Il risultato elettorale del centrosinistra è stato pessimo ovunque. Ma il centrosinistra ha perso le elezioni nel Mezzogiorno. Se in Calabria, Campania e Puglia avesse avuto più voti del centrodestra al Senato, avrebbe ottenuto la maggioranza dei seggi in entrambe le Camere, e avrebbe potuto governare per cinque anni. Certo, in difficoltà politica, ma in piena legittimità. La circostanza che il centrodestra in quelle tre regioni abbia avuto più voti del centrosinistra ha davvero dell’incredibile.

Il governo Berlusconi 2008-11 ha messo in atto una lunga serie di interventi esplicitamente contrari al Mezzogiorno, ha definito una fortissima redistribuzione territoriale a suo sfavore, ha provato a contrastare in tutti i modi l’azione dei governi regionali e locali del Sud e delle sue istituzioni, ha operato contro le sue imprese. È stato certamente il governo più antimeridionale della storia d’Italia. Ma c’è di più. Nel programma elettorale del Pdl c’è la proposta di destinare il 75% del gettito fiscale alle regioni: decisione eversiva dell’unità nazionale e che impedirebbe il funzionamento dei più elementari servizi pubblici nel Sud.

Eppure non è difficile comprendere il perché. Il centrosinistra non hai speso una sola parola per denunciare e contrastare questi interventi e queste proposte. Non ha mai spiegato agli italiani, e in particolare ai meridionali, che l’intero importo per la ricostruzione dell’Abruzzo è stato sottratto a fondi prima destinati (quasi totalmente) allo sviluppo del Mezzogiorno; che il ministro Scajola il giorno in cui si è dimesso ha stornato con un decreto fondi destinati ai giovani ricercatori del Sud in favore dell’industria bellica; che il ministro Tremonti ha pervicacemente destinato ad altro risorse – per circa 35 miliardi di euro – che nei prossimi anni avrebbero consentito almeno in parte di colmare l’enorme gap di dotazione di infrastrutture e servizi pubblici al Sud. Al di là della straordinaria ma solitaria azione di Fabrizio Barca negli ultimi mesi, il centrosinistra non ha mai – in nessuna occasione – riflettuto sulla circostanza che nell’ultimo biennio (a differenza della prima fase della recessione) è stata colpita in particolare l’economia del Sud, più dipendente dalla domanda interna: e che lì andavano definite e proposte misure di impatto immediato, anche di importo finanziario relativamente limitato, per dare subito una risposta alla caduta verticale dell’occupazione e della fiducia. Quando il ministro Profumo ha incredibilmente proposto “gabbie territoriali” nel diritto degli studenti universitari ad accedere alla borse di studio, non si è alzata una voce di condanna politica, di principio. La voce del “gran lombardo” Piero Bassetti è stata l’unica che si è levata contro la proposta del 75%, in nome dell’orgoglio della più forte regione italiana, e del suo ruolo storico di stimolo e guida del Paese, e paventando il concreto rischio secessionista nei fatti.

Il centrosinistra sembra aver dedicato molta più attenzione alla composizione delle sue liste in quelle regioni, che a illustrare ai cittadini perché avrebbero dovuto votarlo. Ha avuto paura di apparire troppo meridionalista? Nessuno gli ha mai chiesto di schierarsi a difesa del Sud. Piuttosto, a difesa di tutti i cittadini italiani. Ma di tutti. Pronunciando quelle parole, formulando quelle idee (da un nuovo universalismo dei diritti di cittadinanza ai contenuti di una politica industriale e di sviluppo) che forse avrebbero dato a molti più elettori, a tutte le latitudini ma in particolare in quelle regioni, motivi per votarlo.