Prima di affrontare il terzo e decisivo tema della nostra riflessione desidero chiarire che la mia critica a De Mauro è di segno opposto rispetto all’accusa che gli è stata rivolta, dopo la sua morte (2017), di aver innescato un lassismo scolastico che avrebbe portato alla «disfatta della lingua italiana» (sic). Il fatto è che l’insegnamento grammaticale tradizionale che De Mauro criticava è sempre rimasto lì al suo posto, le critiche di De Mauro e altri non lo hanno né sloggiato né scalfito. Tutti questi studenti che non sanno l’italiano hanno studiato su grammatiche tradizionali di dimensioni maestose.

Io non critico De Mauro per aver attaccato l’insegnamento grammaticale tradizionale, ma al contrario per aver avversato – efficacemente, purtroppo – l’affermarsi di una grammatica profondamente rinnovata alla luce della ricerca linguistica: una sua scelta intellettuale a mio avviso sbagliatissima. Che poi, nel medio e lungo periodo, ha prodotto una divaricazione: mentre il Giscel orientava gli insegnanti suoi associati a fare attività di educazione linguistica autoprodotte, all’insegna del più meritorio volontariato, ma minoritarie e circoscritte all’ambito locale, pressoché la totalità della scuola italiana è stata lasciata in mano alla manualistica tradizionale, sempre più ripetitiva.

Ciò detto, veniamo al tema cruciale della nostra terza puntata. Perché gli insegnanti dovrebbero cambiare il loro modo di fare grammatica, avventurarsi in un percorso inedito e dall’esito non garantito, sconosciuto a tutta l’editoria scolastica, dopo essersi fatti carico loro di imparare cose nuove, che i loro professori di Linguistica italiana all’università non hanno ritenuto necessario insegnargli, e anzi non hanno mai mostrato loro stessi di conoscere e di ritenere importanti? Buona domanda.

Perché gli insegnanti dovrebbero cambiare il loro modo di fare grammatica, avventurarsi in un percorso inedito e dall’esito non garantito, dopo essersi fatti carico loro di imparare cose nuove?

Secondo me potrebbero farlo, a cominciare dai più bravi e generosi, per queste ragioni:

1. Perché loro per primi sanno, e con frustrazione, che gli studenti trovano la grammatica, come viene fatta oggi, noiosa e priva di interesse, non vedono a che cosa dovrebbe servire, la giudicano una cosa fuori dal loro mondo e la studiano di malavoglia; su queste premesse, quali altri risultati di apprendimento dovrebbero prodursi?

2. Perché i 400 mila (!) studenti di terza media che nel 2016 non hanno saputo trovare il soggetto di una frase, per due volte, in due facili test Invalsi, e gli altri 400 mila (!) che non hanno saputo trovarlo in un facile test del 2017 (vedi sopra), prima di fare i test Invalsi erano passati dalle loro classi: li conoscono bene. E se poi, in un’autorevolissima grammatica del biennio, si trova scritto: «Dobbiamo concludere che non è possibile dare una definizione valida una volta per tutte (dunque scientificamente accettabile) del soggetto», di quale altra riprova c’è bisogno per decidere che è ora di cambiare rotta?

3. Perché dopo la Ggic è comparsa una ventina di altri ottimi libri (di Giorgio Graffi, Adriano Colombo, Maria Giuseppa Lo Duca, Michele Prandi, Alvise Andreose, Cecilia Andorno, Cristiana De Santis, Elisa De Roberto…) che nel loro complesso mettono benissimo a fuoco che cosa debba contenere una nuova grammatica che sia molto più illuminante e incisiva a fini didattici;

4. Infine, perché – e qui mi scuso ma non posso evitare di parlare di me stesso – il lavoro di costruzione, sulla base della cultura linguistica di cui al punto precedente, di uno strumento didattico alternativo è in avanzata fase di sperimentazione, aperta agli insegnanti che desiderino parteciparvi.

Dedicherò gli ultimi passaggi di questa riflessione a illustrare – per accenni – i punti 3 e 4.

