Tutte le espressioni che circolano ormai da anni sul sistema dei media e sul giornalismo nell’epoca digitale – la disintermediazione, l’intossicazione mediatica, la guerra per l’attenzione, la fine del giornale come principio ordinatore, l’invecchiamento immediato di tutto, l’era delle notifiche, il pulviscolo, le nuove interfacce per entrare in contatto con la realtà, e molte altre potremmo elencarne – trovano conferma nella pratica giornalistica quotidiana?
Vorrei provare a dare un contributo attraverso la mia esperienza di veterano del giornalismo radiofonico, e della conduzione di trasmissioni di approfondimento di taglio giornalistico, che ha potuto seguire la trasformazione nella pratica quotidiana. Prima di farlo però credo sia utile dare un po’ di sostanza a quelle espressioni alle quali si faceva riferimento. In sintesi, che cosa è accaduto al campo giornalistico?
Nel mondo di ieri erano i giornalisti-mediatori a costruire significati, orientare il lettore, l’ascoltatore, il telespettatore, giornalisti che si muovevano all’interno di un sistema gerarchico, limitato, controllabile (per una sintesi della crescente letteratura sul tema C. Sorrentino, Le smarginature del giornalismo, «il Mulino», n. 1/2019, pp. 121-128; M. Boldrini, Dalla carta alla rete andata e ritorno, La casa Usher, 2017). Oggi, nell’era della disintermediazione, siamo tutti noi cittadini a fare direttamente il lavoro di selezione, «spesso senza nemmeno accorgercene, in base agli interessi predefiniti sui nostri profili social, oppure stimolati dai suggerimenti che ci appaiono sugli schermi dei nostri supporti» (C. Sorrentino, Introduzione a Le parole della comunicazione, a cura di C. Sorrentino, Pacini, 2018).
Un numero crescente di utenti si imbatte nelle notizie in modo per così dire non intenzionale, fenomeno che accade in particolare grazie a Facebook, YouTube e Instagram. È un sistema ibrido, attivo 24 ore su 24, composto da una convergenza tra la prassi giornalistica, professionale o alternativa, il flusso dei social network e la produzione delle piattaforme (cfr. I. Burum, Democratizing Journalism through Mobile Media, Routledge, 2016, pp. 180 ss.). Una sfera pubblica digitale den sissima di informazioni, in cui chi appunto cerca informazioni le trova ovunque, attingendo alle fonti più diverse, professionali e non, autorevoli e non, spesso nell’inconsapevolezza o persino nel rifiuto di una gerarchia.
[L'articolo completo pubblicato sul "Mulino" n. 4/19, pp. 596-602, è acquistabile qui]
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