Questo articolo fa parte dello speciale Un Piano per il Paese
L’intervento di potenziamento infrastrutturale di asili nido e scuole dell’infanzia (linea di intervento M4 C1 I1.1) costituisce una delle misure bandiera del Pnrr. È un caso esemplare perché su questo intervento si concentra una serie di profili di grande interesse: riguarda una componente “innovativa” del nostro sistema di welfare, decisiva per le prospettive di crescita del Paese, affidata alla competenza dei Comuni ma con un’offerta assai differenziata sul territorio.
Le risorse complessive rese disponibili dal Pnrr sono ingenti: 4,6 miliardi di euro di cui 3,1 di nuove risorse Pnrr e 1,6 relativi a progetti in essere. Dei fondi Pnrr 2,4 miliardi riguardano la costruzione di asili nido (fascia di età 0-2 anni) e 600 milioni quella delle scuole dell’infanzia (3-6 anni) e dei poli dell’infanzia (che accolgono anche bambini 0-2 anni).
A questa linea di investimento il Pnrr associa un milestone e un target. Il primo, da conseguire entro giugno 2023, prevede l’aggiudicazione dei contratti di lavoro per la costruzione o la riqualificazione di asili nido e scuole dell’infanzia. Il secondo, fissato a fine 2025, consiste nell’effettiva attivazione di 264.480 nuovi posti tra asili nido e scuole dell’infanzia su tutto il territorio nazionale. Si dovrebbero così raggiungere gli obiettivi posti dal Consiglio europeo di Barcellona 2002: un’assistenza all’infanzia per almeno il 90% dei bambini di età tra 3 anni e l’età dell’obbligo scolastico e per almeno il 33% dei bambini con meno di 3 anni (la legge di bilancio 2022 ha riconosciuto il tasso di copertura del 33% quale Livello essenziale di prestazione sociale-Leps da garantire in tutto il Paese considerando anche l’offerta privata). Attualmente gli asili nido (pubblici e privati) coprono circa il 27% dei bambini in età ma con forti disparità territoriali tra Nord e Sud e tra grandi e piccoli comuni.
Come per molte altre linee di intervento, il Pnrr non ha allocato direttamente le risorse per gli asili mediante un piano deciso e gestito a livello centrale ma si è affidato a un avviso pubblico rivolto ai Comuni (soggetti attuatori) chiamati a presentare progetti per le nuove opere tra cui, sulla base dei criteri fissati dal ministero dell’Istruzione (soggetto titolare), selezionare su base competitiva quelli da finanziare. Questa scelta di procedere “dal basso” è stata però in qualche misura corretta prevedendo non la formazione di un’unica graduatoria nazionale dei progetti dai Comuni ma una procedura articolata in due fasi: dapprima il ministero ha allocato le risorse complessive tra i vari territori regionali e poi nell’ambito di ciascun plafond regionale ha stilato specifiche graduatorie dei progetti presentati dai soli Comuni di quella rispettiva area regionale. Questa pre-allocazione regionale ha il chiaro obiettivo di proteggere i Comuni con minore capacità progettuale, o in cui più debole è la percezione circa la necessità di potenziare il servizio asili (tipicamente quelli del Mezzogiorno), dalla “concorrenza” dei Comuni maggiormente in grado di rispondere prontamente al bando (quelli del Centro-Nord).
Per quanto riguarda in particolare i nuovi progetti Pnrr, nella fase di pre-allocazione il decreto del ministero del 2 dicembre 2021 ha ripartito i fondi complessivi tra aree regionali mediante due criteri: il divario (non meglio specificato) nell’offerta di servizi per la fascia 0-2 anni e la proiezione della medesima popolazione al 2035. L’avviso pubblico del ministero, sempre del 2 dicembre 2021, ha poi fissato i criteri per selezionare entro i plafond regionali i progetti da finanziare tra quelli presentati dai Comuni: il divario nell’offerta del servizio rispetto all’obiettivo del 33% ma anche criteri ulteriori come la tipologia di intervento (nuova costruzione, riconversione di edifici, ecc.) o la localizzazione del Comune in aree interne, montane o isolane.
