I risultati delle elezioni del 4 marzo hanno messo in luce alcune specificità della situazione italiana rispetto alle altre democrazie avanzate dell’Europa occidentale. Anzitutto, solo in Italia formazioni politiche che manifestano una critica radicale al sistema politico, all’establishment e all’Unione europea superano insieme il consenso della metà dei votanti. Naturalmente, esistono differenze rilevanti tra i 5 Stelle e la Lega. Sommarne i voti non significa che possano facilmente governare insieme. Considerare il loro peso elettorale complessivo è tuttavia un’operazione legittima se si vuole misurare la rilevanza di formazioni accomunate da una critica radicale alle forze politiche tradizionali e da un voto di protesta. Questo fenomeno si è infatti diffuso negli ultimi anni in tutte le democrazie occidentali, ma in nessuna di esse ha raggiunto il livello del nostro Paese (in genere il consenso non supera un quarto dei votanti).

L’altro elemento che emerge dal voto – speculare rispetto al primo – riguarda il drastico indebolimento della principale formazione di centrosinistra, il Partito democratico. Il calo di consensi è andato ben oltre le tendenze negative segnalate dai sondaggi e le aspettative della vigilia. Il Pd è sceso dal 25,4 % dei voti delle politiche del 2013 al 18,7. Anche in questo caso si deve tenere presente che il fenomeno non è solo italiano. Tutti i partiti socialdemocratici e laburisti dei grandi Paesi europei hanno perso consensi nell’ultimo decennio, ma in Italia si è scesi sotto il 20% (l’unico caso peggiore è quello della Francia). Naturalmente, si può osservare che l’indebolimento ha riguardato anche la principale formazione di centrodestra, Forza Italia. In questo caso il ridimensionamento si era però già largamente realizzato alle elezioni del 2013, anche se non era stato messo in conto il sorpasso della Lega avvenuto il 4 marzo. Questo ulteriore cedimento ha certamente contribuito anch’esso al successo complessivo delle formazioni politiche non tradizionali. Peraltro, Forza Italia non è mai stata del tutto assimilabile alle posizioni dei partiti di centrodestra europei, come mostrano il suo travagliato rapporto con il Partito popolare europeo e i suoi legami di lunga data con la Lega.

 

[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 2/18, pp. 187-204, è acquistabile qui]