Ricorre oggi l'anniversario della Convenzione Onu contro la tortura. Arresti e detenzioni illegali, torture e maltrattamenti, spesso con esiti letali, sempre con ferite indelebili sul corpo e la mente, continuano, e anzi in alcuni Stati si moltiplicano. Ciò accade anche perché molti Paesi non hanno ratificato la Convenzione Onu firmata a New York il 10 dicembre 1984 o, pur avendolo fatto (è il caso dell’Italia) non l’hanno recepita nella loro legislazione. {C}Si può così torturare impunemente perché manca la definizione giuridica delle pene e dei trattamenti inumani e degradanti che impedisce non solo di perseguire i colpevoli e di riconoscere il diritto al risarcimento ma di elaborare azioni mirate di prevenzione e di deterrenza. Ma le torture possono praticarsi perché cresce l’indifferenza per le iniquità e le ingiustizie che non ci riguardano da vicino, considerate fenomeni ineluttabili, come la morte per fame e pandemie di milioni di persone ogni anno. Indifferenza alimentata anche dai grandi mezzi di informazione che ignorano i fenomeni di tortura o li raccontano come episodi isolati, giustificabili dalle circostanze. Né le istituzioni pubbliche, a cominciare da quelle educative, dibattono apertamente sulla gravità del fenomeno e su come combatterlo. Decisivo nell’attenuare il moto di naturale ripulsa per la tortura è il ruolo svolto da cinema e televisione, che della tortura offrono spesso un’immagine edulcorata e fuorviante. Chi subisce torture è presentato come un criminale cui estorcere la confessione di gravi delitti e informazioni in grado di salvare vite umane o come un eroe sottoposto a temporanei maltrattamenti dai quali riesce sempre a sfuggire con la propria forza senza conseguenze per la sua salute. Si corre così il rischio che la tortura venga percepita come uno strumento utile alla convivenza civile, pur essendo causa di morte e sofferenza.
Va preso atto che l’era del progresso scientifico, del benessere economico e della civiltà democratica convive con la tortura né più e né meno come nei secoli bui della peggiore barbarie e dell’Inquisizione, con l’unica differenza che oggi son disponibili tecniche e metodi più sofisticati per metterla in pratica. Non si può non reagire alla disinformazione pressoché generalizzata sui trattamenti inumani, né all’assuefazione e all’inerzia che ne derivano, se si è convinti che libertà ed eguaglianza siano i cardini indissolubili e irrinunciabili della giustizia che non può tollerare la violenza in ogni sua manifestazione e le sofferenze che provoca.
La tortura, infatti, è una delle “ingiustizie rimediabili”, come Amartya Sen definisce le ingiustizie eclatanti che possono essere sconfitte, o fortemente attenuate, se chieste a gran voce e tallonate con costanza e determinazione, anche con piccoli ma reiterati gesti simbolici. Si pensi all’abolizione della schiavitù e della segregazione razziale e, da ultimo, all’accesso sempre più largo a vaccinazioni e cure mediche di base per le popolazioni dei Paesi poveri, prima del tutto negati.
La tortura, con le sue dolorose conseguenze sulla vita di migliaia di persone e loro famiglie, è presente e si dilata non solo nei Paesi retti da regimi militari e nelle dittature brutali e corrotte, non solo quando infuriano guerre o conflitti razziali, ma anche nelle numerose nazioni a democrazia matura che vivono in pace: Amnesty International nell’Annual Report 2010 sulla violazione dei diritti umani rileva che ben il 79% delle torture e dei maltrattamenti si registra nei paesi del G20, cioè nelle aree più popolose e produttive del mondo, inclusi Stati Uniti e Cina.
Occorre agire tempestivamente sui governi dei Paesi responsabili di torture di cui si ha conoscenza diretta o mediante le segnalazioni periodiche delle organizzazioni indipendenti riconosciute dall’Onu. Innanzitutto con petizioni e lettere-appello, pressanti e motivate, alle più alte autorità dello Stato per la sospensione dei maltrattamenti e la liberazione di chi è illegalmente imprigionato informando le rispettive rappresentanze diplomatiche, le chiese e i media (per un prigioniero ingiustamente detenuto e maltrattato sapere che c’è qualcuno che si sta occupando della sua sorte è certamente motivo di grande conforto).
Per sradicare il fenomeno della tortura occorre dunque agire su più piani e con più strumenti d’intervento. Se ai fini della prevenzione è strategico l’impegno di scuola e università nel promuovere una cultura della non violenza e del valore etico e civile della lotta contro i trattamenti crudeli, inumani e degradanti, sul piano della deterrenza e della repressione spetta al Parlamento dare l’esempio approvando al più presto la legge che introduce nel Codice penale il reato di tortura, attuando finalmente la Convenzione Onu ratificata dall’Italia da oltre vent’anni.
Violazioni dei diritti umani nel 2009
In almeno 61 Paesi i responsabili delle torture sono rimasti impuniti
In almeno 55 Paesi sono stati celebrati processi iniqui
In almeno 111 Paesi si sono verificate torture o altre forme di maltrattamento
In almeno 96 Paesi la libertà d'espressione è stata sottoposta a restrizioni
In almeno 48 Paesi sono stati incarcerati prigionieri di coscienza
In 18 Paesi hanno avuto luogo esecuzioni di condanne a morte
In 56 Paesi sono state emesse condanne a morte
81 Paesi, tra i quali 7 membri del G20, non hanno ratificato lo Statuto della Corte Penale Internazionale
Processi iniqui sono stati celebrati nel 35% dei 159 Paesi esaminati e nel 47% dei Paesi del G20 (esclusa l’Ue)
La libertà d'espressione è stata sottoposta a restrizioni nel 60% dei 159 Paesi esaminati e nel 53% dei Paesi del G20 (esclusa l’Ue)
[Amnesty International Report 2010]
Organizzazioni non governative contro la tortura
La maggiore organizzazione non governativa internazionale indipendente per la tutela dei diritti umani che si occupa di lotta alla tortura è "Amnesty International" che ha oltre 2 milioni e ottocentomila iscritti e sostenitori con sedi in tutto il mondo e pubblica un Rapporto annuale che documenta la situazione dei diritti umani in 159 paesi e territori. Fondata nel 1961 a Londra, nel 1977 ha ricevuto il Premio Nobel per la pace. Organizzazioni non governative con specifico impegno nella lotta alla tortura, ai maltrattamenti inumani e degradanti e alla pena di morte sono l’Omct ("Organization Mondiale Contre la Torture") con sede a Ginevra e la Fiacat, Fédération International des Acat ("Action des Crétiens pour l’Abolition de la Torture"), di taglio ecumenico, creata negli anni Settanta con sede a Parigi, che rappresenta le organizzazioni nazionali operanti in Europa, Africa e Canada. L’Acat Italia ha sede a Roma e ha istituito il premio “Una laurea per fermare la tortura”.
"Nessuno tocchi Caino", Ong creata nel 1993 dal Partito radicale transnazionale per la moratoria universale della pena capitale, opera anche contro la tortura.
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