La fase della raccolta dei progetti dei Comuni è stata assai tormentata. Alla scadenza fissata inizialmente per la chiusura dell’avviso pubblico (28 febbraio) erano giunte richieste per asili nido per meno del 49% dello stanziamento totale (con i Comuni di Sicilia, Basilicata e Molise in grave ritardo). Di contro, per le scuole dell’infanzia erano stati presentati progetti per quasi quattro volte lo stanziamento previsto. Per i soli asili nido si è quindi posticipato il termine del bando mentre il governo si attivava per sostenere sul piano tecnico i Comuni nella predisposizione dei progetti. Ma anche alla nuova scadenza di fine marzo circa 400 milioni restavano non allocati. Veniva quindi disposto che le risorse residuali per gli asili nido fossero utilizzate per finanziare i progetti presentati per i poli dell’infanzia fino all’esaurimento dei rispettivi plafond regionali. Tuttavia, anche dopo questa riallocazione, in quattro regioni (Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Molise e Sicilia) il plafond regionale rimaneva non totalmente utilizzato. Per i soli Comuni delle regioni del Mezzogiorno veniva quindi nuovamente posticipato a fine maggio il termine per la presentazione di nuovi progetti.
La fase della raccolta dei progetti dei Comuni è stata assai tormentata. Alla scadenza fissata per la chiusura dell’avviso pubblico erano giunte richieste per asili nido per meno del 49% dello stanziamento totale
Sulla base delle graduatorie definitive sono stati finanziati interventi per 2,88 miliardi di cui 2,23 destinati agli asili nido e 0,65 alle scuole dell’infanzia. Le risorse ancora da assegnare ammontano complessivamente a 225 milioni, di cui 196 relativi agli asili nido. Complessivamente, nei territori del Centro e del Nord, con eccezione per importi comunque limitati di Friuli-Venezia Giulia e Lombardia, il plafond iniziale è stato utilizzato, mentre nel Mezzogiorno si è realizzata una forte redistribuzione tra i vari territori: per la quota asili nido, la Sicilia ha rinunciato al 43% e la Basilicata alla metà dei rispettivi plafond regionali. Al contrario, per le scuole dell’infanzia l’adesione dei Comuni è stata più robusta con pressoché tutti i territori regionali che hanno esaurito i fondi disponibili.
Quanto finora attuato del Pnrr nel campo degli asili nido evidenzia alcune criticità che riguardano tanto la realizzazione degli obiettivi del Piano ( milestone e target) quanto il risultato (che non è oggetto dei milestone/target specifici fissati dal Pnrr) della riduzione dei divari territoriali nei livelli di fornitura del servizio.
Circa il primo profilo, va considerato che la ripetuta riapertura dei bandi ha determinato un ritardo nell’avvio delle fasi successive. Questo slittamento richiede che l’aggiudicazione dei contratti di lavoro per la realizzazione delle opere, che, come detto, costituisce un milestone da realizzare entro giugno di quest’anno, debba essere attuata in tempi brevissimi, assai minori rispetto a quelli mediamente sperimentati negli interventi infrastrutturali. Come evidenziato dall’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb), il rispetto della scadenza del milestone avrebbe richiesto la pubblicazione dei bandi per l’aggiudicazione dei lavori da parte dei Comuni entro la fine del 2022, mentre ad oggi non sono ancora state perfezionate le convenzioni tra ministero e Comuni in graduatoria per l’assegnazione delle risorse.
Ulteriori segnali di un ritardo già accumulato emergono dall’andamento della spesa. Anche se gran parte delle erogazioni effettive sarà concentrata negli anni finali del Pnrr, le più recenti previsioni evidenziano come a tutto il 2022 non siano stati spesi circa 10 punti percentuali dello stanziamento previsto inizialmente e come questo ritardo potrebbe accrescersi ulteriormente nel 2023. Queste spese sono rimandate al 2024-26 su cui quindi si concentreranno erogazioni sempre più rilevanti stante l’obiettivo di impiegare integralmente le risorse del Piano.
Quanto alla seconda criticità – come detto, la capacità di ridurre effettivamente i divari nell’accesso ai nidi tra le varie realtà territoriali – dall’analisi dell’Upb sulle assegnazioni del bando Pnrr risulta che ben il 20% dei Comuni assegnatari ha già oggi una copertura del servizio superiore all’obiettivo del 33% (tipicamente grandi città e centri urbani del Centro-Nord), mentre i Comuni in cui oggi manca del tutto il servizio rappresentano soltanto il 34% del totale di quelli in graduatoria.
