«Accanto a spunti di indubbio interesse per i dibattiti che avranno luogo in quella giornata in diverse città, e alle più diffuse riflessioni che auspichiamo interesseranno i cittadini a partire da quella data, si rileva una lettura dell'evento che non corrisponde allo spirito con il quale la giornata è stata istituita», scrive in una nota il ministero della Salute. Il problema, dunque, siamo noi che non capiamo.
Del «Fertility Day», previsto il prossimo 22 settembre, sino a ieri sera i più non sapevano assolutamente nulla. E anche ora non sanno tantissimo, dal momento che il sito http://www.fertilityday2016.it/ è, di fatto, nient’altro che una copertina senza contenuti. Ma quando nel tardo pomeriggio di ieri sui social il tema ha poco alla volta preso piede, in molti devono aver pensato a come dovranno sentirsi oggi tante persone – le donne e le coppie che cercano un figlio e non riescono ad averlo, le donne che hanno dovuto scegliere di interrompere una gravidanza – dopo avere appreso che il ministero della Salute ha scelto questo bel «titolo» per una giornata che, nelle intenzioni, avrebbe forse potuto essere una buona occasione di informazione per i cittadini. Nei fatti, grazie soprattutto a una pessima campagna pubblicitaria che sembra fatta apposta per essere fraintesa (o per veicolare messaggi diversi da quelli che dovrebbero stare dietro a un ministero il cui compito principale è la tutela della salute pubblica), è diventata tutt’altro.
Se non altro, temiamo inconsapevolmente, il «Fertility Day» (c’è da provar fastidio anche solo a digitarlo sulla tastiera) ha fatto sì che per qualche ora almeno si tornasse a parlare di denatalità e dei problemi che ruotano intorno alle giovani coppie. I punti chiave della questione sembrano averli colti i potenziali genitori, mamme in primis, che si sono subito sbizzarriti a denunciare le ragioni per cui in Italia di figli se ne fanno pochi e, quando si decide di averne, spesso si fanno tardi.
Chissà se sono questi «gli spunti di indubbio interesse» cui fa cenno la nota del ministero. Gli stessi da molti anni, del resto, confermati via via dai dati resi noti dall’Istat e dagli altri istituti di ricerca socio-economica. Le possibilità di entrare nel mondo del lavoro a un’età «ragionevole», e comunque di entrarci, prima o poi; le pari opportunità; le politiche per la famiglia, nei diversi aspetti, non episodiche e a spot ma durature e di lungo periodo. Recentemente sul «Mulino» abbiamo cercato di darne conto in un blocco monografico intitolato, non a caso, «giovani con riserva». Sono pagine amare in cui emergono gli ostacoli per una coppia nel fare piani di vita, tra difficoltà di racimolare un lavoro – se non altro uno su due – dignitoso e con uno stipendio sufficiente, e una casa. Un lavoro e una casa, almeno. Con prospettive pessime per quanto riguarda il mercato pensionistico (non più tardi di qualche settimana fa il presidente dell’Inps aveva fornito proiezioni molto chiare sul tetro futuro pensionistico di un giovane italiano) e un progressivo abbassamento delle capacità di sostegno che provengono dalle classi più anziane. Anche le forze dei mitici nonni italiani, poco alla volta, stanno scemando e in prospettiva sempre meno su di esse si potrà contare.
Chi, oggi, può decidere serenamente di intraprendere il percorso che porta a una propria famiglia? Anche limitandosi all’unica forma che la ministra della Salute considera «vera», la famiglia «tradizionale», al suo ministero hanno un'idea di quali siano oggi le difficoltà, spesso insormontabili, cui una coppia oggi deve andar incontro? Persa la battaglia politica sulle unioni civili, Ncd ha cercato altre strade, a cominciare dal sostegno a un misura largamente criticata come il «bonus bebè». La ministra ha più volte sottolineato come l’unico modo per affrontare «la vera emergenza italiana», vale a dire il «crac demografico», sia quello di rafforzare il bonus per i neonati.
Nello stesso Ncd, più defilato, è anche il ministro per gli Affari regionali con delega alla Famiglia, Enrico Costa, che durante il lungo e travagliato dibattito sulle unioni civili dichiarò che la magistratura italiana in materia di stepchild adoption era troppo «creativa». Dopo la battaglia da cui è uscita malconcia, l’ala destra del governo sembra voler tornare a insistere sulla famiglia tradizionale, per archiviare qualsiasi ripresa e allargamento in un nuovo dibattito sulla legge a proposito delle unioni civili.
Chissà se a tutto questo chi ha ideato il «Fertility Day» ha pensato. Chissà se, almeno ora, riuscirà a pensare anche alle ragioni vere per cui in Italia nascono pochi bambini.
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