La testata di un malavitoso locale a un giornalista ha portato di colpo Ostia – e non il X municipio di Roma – al centro del dibattito politico e mediatico. Difficile dire se sia un bene o un male. Da settimane, come era già capitato dopo lo scioglimento del municipio per mafia nel 2015, osserviamo un’area che comprende periferie urbane di Roma, suburbia benestante in stile americano, nuovi insediamenti frutto di una speculazione edilizia concordata con gli enti locali, all’epoca governati dal centrosinistra e una città (Ostia, appunto), come se si trattasse di una cosa sola e se il lungomare, i palazzoni che quasi vi si affacciano a Nuova Ostia, l’idroscalo, fossero la città immaginata dagli inventori di Gran Theft Auto, il videogioco spara-spara che non conosce rivali. O dagli sceneggiatori di Suburra, la fiction di Netflix che racconta Mafia Capitale come se si trattasse della Chicago degli anni Trenta. Il risultato è una visione enfatica e distorta della realtà di un municipio dove vivono 230 mila persone e che è di recente tornato a votare dopo più di due anni di commissariamento e dove il Pd è quasi scomparso, i 5 Stelle sono molto forti e Casa Pound ottiene il suo miglior risultato di sempre. Proviamo a raccontare le cose, almeno parzialmente, in un altro modo.

Il X municipio è fatto di molte aree diverse e scollegate tra loro e, a loro volta, distanti da Roma. Acilia è una grande periferia extra-urbana, Ostia una città di mare, con villini eleganti primo Novecento, un’isola pedonale vivace e una periferia tra le peggiori della capitale. Poi ci sono Malafede, dove vivono giovani famiglie che hanno lasciato la città per via dei prezzi delle case, il borgo di Ostia Antica (separato dalla città) e molti altri insediamenti, borgate e borghetti, sparsi tra l’enorme pineta, il mare. Gli indicatori, i numeri del X municipio, ci dicono che questo, assieme alla periferia est, è quello messo peggio. Peggio di una metropoli, Roma, che attraversa un momento pessimo. Più disoccupati che nella media, più basso tasso di istruzione, reddito medio più basso. E questo nonostante ci siano grandi aree di benessere come Casalpalocco, quartieri nuovi ad alto tasso di occupazione (Malafede) e un cospicuo numero di anziani che, in genere, hanno un tenore di vita più alto dei giovani. L’unico vero polo industriale è Fiumicino, il resto è lavoro locale e pendolarismo. E poi le spiagge con il loro lavoro stagionale, che nel 2017 è calato perché la Giunta Raggi ha scelto di non dare le concessioni (come in ogni cosa a Roma da un anno, la legalità burocratica un po’ ottusa congela invece di trovare vie di uscita). Le spiagge sono anche la forza dell’unica lobby locale, quella dei balneari. La conformazione del territorio, l’isolamento delle diverse zone residenziali tra loro, la pessima qualità dei trasporti e delle strade, rende il X municipio una serie di isole con problemi, popolazioni, esperienze di vita diverse tra loro. E diverse da quelle dei cittadini di Roma, alla quale, almeno gli ostiensi, non sentono di appartenere.

Essere un municipio così grande e disperso, commissariato per quasi tre anni, rende il governo del territorio complicato. Il Comune è lontano, specie da Ostia, una città con problematiche anche ambientali tutte sue, le strade sono quelle di un territorio extraurbano. Negli anni di Alemanno sindaco, Ostia – bacino per la destra ex fascista, qui veniva eletto il pasionario missino Teodoro Buontempo – ha avuto la promessa di diventare la Miami d’Italia. Non è successo nulla se non un riempirsi di vita notturna nel weekend – c’è da sospettare anche con un qualche aumento dello smercio di cocaina. Il commissariamento ha lavorato sulla legalità, ma in anni confusi come quelli che la Capitale ha vissuto, Ostia e il X, già semi abbandonati, sono stati dimenticati del tutto. Fino alla campagna elettorale per il Municipio dove il Movimento 5 Stelle ha preso più voti che ovunque alle comunali del 2016. E dove era già forte prima, anche per aver arruolato figure note per il loro impegno civico passato.

Questo è stato spesso un luogo interessante per la politica militante, all’estrema sinistra negli anni Settanta così come all’estrema destra. A livello istituzionale, si sono alternate giunte di centrodestra e centrosinistra, non particolarmente efficaci. L’ultima, a guida Pd, è stata smantellata dalle indagini di Mafia Capitale (tra l’altro, l’indagine di Fabrizio Barca sui circoli Pd, aveva segnalato anomalie e assenza di idee). Per queste ragioni il partito di Matteo Renzi è semi distrutto a spese di quasi tutti. Ora il nuovo voto per il Municipio ha regalato un nuovo quadro interessante.

