L’attuale quadro politico tedesco appare segnato, inevitabilmente, dalla continuità con la Repubblica di Bonn del 1949 come pure dal nuovo contesto determinatosi, dopo la riunificazione, con la Repubblica di Berlino del 1990. Tra gli elementi di continuità tra le due esperienze, spicca evidentemente la Spd, il partito socialdemocratico tedesco, fondato oltre centocinquant’anni fa. In particolare, per comprendere la condizione attuale del partito si possono individuare tre momenti chiave: l’ottobre 1982, il settembre 1998 e il novembre 2005.
La prima data segna la conclusione del decennio socialdemocratico (B. Faulenbach, Das sozialdemokratische Jahrzehnt, Verlag J.H.W. Dietz, 2011), un decennio «lungo» perché apertosi nel ’69, con l’elezione prima di Gustav Heinemann quale presidente federale e poi di Willy Brandt alla cancelleria. Quell’anno determina l’avvio dell’esperienza della coalizione social-liberale, che si concluderà solo nel 1982, quando Helmut Kohl riuscirà a costituire una nuova maggioranza liberal-conservatrice.
Curiosamente, se nel 1969 i liberali si erano convinti che solo la Spd fosse in grado di attestare una modifica profonda della politica estera della Repubblica federale (a ragione: la dottrina Hallstein, che negava anche solo l’esistenza della Repubblica democratica tedesca, fece posto all’Ostpolitik di Willy Brandt), nel 1982 essi si erano ormai convertiti ai nuovi sviluppi della politica economica thatcheriana e reaganiana, ritenendo ormai superata l’esperienza dell’alleanza con la Spd e accettando, quindi, l’ipotesi di una coalizione con le forze conservatrici. Fu il memorandum del ministro liberale Otto Graf Lambsdorff del 9 settembre 1982 che, perseguendo l’obiettivo dichiarato di una riduzione del costo del lavoro e dei contributi della previdenza sociale, segnò la fine della coalizione social-liberale: lo stesso Helmut Schmidt ebbe a dire che si trattava di una rottura con la tradizione dello Stato sociale democratico così come prefigurato dalla Costituzione tedesca (C. Butterwegge, Hartz IV und die Folgen, Beltz Juventa Verlag, 2015).
[L'articolo completo, pubblicato sul "Mulino" n. 1/17, pp. 66-74, è acquistabile qui]
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