La ragione di questi risultati – oltre ai criteri di valutazione stabiliti dal bando che, come detto, consideravano anche altre dimensioni oltre alla carenza di nidi – è riconducibile soprattutto alla scarsa e disomogenea partecipazione dei Comuni al bando. Questa inadeguata adesione degli enti, soprattutto nel Mezzogiorno, può trovare varie spiegazioni. Da un lato, può aver giocato una limitata percezione da parte degli amministratori locali della domanda di servizi per la prima infanzia da parte delle famiglie. Va rilevato che già oggi in molte regioni del Mezzogiorno l’offerta pubblica di asili nido, seppure inferiore rispetto alla media nazionale, non è pienamente utilizzata dalle famiglie e, a motivo di questa domanda limitata, spesso le famiglie dichiarano nelle survey la disponibilità di un familiare per la cura del bambino e/o alla volontà di non delegare all’esterno la funzione educativa. È tuttavia evidente come sottostanti a queste motivazioni ci siano certamente rilevanti aspetti di endogeneità tra la domanda dei servizi educativi e la partecipazione femminile al mercato del lavoro.
Già oggi in molte regioni del Mezzogiorno l’offerta pubblica di asili nido, seppure inferiore rispetto alla media nazionale, non è pienamente utilizzata dalle famiglie, che spesso dichiarano la disponibilità di un familiare per la cura del bambino
Un’altra ragione, spesso evidenziata dagli amministratori locali, che può aver frenato l’adesione al bando è il timore di futuri oneri di parte corrente sui bilanci comunali richiesti dal funzionamento delle nuove infrastrutture una volta realizzate. Il necessario coordinamento tra il rafforzamento delle dotazioni infrastrutturali dei Comuni via investimenti Pnrr e le risorse correnti che dovranno essere stanziate per il funzionamento delle nuove opere è una criticità dell’attuazione del Piano che è stata da tempo sottolineata. Tuttavia, proprio il caso degli asili nido costituisce un’eccezione virtuosa. La legge di bilancio 2022 ha infatti stanziato ammontari rilevanti di risorse aggiuntive di parte corrente per il potenziamento del servizio asili nido (crescenti fino al 2027 che arrivano a 1,1 miliardi all’anno a regime). Queste somme sono state ripartite tra i vari enti in proporzione al divario tra il livello di copertura attuale e l’obiettivo del 33% della popolazione in età.
Una situazione di particolare sofferenza riguarda i Comuni di piccole dimensioni dove il numero di bambini può essere talmente ridotto da non raggiungere la dimensione minima richiesta dalle strutture per l’offerta del servizio. Sebbene circa 500 Comuni di piccole dimensioni in cui oggi manca completamente il servizio abbiano partecipato ai bandi, ve ne sono poco più di 3.400 con grave carenza nella fornitura (copertura tra 0 e 11%) che non lo hanno fatto. Probabilmente i criteri del bando avrebbero potuto riconoscere punteggi premianti le forme di collaborazione o di gestione associata tra Comuni confinanti in modo da raggiungere la dimensione minima di offerta.
Queste considerazioni sollevano un problema di fondo, quanto cioè sia stato opportuno affidare l’attuazione di molte linee di intervento del Pnrr allo strumento dei bandi su base competitiva piuttosto che ricorrere a interventi diretti delle Amministrazioni centrali (nel caso degli asili nido, un piano nazionale formulato e gestito dal centro con obiettivo quello di garantire un livello standard di infrastrutturazione in tutto il Paese, indipendentemente dall’iniziativa dei Comuni) soprattutto negli ambiti in cui esistano Lep o standard nazionali fissati dalla normativa statale. È probabile che la procedura “dal basso” adottata dal ministero sia stata motivata, sulla spinta dei tempi stretti imposti dal Pnrr, dalla necessità di garantire qualche certezza sulla “cantierabilità” dei progetti selezionati e finanziati. Ma ciò a scapito di quello che dovrebbe essere l’obiettivo centrale dell’intervento: quello di offrire il servizio del nido a tutti i bambini indipendentemente da dove risiedano.
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