Strane coppie. È un piccolo terremoto quello che si è consumato nella politica britannica in questa settimana, dalle elezioni del 6 maggio ad oggi, come ha sottolineato l’“Economist” nella sua prima reazione al nuovo governo Cameron-Clegg. Nessuno sa se questo patto (l’unico possibile, ma ancora da perfezionare) tra due partiti che stanno agli antipodi su questioni importanti come l’Europa e l’immigrazione potrà durare a lungo. La sola cosa che oggi appare sicura è che Gordon Brown ha fatto la scelta giusta. Dimettendosi da leader lascia al suo partito la possibilità di trovare un volto nuovo (forse nella disfida famigliare tra David Miliband e suo fratello Ed, ministri fino a ieri e praticamente coetanei di Cameron e Clegg), capace di rimettere in sesto un partito logorato da 13 anni al potere. Sarà di grande interesse quindi la battaglia per la conquista del New Labour, che forse non poteva sperare in un risultato migliore in questa convulsa settimana. “A week is a long time in politics”, come disse Harold Wilson, l’ultimo leader che nel 1974 ebbe a che fare con un esito elettorale complesso come quello di una settimana fa. Per un partito che nell’ultimo anno aveva più volte tramato per destituire il premier e che sembrava sull’orlo della più grave sconfitta dal 1983, il 29% dei voti, e un nuovo leader che possa cogliere le possibili contraddizioni della strana coppia Cameron-Clegg sono il miglior volto della sconfitta.
Clegg non ha nascosto che rimangono dubbi nel suo partito sulla “New Politics” che intende avviare nel primo governo di coalizione in Gran Bretagna dopo oltre settant’anni. Pare che i due partiti si siano accordati su alcuni compromessi fondamentali: più tasse per i capital gains (con i Tories che dovrebbero rinunciare al controverso innalzamento della soglia per il pagamento della tassa sull’eredità), pubblica amministrazione più snella, un impegno a non adottare l’euro almeno per la durata di questo parlamento. Ma anche un referendum sul voto alternativo (oggi utilizzato in Australia) che è ben altra cosa rispetto al voto singolo trasferibile (Stv) che si applica in Irlanda, prima scelta per i lib-dem . Per loro la questione è vitale: forse qualcuno si accorgerà che il voto alternativo può avere effetti più disrappresentativi persino del sistema oggi applicato a Westminster e cominceranno i guai. Basta vedere il sito della Electoral Reform Society, che sostiene l'Stv. Secondo una simulazione, rispetto al numero di seggi avuti dai tre maggiori partiti (307 Tory, 258 Labour, 57 Lib-Dem), l’Stv avrebbe portato a 245, 207, 162; il voto alternativo a 281, 262, 79. Questi calcoli non tengono conto del voto strategico: è quindi possibile che le distorsioni di oggi si riproducano tali e quali anche con l’opzione di cambiamento proposta nel futuro referendum. Non si tratta di un’astratta questione politologica: sabato scorso a Londra erano oltre 1000 i manifestanti che si erano mobilitati per sostenere il proporzionale. Sulle riforme istituzionali i conservatori sembrano però aver ceduto su un punto importante: termine fisso per il parlamento (addio al potere discrezionale del premier nel decidere la data delle elezioni), oltre alla riduzione del numero dei parlamentari.
L’accordo ha retto anche nonostante le indiscrezioni sulle intenzioni di alcuni dei probabili protagonisti del nuovo governo. A partire dal redivivo William Hague al Foreign Office: l’“Observer” di domenica scorsa ha diffuso una sua lettera riservata a Cameron in cui l’ex leader esplicitava le sue intenzioni euroscettiche, ben poco conciliabili con l’europeismo di Clegg. Per non dire dell’ economia: George Osborne al Tesoro e il veterano lib-dem Vince Cable, che si occuperà del business e del settore finanziario, sono un’altra strana coppia da monitorare.
I liberali sembrano aver ceduto al tetto sull’immigrazione richiesto dai Tories, così come alla conservazione del sistema di deterrenza nucleare Trident e alle proposte di liberalizzazione del sistema scolastico, mentre non è ancora chiaro cosa ne sarà della proposta di detassazione per le sole coppie sposate. Ma ottengono l’innalzamento della no-tax area per i redditi più bassi, fondi per gli studenti in aree critiche e una proposta di riforma del sistema bancario. Queste, ad oggi, le intenzioni dichiarate. La Manica si restringe: cari britannici, benvenuti ai compromessi delle coalizioni all’europea.
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