Punto 3. Anzitutto, agli insegnanti che abbiano abbracciato la grammatica valenziale – il solo approccio non tradizionale che si sia aperto un piccolo varco nella scuola italiana – dico che hanno fatto bene a farlo. La struttura argomentale dei verbi è un concetto imprescindibile, e infatti è condiviso da tutta la linguistica moderna. Ma è uno dei concetti imprescindibili: ce n’è almeno un’altra decina di cui abbiamo bisogno.

Un altro concetto di cui non si può fare a meno è quello di sintagma. I sintagmi sono oggetti assolutamente intuitivi, salienti, come si dice, nella nostra competenza di parlanti nativi. E imprescindibili per cogliere la struttura delle frasi, dato che le frasi non sono formate direttamente dalle parole, ma appunto dai sintagmi, che delle frasi sono i “costituenti immediati”. I quali vengono riconosciuti come tali da qualunque parlante, e quindi anche da qualunque studente delle medie, spontaneamente, basta che lo/la si metta in condizione di attivare la sua “conoscenza implicita della lingua”. Chiedete a qualsiasi ragazzo/-a di prima media di dire, senza pensarci tanto, di quali “pezzi” è composta una frase qualunque: risponderanno tutti nello stesso modo, con un numero finito di varianti, sempre ricalcando i sintagmi. Qualcuno dirà che il vecchio appartamento di mia zia è un “pezzo”, qualcuno dirà che sono due, il vecchio appartamento e di mia zia, ma nessuno mai indicherà un “pezzo” che prescinda dai confini fra i sintagmi.

È questo il modo per partire dalla “conoscenza implicita della lingua” e farla evolvere in consapevolezza metalinguistica. Con ciò mettendo in atto, fra l’altro, quello che tutti predicano da anni che si dovrebbe fare, cioè “partire dalla frase”. Cioè l’opposto di quello che fa l’analisi logica, che però continua a campeggiare in tutti i manuali, perché non si può mai buttare via niente.

Mi fermo qui, perché non si può sintetizzare tutto il modello in una pagina, e non è questo il luogo per farlo. Solo per dire, agli insegnanti che stiano prendendo in considerazione di imboccare la via nuova: conosciamo bene la materia e sappiamo bene che cosa significa insegnare, fidatevi, è tutto chiaro e ragionevolmente semplice.

Punto 4. La sperimentazione a cui mi riferivo sopra è la “Sperimentazione di materiali didattici innovativi per lo sviluppo di competenze grammaticali nella scuola secondaria di primo e di secondo grado” (mi scuso per la lunga etichetta burocratica), che abbiamo svolto l’anno scorso nell’ambito del corso di aggiornamento per docenti di Italiano della Fondazione Lincei per la Scuola presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Coordinatore io, tutrici Samuela Brunamonti e Sara Gigli, con il supporto tecnico della casa editrice digitale Maieutical Labs.

Dopo che, nei corsi degli anni precedenti, avevamo esplorato in lungo e in largo la migliore cultura dell’innovazione grammaticale scolastica, esemplificata qui al punto 3, ed era apparsa sempre più evidente a tutti i partecipanti l’inadeguatezza dello status quo e la praticabilità di un assetto migliore, ci siamo lasciati convincere che meglio che dire è fare. Quindi, superando le mille e più che evidenti ragioni che dissuadevano da un’impresa tanto controcorrente, siamo passati alla produzione e alla sperimentazione di una significativa serie di unità didattiche, coi necessari annessi e connessi, prodotte da me, e dei relativi esercizi su piattaforma digitale, prodotti dalle due tutrici.

La sperimentazione ha coinvolto per tre mesi numerose classi delle medie e del biennio. Alla fine, quelli che hanno risposto ai questionari di valutazione dell’esperienza compiuta sono 26 docenti e 453 studenti. Tutta l’esperienza è stata supervisionata da Giorgio Graffi, che, coi suoi fondamentali libri sulla sintassi, e con l’intera serie da lui diretta per Carocci, “Grammatica tradizionale e linguistica moderna”, considero la massima autorità in materia.

