L’ascensore sociale si è rotto. È fermo da parecchi anni e quelli rimasti chiusi dentro non se la passano granché bene. Però sono riusciti a portarlo al piano, dove, con un po’ di pazienza, qualcuno è riuscito a scendere e a procurarsi i beni di prima necessità. Ad esempio qualche gratta e vinci. Ma se l’ascensore sociale non funziona più, adesso tocca ricorrere alla fortuna. Giocare. Scommettere. Cercare di cambiare la propria vita grazie alle mille e una possibilità che vengono offerte nell’anno di grazia 2011. Non è una novità. Ma in Italia è sempre più una regola, se si dà retta ai numeri forniti dall’Istituto di fisiologia clinica del Cnr di Pisa, secondo cui gli italiani che corrono il rischio di diventare giocatori patologici sono tre milioni. Dall’immaginario dei pacchi televisivi milionari al miraggio di un jackpot online il passo è breve, e la cultura di fondo la stessa. I dati messi a disposizione dall’Amministrazione autonoma dei monopoli di Stato ci aiutano a rappresentare un quadro di grande desolazione (o eccitazione, a seconda dei punti di vista). Il numero di italiani che si lasciano tentare dal gioco cresce infatti a ritmi sostenuti. E con esso il mercato dei giochi, sempre più online (neppure la Gran Bretagna, dalle grandi tradizioni nel settore, ha sdoganato così ampiamente e senza limiti i giochi in rete). Il mercato italiano del settore è diventato ricchissimo, passando dai circa 42.000 euro del 2007 ai 60 miliardi del 2010, con una previsione di crescita a ben 80 miliardi di euro alla fine del 2011. Tanto che secondo Mediobanca il gioco d’azzardo (e ovviamente s’intende il gioco d’azzardo “legale”, quindi autorizzato dallo Stato italiano) è la terza industria del Paese dopo Eni e Fiat (e di questo passo rischia di diventare la seconda). Per aiutare il settore, i Monopoli di Stato hanno progressivamente abbassato il prelievo fiscale, fino al 3 per cento per gli skill games.

Il fenomeno tocca anche i giovani (e giovanissimi): per legge i giochi d’azzardo online sono vietati ai minori di 18 anni. Ma i divieti sono facilmente aggirabili usando codice fiscale e carta di credito dei genitori o degli amici più grandi. Tanto che, secondo il presidente del Coordinamento nazionale gruppi giocatori d’azzardo, “il 10 per cento dei ragazzi tra 10 e 19 anni gioca almeno tre volte alla settimana, mentre il 67 per cento di chi va su internet per giocare d’azzardo ha meno di 29 anni.

Che cosa fa lo Stato per arginare il fenomeno? Ovviamente nulla. Cerca anzi in ogni modo di allargarlo. È appena stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto che prevede due nuovi settori del gioco online, che sempre più riproducono virtualmente il casinò nelle sue diverse declinazioni. La quota procapite destinata dagli italiani per l’azzardo è dunque destinata ad aumentare ancora (attualmente è pari a circa due euro e mezzo al giorno a fronte degli ottanta centesimi di un francese). Soldi che caratterizzano una vera e propria attività di massa. Sottratti ai risparmi e ai consumi.

Belli i tempi in cui ci si poteva lamentare di uno Stato che assumeva atteggiamenti paterni, un po’ patetici e demodé. Oggi possiamo contare invece su uno Stato cinico, che pur di far cassa rende legale e sponsorizza ciò che legale non dovrebbe essere.

In questo quadro, fanno quasi tenerezza quei pensionati che in una notte salgono al casino di Nova Gorica a giocarsi il mese. Venti euro tutto compreso. Andata e ritorno in pullman gran turismo, risotto, e qualche fiches per cominciare a giocare. Il resto è lì a disposizione, preso all’occorrenza dal libretto di risparmio.

 

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il convegno

  • Bologna, 24 febbraio, ore 17: Lotterie, anatomia di un sogno, Aula Absidale di Santa Lucia (via de' Chiari 25/a). Incontro con Pierluigi Contucci, Silvia Zucconi, Fiorella Giusberti, Roberto Grandi. Modera Armando Massarenti.