il partito contro”.
Terzo, probabile, intervento. Lo statuto del Pd stabilisce che il segretario è anche l’unico possibile candidato alla presidenza del consiglio (artt. 3.1 e 18.8). Sennonché la norma è pubblicamente contestata dallo stesso segretario in carica, e la posizione di Renzi sul punto è notevolmente indebolita dalla deroga da lui stesso pretesa ed ottenuta appena un anno fa. Molto si parla della possibile aggressività di Renzi verso Enrico Letta e il suo governo. Tuttavia, la fine dell’unione fra la leadership e la premiership, attualmente prevista dallo statuto, sembra fatta apposta per favorire l’uscita dalle trincee di cui sopra e marciare contro Renzi sotto le insegne di Letta, unico condottiero credibile fra i vari Fioroni e Fassina.
Insomma, è prevedibile che l’8 dicembre finisca la battaglia per la leadership e inizi la guerriglia per la premiership con modalità meno congeniali alle qualità di Matteo Renzi. Come finirà? Difficile dirlo. L’enorme sostegno di cui il segretario in pectore gode attualmente dentro il Pd è, in verità, un po’ sospetto e, in caso di avversità, potrebbe fare la fine della neve al sole. Ma molto dipenderà anche da quello che avviene fuori dal Pd. Richiamiamo solo due fattori: la forza presumibile che conseguirà la costituenda coalizione di centrodestra e il tipo di sistema elettorale in uso in occasione delle prossime elezioni parlamentari. Questi due fattori determineranno quanto bisogno il Pd e il centrosinistra avranno di un leader in grado di essere decisivo nella battaglia elettorale. E lì, Matteo Renzi non sembra avere rivali.
"Questioni Primarie" è un progetto di Candidate & Leader Selection e dell'Osservatorio sulla Comunicazione Politica dell'Università di Torino, realizzato in collaborazione con rivistailmulino.it. In vista delle primarie del Pd, ogni settimana, sino all'8 dicembre, verranno ripresi contributi pubblicati nell'ambito dell'iniziativa tutti disponibili anche in pdf sul sito di Candidate & Leader Selection. Questa settimana contributi di Fulvio Venturino, Michele Sorice, Marco Valbruzzi, Stefano Rombi, Andrea Caretta, Mariano Cavataio, Luciano Fasano.
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