La sentenza per la strage di Brescia non sorprende. La mancata individuazione di responsabili era già scritta nei trentotto anni trascorsi da allora e negli errori e depistaggi operati fin da subito da chi era connivente, o non ostile, alla destra radicale. Del resto, l’avevamo già scritto sulla rivista, con un contributo puntuale e dettagliato di Anna Cento Bull che segnalava sia l’indifferenza con cui procedevano i processi, sia la perdurante refrattarietà da parte della destra di derivazione Msi ad ammettere le responsabilità dei membri di Ordine Nuovo nelle stragi e in quella di Brescia in particolare.
Parlare degli anni di piombo e della strategia della tensione oggi, era come rievocare la resistenza negli anni Ottanta: eventi lontani, sfuocati agli occhi di quasi due generazioni. Da allora, la politica italiana ha attraversato ere geologiche, basti pensare al diluvio forza-leghista che ci ha sommersi negli ultimi vent’anni. Eppure la drammaticità di quegli eventi ha ancora la forza di scuotere. Perché solo l’Italia ha vissuto un periodo di così intensa lotta politico-ideologica tanto da indurre tanti a sparare per le strade, a prendere ostaggi, a piazzare bombe sui treni, nelle piazze, negli edifici pubblici. In Spagna e in Gran Bretagna, dove il terrorismo dell’Eta e dell’Ira è stato anche più sanguinario, esso si ammantava di una motivazione “nazionalista”, tipica delle lotte di liberazione nazionali, non di motivazioni ideologiche.
L’“eccezionalità” del nostro terrorismo ha lasciato solchi di varia natura. Quello che è riemerso con la sentenza di Brescia riguarda l’opacità nella quale rimarranno racchiusi quegli episodi, l’impossibilità di sapere. È vero che esiste una verità storica ulteriore rispetto a quella processuale, e quindi non c’è dubbio che ci sia stata una rete di complicità tra destra radicale, servizi segreti, Forze armate (Carabinieri inclusi) e responsabili civili dell’ordine pubblico (sul livello politico invece sappiamo ancora troppo poco). Tuttavia il liberi tutti decretato a Brescia ci fa sentire un po’ più sudditi che cittadini: a noi gli arcana imperii sono ancora preclusi.
E questo immiserisce non poco la qualità della nostra democrazia.
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