Quanto tempo ci vorrà per abituarsi al tormentone sui differenziali tra Bund tedeschi e Btp italiani? Ci abituiamo a tutto, e dunque ci abitueremo anche a questo. Sempre che nel frattempo l’amato sistema-Paese non crolli definitivamente, insieme al fondale macroeconomico che ha accompagnato le nostre giornate tra casa, scuola, ufficio e spesa all’ipermercato.
Eppure, nella sua drammaticità, anche la tragicommedia europea che va in scena da qualche settimana sui teatri della politica e della finanza mondiale può rappresentare uno spunto utile per qualche riflessione para-economica. Al limite della costruzione parabolica da rapporto Censis, le cui analisi prospettiche ci aspettiamo da qui a pochi giorni. Perché il nostro è davvero il Paese dello spread, da tutti i punti di vista. La Repubblica fondata sul lavoro e, in subordine, su molti altri ideali attuali e pienamente condivisibili ma tristemente disattesi ogni giorno. La Repubblica delle differenze e dei differenziali. Tra Nord e Sud, dato ovvio e ormai universalmente accettato. Tra lavoro garantito e lavoro cercato disperatamente e mai trovato, se non a condizione impietose. Tra generazioni garantite e nuove generazioni senza garanzie. La Repubblica dove da molti anni vengono pubblicati periodicamente rapporti che raccontano come si sia ampliato e si continui ad ampliare il divario tra chi ha sempre meno e chi ha sempre di più. Tra chi continua ad avere, nonostante tutto, qualche opportunità di conoscenza, di formazione, di crescita culturale e chi invece nasce in partenza con un ritardo ereditato dalla famiglia e dal gruppo sociale di appartenenza difficilmente colmabile. Un posto dove anche grazie a un patrimonio ambientale straordinario è sempre bello vivere, ma dove con una frequenza impressionante si sommano gli episodi tragici dovuti al dissesto idrogeologico, alla assenza di cura e manutenzione del territorio e al suo sfruttamento mirato unicamente al profitto. Roma (20 ottobre), Genova (4 novembre), Messina (22 novembre) sono solo i più recenti di tanti episodi drammatici documentati dalla gente attonita e urlante di fronte alla furia degli elementi. Episodi che, in un mese soltanto, mostrano a tutti quali dovrebbero essere le priorità di un Paese civile, che protegge e tutela il proprio territorio e chi lo abita.
Al di là dello spread economico e dei dati di Borsa, che giocano ogni giorno su un’altalena che pare oramai impazzita, chi ripagherà la comunità delle perdite subite, chi fornirò nuove risorse per ripartire e ricostruire? È la domanda cui bisognerebbe con urgenza dare una risposta. Soprattutto a chi, spesso in maniera confusa e a volte in maniera sbagliata, tenta di mettere in piedi una protesta, un lamento, un tentativo di ribellione civile. Una risposta che dovrebbe basarsi su un elementare, rozzo principio di equità e che non potrà venire né dal board della Bce né da nessun altro organismo sovranazionale, ma che solo la nostra classe politica potrà darci. Se solo ne sarà mai capace.
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