Facile fare analisi dopo il voto. O se non altro sempre meno complicato rispetto al fare previsioni. Chi ci ha provato, prima e durante, ne è uscito con le ossa rotte. Quando le acque si saranno calmate, sarà necessario tentare qualche ragionamento sul ruolo francamente eccessivo che sondaggi e sondaggisti hanno nel nostro Paese ben al di là dei tempi della campagna elettorale. Qui, per il momento, cerchiamo di capire con l’aiuto di Giancarlo Gasperoni, che cosa non ha funzionato stavolta. In attesa di approfondire l’analisi sulla rivista cartacea, aprendoci anche a possibili soluzioni per uscire da questa pericolosissima impasse, a poche ore dalla proclamazione dei risultati ufficiali ci sembra utile tentare qualche prima ricognizione per aiutare almeno noi stessi, e se possibile anche il lettore, a capire qualcosa di quel delicatissimo passaggio nella vita politica e istituzionale del Paese rappresentato dalla fine tormentata della sua XVI legislatura. Già complicata prima del voto, per via della sovrapposizione con un altro appuntamento fondamentale – l’elezione del prossimo presidente della Repubblica – la coda di cinque anni in cui il Paese si è attorcigliato su se stesso grazie alla pessima esperienza del IV governo Berlusconi (che, vale la pena di ricordare, è stato il secondo governo più longevo nella storia della nostra Repubblica), salvo rialzarsi l’ultimo anno per mano di una meritevole anche se insufficiente guida tecnica, è molto più complicata del previsto. O forse no. Perché già prima del voto il rischio governabilità era sembrato molto elevato, se non altro a causa dell’incapacità di questa classe politica di rivedere, urgentemente seppure provvisoriamente, la peggiore legge elettorale che oltre sessant’anni di democrazia postbellica ci avevano regalato. Ora le cose si complicano, e molto. E a poco serve individuare i colpevoli. Anche su questa rivista c’è stato chi ha preso posizione sia rispetto alla scelta da fare tra i simpatizzanti del Partito democratico tra la linea Bersani e la linea Renzi, prima; sia, successivamente, tra la prosecuzione, in qualche forma, dell’esperienza Monti e il tentato rinnovamento a guida Pd. Ora, al di là delle opinioni, come sempre tutte ben accette, si tratta di capire che cosa non ha funzionato. Ed è quanto cercheremo di fare nei contributi raccolti in questo piccolo speciale dedicato alle politiche del 2013, grazie agli interventi di Michele Salvati, Piero Ignazi, Marc Lazar, Mario Ricciardi, Bruno Simili e Gianfranco Viesti. Ma, soprattutto, che cosa sia possibile fare per tentare, seppure in extremis, di garantire una governabilità provvisoria in grado di tenere in piedi per qualche mese almeno un Parlamento problematicissimo, allo scopo di rispondere nel migliore dei modi possibile alle più urgenti tra le scadenze in calendario.
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