Mi soffermo su un solo aspetto, che considero decisivo. Le già citate Indicazioni nazionali per il curricolo (nelle quali sono ringraziati i professori Tullio De Mauro e Francesco Sabatini) dicono giustamente che “ogni persona, fin dall’infanzia, possiede una grammatica implicita, che le permette di formulare frasi ben formate pur senza conoscere concetti quali quelli di verbo, soggetto ecc.”; e che “sin dai primi anni di scolarità, i bambini hanno una naturale predisposizione a riflettere sulla lingua. È su queste attitudini che l’insegnante si può basare per condurre gradualmente l’allievo verso forme di ‘grammatica esplicita’”. Perfetto.

Chiedo agli insegnanti: vi siete mai imbattuti in un manuale che, nell’introdurre un qualunque argomento grammaticale, per prima cosa chiedesse allo studente una sua intuizione come parlante nativo, attivasse la sua introspezione?

Ora chiedo agli insegnanti: vi siete mai imbattuti in un manuale che, nell’introdurre un qualunque argomento grammaticale, per prima cosa chiedesse allo studente una sua intuizione come parlante nativo, attivasse la sua introspezione, per esplorare con lui le ragioni implicite nella sua competenza e renderle esplicite? No, non lo fa nessun manuale. E perché?

Perché nessun autore di manuale, neanche i linguisti che hanno scritto quelle parole, condivide la cultura per cui oggetto della linguistica è la competenza dei parlanti. Per tutti la lingua è fuori, è nella società, è nella storia. Per nessuno la lingua è nella mente dei parlanti. È questa la vera ragione per cui noi linguisti italiani non ci siamo mai fatti coinvolgere dalla grammatica generativa, neanche nella versione del tutto accessibile della Ggic.

Noi invece, nella nostra sperimentazione, abbiamo rovesciato il paradigma, perché siamo convinti che l’approccio cognitivo è molto più coinvolgente, convincente e capace di sviluppare negli studenti “grammatica esplicita”. Per questo abbiamo chiamato il progetto Grammatica nativa. La lingua italiana nella tua mente.

E la sperimentazione ci ha dato ragione. Dai Risultati dei questionari riassumo solo le risposte alle due domande che sondavano le reazioni di docenti e studenti di fonte alla “prima fondamentale caratteristica dei materiali didattici usati per la sperimentazione cioè che l’esplorazione dei contenuti parte sempre dalla competenza nativa degli studenti”. Dei 26 docenti, 1 ha risposto che questo “non ha portato alcuna differenza”, 5 che “ha portato una modesta differenza di coinvolgimento e interesse da parte degli studenti”, e 20 che “ha portato una significativa differenza di coinvolgimento da parte degli studenti ed è stata accolta con notevole interesse”. Dei 453 studenti, 46 hanno risposto “Non l’ho trovato tanto interessante”, 280 “Sì, l’ho trovato abbastanza interessante”, e 127 “Mi è piaciuto, mi sono sentito coinvolto perché ci fa riflettere sulle regole linguistiche che agiscono nella nostra mente”. Quindi le valutazioni abbastanza o molto positive, sia dei docenti che degli studenti, sono intorno o sopra al 90%.

I materiali didattici sono completi di presentazioni per fare lezione in classe in modi molto interattivi, stimolando per prima cosa la competenza degli studenti; di spiegazioni teoriche linguistiche approfondite per i docenti, sicché funzionano anche come un completo corso di aggiornamento sulla linguistica moderna; e di esercizi adattivi da svolgere sulla piattaforma digitale, così da costituire un prezioso feedback per studenti e docenti sui progressi dell’apprendimento individuali e della classe.

I docenti della sperimentazione hanno deciso di ripeterla con nuove classi per l’intero anno scolastico 2024-25. Chi desiderasse unirsi a questa nuova sperimentazione, o comunque dialogare con il progetto, è cordialmente invitato a farlo scrivendo all’indirizzo grammaticanativa@maieuticallabs.it.

 

[Qui la prima puntata e la seconda puntata]