Come è stato raccontato il giorno dopo sul Messaggero, giovedì scorso una folla di circa venticinquemila (!) persone ha bloccato il traffico in intere strade a Nord del centro di Roma con lunghi ingorghi e momenti di panico, tali da richiedere l’intervento delle forze dell’ordine. Giovani e meno giovani, tra cui molti extracomunitari, si erano accalcati fin dall’alba di fronte a un ipermercato per acquistare prodotti elettronici, soprattutto televisori e iPhone, a prezzi scontati. Sono le dimensioni del fenomeno, potremmo dire di massa, la sua composizione, prevalentemente giovanile e di bassa estrazione sociale, e le sue finalità, l’acquisto di prodotti costosi e voluttuari in un periodo di crisi economica e disoccupazione dilagante, a sollevare qualche domanda sul significato di un simile comportamento.
Secondo studi recenti, la crisi economica ha determinato nei principali Paesi occidentali cambiamenti significativi nei comportamenti dei consumatori, che, preoccupati per il futuro, avrebbero limitato i loro consumi e spostato il baricentro degli acquisti verso i beni essenziali. La corsa dei giovani romani all’acquisto di telefonini e altri prodotti elettronici, anche se in parte spiegabile con i forti sconti, da questo punto di vista sembrerebbe piuttosto insensata. I comportamenti di consumo non seguono tuttavia sempre la logica economica. Naturalmente, in periodi di crisi i soggetti cercano di ricorrere a strategie intelligenti per ridurre le spese, approfittando delle promozioni, recandosi più spesso nei discount e negli outlet o a comprare direttamente dai produttori. Ma la crisi non annulla una delle motivazioni di fondo del consumo, che resta quello di presentare a sé e agli altri un’immagine positiva, di comunicare una posizione sociale acquisita a cui non si vuole rinunciare. A volte, non di rado, si preferisce ridurre la quantità e soprattutto la qualità dei consumi alimentari, pur di non privarsi di certi acquisti o comportamenti che incidono sullo status, almeno quello apparente. I dati dell’ultimo Rapporto annuale dell’Istat sembrerebbero dare ragione a questa ipotesi. Negli anni di crisi considerati (2007-2010), i consumi delle famiglie italiane hanno avuto un andamento molto differenziato: le maggiori cadute di spesa hanno riguardato mezzi di trasporto, mobili e articoli per la casa, alimentari. La diminuzione è stata invece molto contenuta per i capi di abbigliamento e, tra i servizi, per quanto riguarda alberghi e ristoranti. Al contrario, il rapporto segnala addirittura una notevole crescita delle spese per prodotti elettronici (+13,6%) e per i consumi ricreativi e culturali (+10,2%). Altri dati ci mostrano l’aumento continuo dell’uso di internet da parte dei giovani, come strumento di informazione, di comunicazione e, attualmente, sempre di più come nuova forma di socialità.
Se da parte di chi possiede risorse sociali e culturali può sembrare illogico affrontare i costi di lunghe code e vere e proprie levatacce per ottenere a minor prezzo oggetti non essenziali, per molti l’iPhone, e un certo tipo di televisore sono veri e propri oggetti del desiderio il cui possesso è il segno di un’identità sociale e una sorta di compensazione (per quanto magra) in tempi che, in molti, non lasciano troppe speranze per il futuro.
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