L’11 aprile scorso il Movimento 5 Stelle ha reso noto su internet di aver raccolto 774.208,05 euro e di averne spesi 348.506,49 per l’ultima campagna elettorale. Mi pare così provata la tesi di un mio precedente articolo: questo partito ha condotto una campagna efficace, poco dispendiosa, basata solo su donazioni e volontariato, in controtendenza con i costi per le campagne elettorali che, nelle democrazie occidentali, negli ultimi anni hanno raggiunto cifre iperboliche. Sennonché proprio la diffusione di questi dati rappresenta un miscuglio di autonomia ed eteronomia capace di mettere in luce una realtà sorprendente: oggi infatti la legge italiana non garantisce a tutti di conoscere facilmente (in internet, da unica fonte) chi abbia finanziato un partito o un candidato per l’elezione a Camera e Senato, e con quanto. Né prima, né durante, né dopo la campagna elettorale. Nessuna norma imponeva al M5S questa diffusione.
Per accedere ai finanziamenti pubblici i partiti devono infatti presentare (art. 12, l. 515/1993) a Camera e Senato i consuntivi di campagna elettorale (finanziamenti propri e da privati; spese), senza l'obbligo di pubblicarli in Rete. Questi vengono quindi controllati dalla Corte dei Conti, ma l’atto che viene in seguito diffuso su internet riporta solo il totale dei finanziamenti: ad esempio, per le elezioni 2008, risultano per il Popolo della Libertà 52.673.186 euro e per il Pd 19.787.787. Inoltre, ogni candidato deve presentare analogo consuntivo personale a Camera o Senato, nonché al Collegio regionale di garanzia elettorale, per un controllo di regolarità (artt. 7-14, l. 515/1993); questi consuntivi personali devono contenere le dichiarazioni congiunte (erogante, ricevente) sui finanziamenti o contributi da privati (art. 2, l. 441/1982). Tuttavia i consuntivi e i controlli non sembrano pubblicati in Rete (vedi i Collegi piemontese e laziale); le dichiarazioni devono essere pubblicate su bollettino cartaceo della rispettiva Camera (art. 9, l. 441/1982) e possono essere pubblicate sul web grazie alla bontà dei singoli deputati. Ulteriori dichiarazioni congiunte devono infine essere rese alla Camera (fra gli altri) da parlamentari, gruppi, partiti, quand’anche il finanziamento o contributo privato non sia erogato per campagna elettorale (art. 4, l. 659/1981), ma esse non sono accessibili in Rete. Si è avuta di recente notizia sulla stampa di tali dichiarazioni (1.12.2012-30.04.2013), con dati complessivi rilevanti (40.000.000 euro).
Per quanto riguarda il M5S, questo ha ricevuto tante “piccole” donazioni (per poche decine o centinaia di euro, al più 2.500 euro), ma non ha pubblicato i nomi dei donatori (solo iniziali, data, mezzo di pagamento). La mancata pubblicazione dipende da una libera scelta del M5S, ma sarebbe difficile contestare l’omissione, se persino le dichiarazioni della l. 659/1981 (di fatto ignote) si devono rendere solo quando il contributo o finanziamento supera nell’anno i 5.000 euro (fino al 2012 la soglia era di 50.000 euro). D’altronde, non esistono limiti massimi e quelli soggettivi sono blandi: le amministrazioni e le società pubbliche non possono finanziare o contribuire, ogni altra società può farlo con decisione dell’organo competente iscritta a bilancio (art. 7, l. 195/1974), i singoli senz’altro.
Forse verrà un disvelamento: i futuri rendiconti annuali delle forze politiche (altro adempimento: art. 8, l. 2/1997) dovranno contenere l’identità di chi dona qualsiasi importo ed essere pubblicati open data su internet (art. 9, l. 96/2012). Non è però chiaro se debba essere indicato anche chi dona per un’elezione; comunque il chiarimento verrà dal 2014 ed ex post, dopo il controllo di un nuovo organo, di cui finora si sanno soltanto il lungo nome e la composizione. A concludere – ecco l’ironia – la mancata o irregolare presentazione o pubblicazione in internet di questi rendiconti comporterà solo riduzioni dei finanziamenti pubblici, cui rinunciano alcune forze politiche (il M5S, i Radicali): quindi per esse la diffusione dei dati potrebbe continuare a dipendere dal loro buon cuore (volontà-capacità di trasparenza).
Il M5S ha indicato categorie di spesa liberamente definite, senza giustificativi, ringraziando i fornitori che non hanno richiesto compenso. Se il M5S rinuncia ai finanziamenti pubblici, è dubbio se debba presentare i consuntivi di campagna elettorale, preordinati ad accedere a tali finanziamenti, per i quali la legge almeno definisce le spese ammissibili imponendone la prova (artt. 11-12, l. 515/1993). E non è irrilevante sapere chi abbia fornito gratis un bene o un servizio, perché questa è donazione e i beni o servizi donati hanno un valore economico, traducibile in denaro, che dunque si può indicare.
Da tempo si discute se abolire o ridurre i finanziamenti pubblici. Forse, anzi a maggior ragione, occorre oggi rivedere anche la regolazione dei finanziamenti privati, che potrebbero divenire l’unica o principale fonte di sostentamento dei partiti, anzitutto concentrando in un’unica istituzione pubblica i flussi di dati in entrata dai partiti e in uscita su internet, nonché il controllo. Credo che le esigenze di trasparenza e informazione di elettori e stampa debbano almeno essere bilanciate meglio con quelle di riservatezza, talvolta invocate con l’argomento secondo cui il possibile donante, sapendo che chiunque potrebbe facilmente sapere della donazione, sarebbe indotto a non donare per evitare ritorsioni; quindi quest’ultimo e il partito vedrebbero limitata la propria azione e i propri diritti costituzionali nella sfera politica. Argomento tutto da dimostrare.
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