Dalla tabella che riassume i principali risultati del primo turno si vedono alcune cose. C’è il tracollo del Pd (che come schieramento nel 2013 aveva il 42%), che non si riprende di una virgola dal voto disastroso delle comunali post scioglimento del municipio. C’è la ricostruzione del centrodestra molto tarato a destra (Fratelli d’Italia è la forza trainante). E ci sono la delusione relativa nei confronti del Movimento 5 Stelle, il buon risultato del prete anti usura e pro immigrati De Donno (sostenuto dalla sinistra ma candidato da una sola lista civica), il gran balzo in avanti di Casa Pound. I dati assoluti riflettono il crollo della partecipazione al voto (-11% rispetto alle municipali, -18 rispetto alle comunali). Segno che la politica, nemmeno quella a 5 Stelle che a Roma governa da un anno, ha saputo offrire a questo territorio speranza e voglia di partecipazione.

Candidato e schieramento

 

Differenza municipali 2013 e comunali 2016 (%)

Differenza comunali 2016 (val. ass.)

Di Pillo – M5S

30,3%

+ 13% e -13,3%

-23.402

Picca – Centrodestra+Salvini

26,7%

-1,9% e +8,4%

+341

De Luca – Pd

13,6%

-12,9% e -0,2%

-3.288

De Donno e Bellomo – 2 candidati a sinistra del Pd

12,2%

8,6% e 3,6%

+10,8% e +7,9%

+6.102

Marsella – Casa Pound

9,1%

+8% e +7,1%

+4.194

 

Il ballottaggio tra Picca e Di Pillo è un buon sintomo delle divisioni e di un palazzo che non sa bene dove collocarsi o aspetta tempi migliori e prepara rendite di posizione dalla non partecipazione al potere. Nessuno vuole allearsi con nessuno, il Pd e Casa Pound non danno indicazioni di voto. Probabile che l’attenzione alla vicenda dell’arresto di Roberto Spada in seguito alla testata a Daniele Piervincenzi, danneggi il centrodestra, che come quasi tutti gli schieramenti ha tenuto un profilo vago nei confronti delle vicende ostiensi: tutti hanno parlato di legalità, ma nessuno ha nominato i guai con il loro nome. La mobilitazione e lo sdegno favoriscono innegabilmente i 5 Stelle.

Veniamo al caso Ostia e al successo dell’estrema destra dei fascisti del terzo millennio (come amano definirsi). Dallo scioglimento del municipio, Casa Pound è in campagna elettorale permanente. Conta su una tradizione locale, su militanti e non gestori di preferenze, tutti fattori positivi accompagnati da una grande capacità di promuovere se stessi in maniera efficace. Nel contesto di Ostia e nel contesto di una rabbia crescente nei confronti delle istituzioni, gridare contro di esse e contro il pericolo immigrazione – pure immaginario a Ostia – ha pagato. Il «Welfare» dei pacchi alimentari sbandierato in giro è certo un fattore in alcune strade, ma serve soprattutto a dire: «Noi siamo quelli che aiutano gli italiani» a quelli che i pacchi non li ricevono.

È triste dirlo, ma in parte funziona. C’è poi una cosa in più da rimarcare: la destra di Alemanno e Storace, entrambi romani, non è stata voluta in lista da Picca e, probabilmente, i suoi voti sono finiti a Casa Pound.

Poi c’è il legame con la criminalità. Innegabile, ma non determinante in termini di voti. Nel 2016 c’erano già ed erano forse più forti (perché non ancora visibili a tutti) e non hanno portato voti. La mia opinione è che Casa Pound e il clan criminale condividano piuttosto un background comune e valori simili – la violenza, ad esempio. La forza degli Spada e quella di Casa Pound però si somigliano: nascono e crescono nell’assenza delle istituzioni, nell’incapacità della politica di intervenire sul territorio e di dare risposte. Nel lasciare che la gestione delle case popolari sia fatta da un clan e che, quando la palestra popolare e l’aiuto scolastico voluti da militanti dell’estrema sinistra venissero sfrattati, queste attività venissero sostituite da una palestra degli Spada (che magari per chi era al governo in fondo era la stessa cosa). Certi valori, forze politiche, comportamenti sono figli della debolezza della politica e di una crisi che colpisce Roma e, peggio, tutto quanto si trova fuori dal raccordo anulare. Senza un’idea di città sarà difficile uscirne. Certo non servirà mandare dei blindati a presidiare Nuova Ostia: la criminalità di quartiere nasce nel degrado e nella crisi e non viceversa. 

 

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